Ho accettato con un po' di titubanza di avviare una rubrica "al femminile' su POL.it…….
L'idea e' nata all'Editor, che conosce le mie frequenti lamentele sulla bassa frequentazione e soprattutto partecipazione che le donne hanno sulla rete, il loro facile esilio dai temi piu' scottanti e, dall'altro lato, conosce il mio vasto interesse per la letteratura cosiddetta di genere, i fatti di costume, la narrativa, e quanto puo' rientrare nella riflessione psico-sociologica della vita tra i due sessi. La rubrica vuole cosi' proporre temi, divagazioni, conversazioni – sono in questo senso graditi contributi o segnalazione dei lettori -, ma anche recensioni di libri, film, siti, associazioni che riguardino il femminile nella modernita' e nella riflessione psicoanalitica e psicopatologica.
Questo mese, un invito alla lettura.
Segnalo, per chi non lo avesse ancora scoperto, un testo ostico ma di un certo interesse della psicoanalista di lingua spagnola Emilce Dio Bleichmar, "Il femminismo dell'isteria.I disturbi narcisistici della femminilita'" (El feminismo espontaneo de la histeria), edito da Cortina, #35.000 (prima edizione nel '94).
Benche' uscito da alcuni anni, non mi pare abbia avuto vasta risonanza, forse perche'l'Autrice non e' da noi conosciutissima, o forse per la difficolta' con cui il lettore deve tenere testa al delicato tessuto teorico del libro, che in alcuni punti appare anfrattuoso, di comprensibilita' poco immediata ed intrinsecamente fragile.
Nel complesso, Il femminismo dell'isteria e' pero' quello che definirei ‘un libro intelligente', che ha il merito di riproporre l'annosa e controversa questione dell'isteria attraverso una revisione della teoria psicoanalitica a partire da Freud, attraverso la Klein, Lacan e gli autori piu' recenti quali Kernberg, Khout e molti altri, e di tentarne una revisione ed un completamento. Il nucleo centrale del libro e' la domanda: che cos'e' l'isteria? O meglio: che cosa e' diventata?E perche'? Il testo e' denso di interrogativi. E' opinione condivisa che l'isteria – a cui si deve, come e' noto, il battesimo della psicoanalisi e la scoperta del transfert– e' sintomo trasversale, coesteso ed ineluttabilmente legato, da Freud in poi, al femminile stesso. Isteria e femminilita' sono stati, anche nell'immaginario e nel linguaggio comune, per lungo tempo sinonimi. La considerazione nosografica di fondo (credo ampiamente condivisa) e'che oggi la sofferenza cosiddetta isterica non sia scomparsa, ma abbia cambiato espressivita'. Si sarebbe, per cosi' dire, cambiata d'abito. Anziche' ricorrere alle conversioni in sintomi fisici (afasie, svenimenti, convulsioni), la sintomatologia si e' coagulata in stili particolari del carattere, oggi piuttosto frequenti nella pratica clinica e non solo in quella, che la Bleichmar raccoglie sotto la definizione suggestiva di Disturbi narcisistici della femminilita'(sottotitolo aggiunto all'edizione italiana).
All'interno di questo spectrum si riconoscono cosi'tre tipologie principali di caratteri a sfondo narcisitico: la personalita' infantile-dipendente; la personalita' propriamente isterica; la personalita' fallico-narcisistica, separate e collegate insieme da un tessuto di infinite varianti e sfumature che vanno dal quasi- normale al francamente patologico.
Tutto lo spettro oscilla tra i due poli opposti della dipendenza da un lato – dove si collocano le personalita' infantili, di stampo anaclitico – e della competitivita' con l'uomo dall'altro, dove si colloca invece il carattere fallico-narcisitico.
Il femminile sembra dunque oscillare, nelle sue punte estreme piu' tragiche, tra la patologia del dipendere da un oggetto che rifornisce amore, sostentamento e sostegno narcisistico all'autostima, alla patologia opposta, che nega la dipendenza perche' ne ha il terrore e si struttura in uno stile rabbioso di autonomia competitiva ed egocentrica (affine alla vecchia invidia del pene). Dalla totale impotenza all'onnipotenza.
L'Autrice offre anche ricche argomentazioni e rivisitazioni della teoria freudiana sullo sviluppo della sessualita' femminile (che Freud stesso, ancora alla fine della vita, definiva in ultima analisi "un mistero"). In particolare, essa inserisce due passaggi, due fasi nello sviluppo della bambina: una prima fase ‘narcisitica' tutta incentrata sul rapporto speculare con la madre (riprendendo, qui, la teoria dello specchio di Lacan), ed una seconda fase che attraversa invece la vicenda edipica e segna il passaggio dell'amore per la madre a quello per il padre.
E' intorno a questo delicato trapasso, dell'amore verso la madre (uguale a Se') a quello verso il padre (diverso da Se'), che solo la bambina deve compiere e che e' invece risparmiato al maschio, che si ritrovano i cedimenti e le cadute dello sviluppo femminile, gli intoppi e le sofferenze che si manifesteranno poi nell'eta' adulta, magari in maniera anche tardiva e sfumata, ma quasi sempre presente nella femminilita'. E' qui l'anello debole dello sviluppo di ogni donna.
Intorno a questa sostanziale differenza di sviluppo, si articola il dramma della differenza tra i sessi nella specie umana, che vede l'individuo femmina gravato dalla necessita' di un cambiamento oggettuale, dalla madre al padre, che ne segnera' lo sviluppo successivo e la realizzazione come donna. Si comprendono cosi' le tante difficolta' che spesso la donna incontra nel rapporto con la propria madre, il maggiore desiderio di continuita'che caratterizza il modo d'amare femminile e che e' ragione di tante incomprensioni tra i due sessi.
Ricordo, a questo proposito, che Alberoni vede in questa differenza di sviluppo la ragione per cui il desiderio maschile sarebbe eminentemente discontinuo, mentre quello femminile sarebbe al contrario diffuso e continuo. L'uomo non ha dovuto staccarsi dalla madre per un altro oggetto, e' potuto restare sul primitivo oggetto d'amore e la discontinuita' del desiderio, verso le donne che incontrera' da adulto, serve proprio a proteggerlo dal perdersi in lei, a creare quel distacco senza il quale sarebbe rimasto legato alla madre. La donna invece, che ha gia' dovuto lasciare il primitivo oggetto d'amore per il padre, ha gia' compiuto un distacco di base e la natura del suo desiderio e' invece continua, tollera anzi assai male le separazioni e le vive come disconferme d'amore. Ho inserito questa notazione sulla diversita' dell'espressione del desiderio perche' mi pare che il discorso sulla differenza evolutiva tra i sessi abbia tali e tante ripercussioni da meritare una lunga disquisizione, che non si esaurisce nel solo ambito psicopatologico, ma abbraccia l'intera modalita' di esprimersi all'interno delle relazioni, affettive e non.
Il libro si conclude, dopo varie esplorazioni, nel denunciare il sintomo isterico (sia espresso nella conversione sia nella moderna sofferenza del carattere) come un'espressione di impotenza: in questo modo la donna dice che manca qualcosa, che non ce la fa, che ha bisogno di un'autostima che non le derivi solo dal riconoscimento dell'amore di un uomo, che ha bisogno di soggettivarsi per non cadere nel baratro della dipendenza, da un lato, e dell'onnipotenza, dall'altro.
Concludo con questo brano che mi sembra bene indicare l'anima del libro e il suo intimo progetto:
"Esiste un femminismo spontaneo nell'isterica che si fa strada attraverso la protesta disperata, aberrante, agita, che non arriva ad articolarsi in parola, che rivendica una femminilita' da non ridurre alla sessualita', sostenuto da un narcisismo che si batte, in nome del potere della mente, per l'azione nella realta', per la morale, i principi e per non rimanere avvinto alla sola bellezza del corpo.…."
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