Percorso: Home 9 Rubriche 9 BUONA VITA 9 Due anni di pandemia, due anni di psicodemia

Due anni di pandemia, due anni di psicodemia

24 Dic 21

A cura di Luigi D'Elia

In questo articolo prenderò in considerazione due tra i cluster principali che attivano le reazioni collettive no-vax: il cluster del controllo e quello della purezza/contaminazione. E in seguito proverò a valutare l'insufficienza della ragione collettiva nella campagna vaccinale.

 

Ci vorranno decenni, forse più, prima che psicologia e scienze affini esplorino compiutamente lo scarto evolutivo che un evento del genere ha generato, nell’epoca della massima inflazione comunicativa, evidenziando gli innumerevoli bug di sistema che emergono via via sotto gli increduli occhi di osservatori e scienziati sociali.

 

Persino gli appelli, per lo più inascoltati dalla politica, rivolti a contrastare l’onda lunga di malessere sociale e psicologico a seguito dei primi mesi di confinamento, l’impatto del long covid sul sistema nervoso, l’impatto del distanziamento fisico sulla psiche, soprattutto tra i giovani e bambini, sembrano oggi un inutile lamento a fronte di questo scarto evolutivo, di cui tale malessere appare solo come un epifenomeno. 

Ci vorranno molti decenni per studiare quanto sta accadendo oggi sotto i nostri occhi.


 

L’onta del non controllo

 

Il virus non pensa. La sua azione, priva di una intenzione (o meglio portatrice di una intenzione elementare: sopravvivere) è talmente elementare da ingannare ogni prospettiva umana. Il virus vuole solo moltiplicarsi negli organismi ospiti. La sua volontà è uno smacco imprevedibile verso ogni arroganza della specie sapiens-sapiens che s’illude di essere padrone del pianeta. Quindi il virus muta, i-m-p-r-e-v-e-d-i-b-i-l-m-e-n-t-e, il più possibile per insediarsi meglio che può nelle specie ospiti. 

 

La specie sapiens-sapiens e questo virus adesso coabitano da circa due anni nello stesso ecosistema, ma con una differenza: la specie sapiens-sapiens, la più evoluta dal punto di vista neurologico, ha arrogantemente occupato e stravolto l’ecosistema in cui abita inventandosi un proprio ecosistema parallelo, che ha chiamato cultura, nel quale però il suo apparato neuropsichico, in evoluzione lentissima o zero, non riesce più a stare al passo delle innovazioni che crea. 

 

Il virus, dal canto suo, continua a comportarsi come ogni altro virus da centinaia di milioni di anni, e continua indifferentemente a mutare per occupare le specie che trova per la sua strada diminuendone in piccolissima parte la loro popolazione.

 

Una specie superiore che evolve zero. Un organismo senza sistema nervoso che muta e si diffonde velocissimo. 

 

Queste due diverse forme di volontà: la volontà della specie più evoluta del pianeta e la volontà dell’organismo più elementare (o tra i più elementari), sono entrate tragicamente in un irrisolvibile conflitto. La potenza della volontà umana evidenziata dallo sviluppo spropositato della neocorteccia frontale e prefrontale, non è in grado di prevedere e neutralizzare la volontà di un organismo infinetisimale, benché mutante.

 

Sfuggire, con l’invisibilità e il trasformismo di un virus, al controllo della specie più intelligente e arrogante del pianeta è per tale specie uno scacco irricevibile, una sconfitta inelaborabile. Qualcosa che getta la mente in uno stato di brancolamento.

 

La mente che brancola senza punti di appiglio è una mente in scacco, una mente sofferente in quanto priva di riferimenti. E quando ciò accade la mente recede, passa al programma di sicurezza, quasi sempre un programma regressivo, ma sistematicamente un programma perdente. 

Ma cosa accade se a brancolare non sono solo le menti individuali, ma è la mente collettiva di tutta la specie?

 

Noi psicoterapeuti conosciamo molto bene le fenomenologie dell’angoscia panica, le manie di controllo assoluto del pensiero fobico-ossessivo, la rivolta paranoidea del narcisista detronizzato o tradito, il risentimento ribellista del sociopatico, ed ogni stratificazione evolutiva delle difese psichiche, dalla sublimazione alla razionalizzazione, fin giù-giù, verso il purgatorio della rimozione e dello spostamento, ed infine verso l’inferno della negazione assoluta e psicotica della realtà. Le abbiamo viste tutte queste difese in questi ultimi due anni e in ogni versante.

 

Lo scacco della mente collettiva oggi si diffonde sotto i nostri increduli occhi come un’esplosione pirotecnica e si propaga lungo ogni rigagnolo e derivazione di difesa psichica organizzandosi e solidificandosi in veri e propri cluster sociali e politici.


 

L’onta dell’impurità

 

La psiche che trema e regredisce di fronte l’invisibilità e l’imprevedibilità del nemico fa il paio con la psiche che tracolla di fronte alla prospettiva di una contaminazione o colonizzazione aliena.

 

Fu un gruppo di studio della cattedra di Psicologia Generale dei primi anni ‘80 (ricordo la conduttrice, la Dr.ssa Alborghetti) che appena al primo anno di Università ci insegnò, a noi matricole inesperte, il senso dei cosiddetti “comportamenti magici”. Una serie di condotte rituali e scaramantiche che convivono serenamente nella vita della maggioranza di noi, individui apparentemente evoluti, raziocinanti, ordinati, perfettamente integrati nei circuiti produttivi di ogni stagione del neoliberismo e dei suoi stili di vita sempre più auto-sfruttanti. 

 

Scoprimmo dunque, attraverso interviste e ricerche, che donne e uomini raziocinanti e perfettamente integrati utilizzavano strategie di controllo dell’ansia attraverso piccoli ma strutturatissimi stratagemmi mentali, bizzarri e privatissimi rituali: ordinare la borsa del calcetto sempre nello stesso modo; fare un preciso numero di giri attorno ad un luogo; ripetere mentalmente una serie di parole o di numeri; eseguire la medesima sequenza di gesti prima di cominciare la giornata, etc.. Piccole ossessioni, piccole ritualità private, atte ad affrontare qualche ansia o piccola difficoltà, che a prima vista appaiono come smagliature insignificanti su una trama quotidiana ordinata anziché come atavismi psico-evolutivi quali esse sono.

 

La nostra ricerca voleva semplicemente ricordare, più che scoprire, che il nostro cervello non si è molto evoluto, forse proprio per nulla, dall’inizio del nostro percorso evolutivo, circa 200.000 mila anni fa, e fa convivere nello stesso individuo, senza alcun imbarazzo o stridore (egodistonia), un selvaggio con un premio nobel. 

 

A dimostrazione di quanto le nostre interviste evidenziavano sistematicamente, ci fu fornito in bibliografia, tra gli altri, un libricino, Esquisse d'une théorie générale de la magie, di uno sconosciuto (a noi, all’epoca) antropologo francese, Marcel Mauss, il quale, assieme ad Hubert, s’era preoccupato di classificare già nel 1902, attraverso una serie di viaggi e di ricerche antropologiche, alcune modalità ricorrenti nelle ritualità magiche dell’uomo fin dalle sue origini. 

 

L’animale imperfetto, diranno in successione Nietzsche e Gehlen, per descrivere il disambientamento genetico della nostra specie e il necessario ri-ambientamento in una realtà artefatta costruita ad hoc a nostra misura. Ma nella quale prevalgono ugualmente spaesamento e disappunto.

 

Ebbene, le conoscenze della Psicologia e le ancora più antiche ricerche antropologiche e sociologiche, avevano già dagli inizi del 900 un solidissimo apparato concettuale per comprendere l’improbabile convivenza tra parti evolutivamente sfasate della nostra mente e della nostra intelligenza. Con le scoperte di Freud e Jung, questa improbabile convivenza tra parti evolutive stridenti, fu ulteriormente argomentata e dimostrata. 

 

Allorquando l’essere umano percepisce l’intervento di uno squilibrio, di una alterazione dell’ordine presunto tra i mondi (ultraterreno e terreno), di una violazione della presunta purezza della propria condizione, o l’intervento di una offesa del volere divino, l’incursione del pensiero magico con le sue specifiche ritualità compensatorie, ha il compito di pareggiare i conti che non tornano, di ristabilire un equilibrio perduto, di protestare per la perdita della purezza originaria.

 

Nella narrativa di una considerevole parte dei no-vax i temi della contaminazione del corpo sacro, dell’intrusione del siero, artefatto malefico, dell’alterazione della presunta purezza naturale del nostro sistema immunitario, assumono svariate forme di giustificazionismo, fino a posizione estreme rappresentate da alcune frange religiose che prefigurano scenari apocalittici come l’intrusione satanica nel vaccino, l’imminente morte, la presunta presenza di tracce di feti umani, di materiale genetico, oppure in subordine prevedono una semplice intossicazione a causa della presunta presenza di sostanze tossiche come il grafene. 

 

Sottesa a questa inquietudine di contaminazione malefica, sembrerebbe esistere nell’inconscio collettivo l’idea piuttosto consolidata di un rapporto diretto e spontaneo del corpo, l’idea di un corpo naturale, puro, sano, innocente, autopoietico, autoriparatore. 

 

Tutto il contrario di ciò che la medicina e le scienze biologiche ci raccontano a proposito del rapporto salute/malattia del nostro organismo allorquando ci dicono di una continua dialettica neuro-psico-immunitaria tra questi due poli, un confine mobile e indefinibile, una totale compenetrazione in ambientazioni batteriche e virali sia interne che esterne al nostro corpo che vanno casomai a definire equilibrismi mobili invece che veri e propri equilibri o dicotomie nette. 

 

Pochi sanno che uno degli aspetti distintivi della unicità individuale, oltre al DNA, alle impronte digitali, alla retina, alla conformazione delle arcate dentali, è la nostra personalissima nuvola batterica di cui i nostri animali domestici, cani e gatti, sono molto consapevoli. 

 

Altroché equilibrio e purezza. Siamo un immondezzaio batterico e virale ambulante, benché resistente e convivente. Per non parlare della presenza costante di altri microrganismi conviventi che ci accompagnano da sempre, come acari e pidocchi (questi ultimi allontanati solo da pochissimi anni).


 

Anche la ragione può essere un po’ stupida

 

In un precedente articolo avevo riferito dei primi tentativi della ricerca psicosociale finalizzati a migliorare la campagna vaccinale – anche questi totalmente inascoltati – atti a segmentare il complesso arcipelago no-vax o comunque antiscientifico, per poterlo raggiungere con una migliore e più puntuale persuasione (come suggerito dalla collega ricercatrice G. Graffigna). 

 

Poi immediatamente, con l’affastellarsi degli eventi, negli ultimi mesi il popolo no-vax è stato confuso e malamente assimilato nella comunicazione mediatica, all’altrettanto vasto arcipelago no-greenpass. In parte esiste un’area di sovrapposizione ab initio tra le due popolazioni, in parte tale sovrapposizione è frutto della montante polarizzazione mediatica (parti tenute assieme dal malcontento sociale strisciante), in parte i due arcipelaghi non si sovrappongono affatto.

 

I futuri scienziati sociali si dovranno occupare di come si sono radicalizzate (Isis style), nel giro di pochi mesi, alcune posizioni no-vax a partire da semplici paure o semplici dubbi. Ma dovranno anche studiare come mai la comunicazione scientifica e politica abbia largamente colluso con il clima di confusione creatosi durante tutto il perdurare della pandemia.

 

In una ricostruzione dettagliata, ma ancora non abbastanza minuziosa, di questi due fenomeni contemporanei e collidenti: radicalizzazione dei no-vax e inadeguatezza della comunicazione politico-scientifica, scopriremmo probabilmente all’origine di tutto la natura stessa, innocentemente incombente, del fenomeno virale-pandemico. Un’unica forma di stupidità disevolutiva che ha come impatto e conseguenza l’incapacità di affrontare lo stress-test del virus pandemico.

 

Scienza non è solo matematica, fisica, biologia, chimica, e le sue applicazioni tecnologiche. Scienza è anche ogni altro campo applicativo della realtà naturale e umana che abbia una base empirica e metodologie sufficientemente storicizzate.

 

Quindi Scienza è anche la comunicazione politica efficace. Scienza è anche la persuasione, come ci indicano i colleghi psicologi americani dell’APA. Non possiamo lasciare che a gestire queste Scienze siano i virologi. Non possiamo affidare al QI delle redazioni giornalistiche o al dilettantismo dei consigli dei ministri dei singoli paesi una roba talmente delicata e un campo del sapere chiave come questo, decisivo per le sorti della salute pubblica del mondo.

 

Ci sono volute la simpatia naturale e la saggezza elementare del nostro ultimo premio nobel per la fisica, Parisi, per svelare questa semplice verità: gli scienziati non sono necessariamente dei buoni comunicatori, spesso sono alteri, antipatici, poco empatici, incapaci di prossimità. Spesso, anche se sanno comunicare, la loro autorevolezza viene annacquata e annullata dal contesto comunicativo indefinito e svalorizzato di un qualunque talk. Il loro messaggio viene neutralizzato dall’opinionismo televisivo e mediatico. Possiamo permetterci questo livello di ingenuità? È mai possibile che non sia patrimonio comune la consapevolezza che comunicazione mediatica e conoscenza non appartengono allo stesso campo?

 

La ragione attualmente disponibile alle possibilità della nostra specie avrebbe potuto gestire meglio la lotta contro il virus? Decisamente sì!

 
 

Nulla, o quasi nulla, di tutto questo è avvenuto nelle varie parti del mondo. Esaminiamo punto per punto.

 
 

Il livello scientifico medio dei governi riguardo comunicazione e persuasione è risultato di fatto fermo agli anni 30 dello scorso secolo e al suo massimo alfiere: Goebbels. Ripetere e martellare allo sfinimento. Magari insultando gli oppositori (che nel frattempo indossavano le nuove vesti dei difensori dei principi di libertà contrapponendosi ai provvedimenti greenpass).

Peccato che nel frattempo è passato quasi un secolo da Goebbels e viviamo nell’epoca dei social media e le campagne di persuasione sulla salute pubblica hanno conosciuto ricerche e sviluppi di cui nessuno ha voluto approfittare.

 

La ragione dei sapiens-sapiens (la sua intelligenza globale) non si è dimostrata in questi due anni così brillante e reattiva come avrebbe potuto e dovuto.


 

La medaglia della s-ragione ha due facce

 

Tracollo della ragione nella direzione del festival delle difese psichiche nel versante no-vax radicalizzato e il tracollo della ragione nella direzione di una malagestione globale della campagna vaccinale e della comunicazione efficace, sono semplicemente due facce della stessa medaglia. Un deficit psico-neuro-evolutivo talmente grande e talmente ingombrante da apparire invisibile agli osservatori del presente.

 

La psicodemia altro non è se non il corollario di fenomenologie conseguenti e connesse a questo evidente fallimento riguardante la gestione collettiva della pandemia sia a livello psicologico che a livello operativo. 

 

La parte più vulnerabile della popolazione si cristallizza attorno ad una congerie di difese simil-psicotiche rispetto ad angosce basiche rifiutando discontrollo, contaminazione, ma anche imposizioni ed eterodirezione.

 

Il resto del mondo si lascia trascinare quasi per inerzia verso la più irrazionale e paradossale indicazione: l’immunità di gregge… locale! Praticamente un ossimoro, ben venduto e tacitamente accolto dall'egoismo dilagante. 

 

Gli scienziati del futuro dovranno registrare, nel racconto di questo periodo storico, l’ultimo tentativo del sistema economico attuale, basato strutturalmente su sfruttamento e disuguaglianza, di sopravvivere nonostante l’improrogabile urgenza di coinvolgimento di tutta la specie umana.

 

O tutti assieme o nessuno.


 

Loading

Autore

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Caffè & Psichiatria

Ogni mattina alle 8 e 30, in collaborazione con la Società Italiana di Psichiatria in diretta sul Canale Tematico YouTube di Psychiatry on line Italia