Percorso: Home 9 Rubriche 9 DI DIRITTO E DI ROVESCIO 9 È possibile dare dell’idiota ad un potente segretario di partito… e farla franca? Appunti sul diritto alla libera espressione del pensiero.

È possibile dare dell’idiota ad un potente segretario di partito… e farla franca? Appunti sul diritto alla libera espressione del pensiero.

5 Ago 18

A cura di Emilio Robotti

Se avrete pazienza di leggere fino in fondo questo articolo, scoprirete che, anche se la libertà di espressione del proprio pensiero ha dei limiti, qualche volta si può dare dell’idiota ad un segretario di partito, ottenendo ragione, almeno alla fine e con un po’ di fatica da un Giudice: per la precisione, la Corte Europea dei Diritti Umani (il link alla Sentenza qui).
 
Si tratta del caso del sig. Haider e del sig. Oberschlick, deciso alcuni anni fa.
 
Le presentazioni: il sig. Oberschlick, un combattivo giornalista ed opinionista austriaco; il sig. Haider, deceduto nel 2008, leader austriaco del partito FPO ed al tempo dei fatti governatore della Carinzia, nonché candidato alla cancelleria austriaca. Indubbiamente, il sig. Haider era un uomo di destra, come il partito di cui è stato segretario e che oggi fa parte della coalizione di governo in Austria. Un uomo discusso e per certi versi contraddittorio, che ha sempre strizzato l’occhio al passato nazista dell’Austria e della Germania senza mai ammetterlo pubblicamente in modo diretto ed esplicito, morto in un incidente alla guida di una di quelle auto sportive di cui era appassionato mentre in preda ai fumi dell’alcool correva… non importa, questa è un’altra storia e sarebbe una invasione della sfera personale oltre che un pettegolezzo.
 
Un giorno, in un discorso pubblico, il sig. Haider aveva sostanzialmente prima affermato chetutti coloro che avevano combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale, in qualunque campo, anche per il Terzo Reich di Hitler e con qualunque divisa, persino quella delle stesse famigerate SS naziste, avevano difeso la libertà e contribuito a costruire la società contemporanea del benessere e le libertà politiche di oggi, tra le quali la stessa libertà di opinione; su queste discutibili considerazioni, il sig. Haider aveva quindi espresso la seguente idea: chiunque non abbia combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, non ha diritto a godere della libertà di opinione. (1)
 
Il sig. Oberchlick aveva riportato integralmente sulla rivista “Forum” il discorso del sig. Haider con i propri commenti, facendo notare che il sig. Haider con il suo discorso sostanzialmente aveva negato a sé stesso, oltre che alla maggioranza degli Austriaci che come lui non avevano combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, il diritto a godere della libertà di opinione. E fin qui nessun problema per il sig. Oberschlick, che però aveva aggiunto: dopo un discorso simile, il sig. Haider non merita nemmeno più di essere definito un nazista, quanto piuttosto un… “Trottel” (traducibile con “sciocco”, “idiota”, “imbecille” ecc.), insulto riportato tra l’altro anche nel titolo dell’articolo pubblicato su “Forum”. L’utilizzo del termine “idiota” all’indirizzo dell’uomo politico, aveva determinato la giustizia penale austriaca a condannare per diffamazione il giornalista, che successivamente però aveva portato davanti alla Corte EDU il proprio caso.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo accoglieva il ricorso del sig. Oberschlick, affermando che in quel preciso caso, dare dell’idiota rientrava nella libera espressione del pensiero garantita dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (traduzione nostra): “29. (…) la libertà di espressione è applicabile non solo alle "informazioni" o "opinioni" che vengano accolte con favore o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche a quelle che offendano, siano scioccanti o disturbino. Questi principi sono di particolare importanza con riguardo alla stampa. Pur se non si deve oltrepassare i confini stabiliti, per esempio tra questi "la protezione della reputazione di altri", comunque è suo preciso compito diffondere informazioni e opinioni su questioni politiche e su altri argomenti di interesse generale. Per quanto riguarda i limiti della critica ammissibile, essi sono più ampi nei confronti di un uomo politico che agisce nella sua qualità di personaggio pubblico, piuttosto che come un individuo privato. Il politico inevitabilmente e consapevolmente si sottopone ad un penetrante e vasto controllo di ogni sua parola e azione sia della stampa che del pubblico in generale, e deve mostrare un maggior grado di tolleranza… (…) 30. La Corte rileva che il signor Oberschlick è stato condannato per aver insultato Haider descrivendo Trottel [“idiota” n.d.r]nel titolo e nel testo dell’articolo pubblicato su Forum. Agli occhi della Corte regionale, il termine stesso era insultante e il semplice suo uso giustificava la condanna (…) Per la Corte d'Appello di Vienna invece, il semplice fatto che la parola in questione fosse apparso anche nel titolo dell’articolo costituiva insulto, perché i lettori che non avevano sentito né letto il discorso del Sig. Haider ed i commenti ad esso nell’articolo, collegavano la parola non a ciò che il sig. Haider aveva detto, ma alla sua persona (vedi supra, punto 18).  31. La Corte non condivide questa analisi. Rammenta, a tale proposito, che le decisioni giudiziarie qui contestate devono essere esaminate alla luce di tutte le circostanze del caso in esame, tra cui la pubblicazione in questione e le circostanze in cui è stato scritto (…) 34. È quindi vero che definire pubblicamente un politico “Trottel [idiota] possa offendere. In questo caso, tuttavia, la parola utilizzata non sembra sproporzionata al livello di indignazione consapevolmente suscitato dal sig. Haider. Per quanto riguarda il tono polemico dell’articolo – che la Corte non è tenuta ad approvare – va rammentato che, oltre alla sostanza delle idee e le informazioni espresse, l'articolo 10 [della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo] protegge la forma nella quale esse sono comunicate(…) 35. In conclusione, il Tribunale ritiene che la necessità di interferire con la libertà di espressione del ricorrente non sia stata dimostrata. Vi è stata quindi una violazione dell'articolo 10 ”.
 
Ineccepibile, no? Tuttavia, vi sconsiglio di seguire l’esempio del sig. Oberschlick e limitarvi al massimo ad un innocuo “Piove, governo ladro”, perché i principi espressi dalla Corte Edu sono certamente consolidati e condivisi dalla Corte Costituzionale italiana e dalla Corte di Cassazione, ma siamo in una situazione al limite quando si considera legittimo dare dell’idiota. E alla fine, ogni sentenza è unica ed irripetibile, come il caso che decide.
 
Fino a che punto arriva il diritto di critica? Fino a che punto si possono utilizzare parole ed espressioni indirizzate ad altri, percepite come insulto vero e proprio, senza risponderne in sede penale o civile? Il caso Oberschlick/ Haider riguardava un articolo su una rivista, ma i social networks e comunque in genere le nuove tecnologie offrono indubbiamente molte più occasioni di diffamazione di quanto non sia mai accaduto in passato. Pensate che da solo Facebook conta ormai un paio di miliardi di utenti. Certo, non tutti gli utenti comprendono la stessa lingua e nemmeno usano lo stesso alfabeto, certo ci sono sempre più opzioni per restringere la visibilità dei nostri post, ma la platea rimane sempre immensa e solo pochi anni fa impensabile da raggiungere per un cittadino comune: i famosi 5 minuti di celebrità per tutti, profetizzati da un noto artista decenni fa, sono oramai una realtà proprio grazie, o a causa, dei social network.
Il social network scatena anche il leone da tastiera che talvolta dorme in noi, è uno strumento perfetto per i veri e propri odiatori (haters) e per i professionisti delle false notizie (fake news) che cercano di influenzare l’opinione pubblica su precisi temi.
La Corte di Cassazione, consapevole della pericolosità dei social networks, ha qualificato la diffamazione compiuta utilizzando Facebook, ad esempio, quale diffamazione aggravata, con diverse conseguenze – ovviamente negative per il diffamante – rispetto alla diffamazione “semplice” (3)
 
Diamo per scontato che tutti sappiate che la libertà di espressione è garantita dal nostro art. 21 della Costituzione, ma anche dalla Convenzione dei Diritti dell’Uomo (art. 10) e dalla Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea (art. 10): Per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo la libertà di espressione è contemporaneamente un pilastro fondante ed un baluardo della democrazia stessa, la stampa ed i mediagrazie a tale libertà sono "cani da guardia" (watch-dog) della democrazia e delle istituzioni, comprese quelle giudiziarie.
Esistono come abbiamo detto però dei limiti a tale libertà, come dimostra lo stesso caso Oberschlick, a seconda dell’espressione usata e soprattutto del contesto: il Giudice deve operare una valutazione bilanciando quello che è il diritto ad esprimere liberamente la propria opinione e il diritto del destinatario di quella opinione a non vedere leso il proprio onore e la propria reputazione.
 
Vediamo quali sono questi principi anche attraverso alcuni esempi pratici.
Un caso deciso dalla Cassazione (4), riguardante la trasmissione televisiva “Striscia la notizia” (criticata in un comunicato diffuso a mezzo agenzie di stampa dall’imputato, andato poi assolto in appello con Sentenza confermata dalla Suprema Corte) riassume in modo particolarmente efficace i principi di diritto ormai consolidati in merito al reato di diffamazione ed ai limiti del diritto di critica. La libertà di manifestazione del pensiero, tutelata dalla Costituzione e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, idee, critiche su temi di interesse pubblico, “soprattutto sui modi di esercizio del potere qualunque esso sia, senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche; “secondo principi che possono ormai ritenersi definitivamente acquisiti in giurisprudenza, l’esercizio del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione delle idee, sancito dall’articolo 21 della Costituzione, rende pienamente legittime ancheforme di disputa polemica, nel corso di dibattiti politici, storici e scientifici nonché nelle campagne giornalistiche, che pure risultino caratterizzate dall’uso di espressioni di dura disapprovazione o riprovazione e dall’asprezza dei toni usati, purché l’esercizio della critica non trasmodi in attacchi personali, con i quali s’intenda esclusivamente colpire la sfera privata dell’offeso e non sconfini nell’ingiuria o nella contumelia, e nella lesione della reputazione dell’avversario. (…) in tema di diffamazione, i limiti sostanziali del diritto di critica e di quello di cronaca non sono coincidenti, ma risultano invece differenziati, essendo i primi meno elevati dei secondi”: il diritto di cronaca corrisponde ad una libertà più ampia rispetto al diritto di cronaca.Precisando “che, quanto più è eminente la posizione o la figura pubblica del soggetto, quanto più è socialmente, storicamente o scientificamente rilevante la materia del contendere, tanto più ampia deve essere la latitudine della critica; .che la critica, diversamente dalla cronaca, soggiace al limite dell’interesse pubblico o sociale ad esso attribuibile, quando si rivolge a soggetti che tengano comportamenti o svolgano attività che richiamano su di essi l’attenzione dell’opinione pubblica.
 
Nell’esercizio del diritto di critica, non è rilevante la narrazione di fatti, ma l'espressione di un giudizio personale che, come tale, non può essere obiettivo, essendo fondato su interpretazione di fatti o di comportamenti e non sulla loro narrazione; infatti, nell’espressione di un giudizio, occorre verificare la rilevanza sociale e la correttezza espressiva, mentre la gratuità delle espressioni si configura solo laddove queste non siano pertinenti ai temi in discussione(5).
 
In breve: i limiti del diritto di critica e di espressione del pensiero sono superati solo qualora l'agente trascenda a colpire con attacchi personali diretti a colpire, su un piano individuale, senza una finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato (6).
 
Un esempio di superamento di tale limite, apparentemente simile al caso dell’idiota al sig. Haider che abbiamo visto? Eccolo: un volantino affisso nelle bacheche sindacali, dove si definiva un sindacalista puramente e semplicemente come “notoriamente un imbecille”,
 
In questo caso, la Corte di Cassazione (7) ha escluso la scriminante (cioè: l’uso legittimo) del diritto di critica, affermando che “la critica mira non già ad informare, ma a fornire giudizi e valutazioni personali, e, se è vero che, come ogni diritto, anche quello in questione non può essere esercitato se non entro limiti oggettivi fissati dalla logica concettuale e dall'ordinamento positivo, da ciò non può inferirsi che la critica sia sempre vietata quando sia idonea ad offendere la reputazione individuale, richiedendosi, invece, un bilanciamento dell'interesse individuale alla reputazione con quello alla libera manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita”. Questo bilanciamento che consente addirittura  – entro certi limiti –  di poter “offendere” la reputazione individuale si ravvisa “nella pertinenza della critica di cui si tratta all'interesse pubblico, cioè nell'interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, che è presupposto dalla stessa, e, quindi, fuori di essa, ma di quella interpretazione del fatto, interesse che costituisce, assieme alla correttezza formale (continenza), requisito per la invocabilità della esimente dell'esercizio del diritto di critica.(Cass. pen. Sez. V, 12-10-2004, n. 42643).
 
Volendo usare i paroloni da giuristi, si può anche offendere nell’esercitare il diritto di critica, ma non si può arrivare fino al cosiddetto attacco “ad hominem”: che è l’insulto puro e semplice, gratuito.
 
Abbiamo quindi visto che dare dell’idiota o dell’imbecille, a seconda del contesto, può portare nella maggior parte dei casi alla condanna, ma anche essere legittimo.
 
Vediamo un altro esempio di attacco ad hominem, dopo quello del sindacalista definito un notorio imbecille.
Un esempio che riguarda una donna, insultata proprio per appartenenza al genere femminile, come spesso accade (non solo in politica): la Corte di Cassazione ha escluso il legittimo esercizio del diritto di critica rispetto alla pubblicazione di immagini fotografiche, in cui una nota presentatrice televisiva, candidata alle elezioni, appariva nuda, accompagnate da un commento nel quale si affermava implicitamente che le sole qualità della candidata sarebbero state quelle che apparivano nelle immagini in cui era nuda; anzi, il non aver diffuso tali immagini sarebbe stata secondo il commento la ragione per cui, in una precedente competizione elettorale, la signora non era stata eletta. Diffamazione, quindi, perché: “Non può considerarsi legittimo esercizio del diritto di critica e di satira politica un gratuito e banale insulto fondato su luoghi comuni e privo di qualsiasi aggancio con la reale condotta della persona criticata, quand'anche esso risulti espresso in parafrasi o similitudini più o meno fantasiose.”(8)
 
Come potete constatare, non è semplice, nemmeno per i giuristi che si occupano della materia, stabilire i confini precisi del diritto di critica: qui dare dell’idiota è legittimo, là dare dell’imbecille no. Ma certo si può dire che il diritto di espressione del proprio pensiero è garantito fino a che non si offende l’onore e la reputazione altrui: si tratta di un bilanciamento tra il nostro diritto ad esprimere una opinione e il diritto del destinatario dell’opinione a non veder lesa la propria reputazione ed il proprio onore. Un bilanciamento che non è però sempre uguale: semplificando (mi perdonino gli accademici) si può dire che la libera espressione del pensiero ha dei confini, che sono più ampi dove si tratti del diritto di cronaca rispetto al diritto di critica. Ancora più ampi però, rispetto al diritto di critica, se si tratta di esercizio del diritto di critica politica, a maggior ragione in un periodo elettorale. Ma i confini si spostano ancora più lontano (o almeno dovrebbero, qui è ancora più difficile tracciare la frontiera) se entriamo nel campo della satira, specie se politica e quindi dell’arte a cui, nelle sue varie forme, appartiene.
 
L’arte; qui le cose si complicano.
 
Quando l’arte è tale, e quando “giustifica” la lesione dell’onore e della reputazione altrui? E quali limiti ha l’arte, rispetto alla libera espressione del pensiero? E la scienza? Anche qui la libertà non è assoluta, ma tracciare dei confini è ancora più difficile. Vediamo però alcuni esempi.
 
Si dovrebbe approfondire ulteriormente la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo; ci limitiamo ad aggiungere a quanto dicevamo all’inizio che la protezione accordata a livello europeo dalla Carta dei Diritti Fondamentali e dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani è così forte, che la giurisprudenza di Strasburgo è approdata all’affermazione di un vero e proprio onere positivo di tutela da parte degli Stati membri (9).
La Corte di Strasburgo afferma infatti l’esistenza di un obbligo delle autorità statali di creare le condizioni ed un clima favorevole alla partecipazione e al dibattito pubblico dei cittadini, permettendo a ciascuno di esprimere le proprie idee anche se e qualora queste siano in contrasto con l’opinione della maggioranza o ne suscitino l’indignazione; obbligo che per la Corte si estende fino all’obbligo dello Stato di intervenire concretamente per proteggere l’incolumità stessa della persona dissenziente.
 
Più specificamente, per la Corte EDU  le limitazioni della libertà di espressione nell’agone politico possono essere giustificate solo da specifiche esigenze di tutela dell’ordine pubblico (10). Conseguentemente, la Corte EDU ha riconosciuto ad esempio la violazione dell’art. 10 della Convenzione EDU come conseguenza della condanna per il delitto di apologia di crimini di guerra degli editori di un libro “verità” sulla guerra in Algeria in cui, secondo i giudici nazionali francesi, l’autore affermava implicitamente la legittimità del ricorso alla tortura e alle esecuzioni sommarie per contrastare le azioni terroristiche delle fazioni di liberazione algerine. In tale occasione, i giudici europei hanno ritenuto che la condanna dei ricorrenti non poteva ritenersi necessaria né consentita in una società democratica, tenuto conto della importanza delle suddette informazioni per il dibattito politico, prescindendo dalla valutazione della loro concreta idoneità a provocare la commissione di delitti. (Sent. 15 gennaio 2009, Orban e altri c. Francia (ric. n. 20985/05).
 
La Corte EDU ha ribadito inoltre, con costante giurisprudenza,la necessità di abolire la pena detentiva per il reato di diffamazione, conformemente alle indicazioni del Consiglio d’Europa, pena detentiva che invece è presente nel Codice Penale italiano ed in altri pasi UE, nonostante diversi progetti di riforma legislativa siano in itinere da anni.
 
Concludendo, per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo l’affermazione della massima libertà di coscienza, religione, critica politica ed espressione del pensiero, comporta che la limitazione di questi ultimi può essere consentita e penalmente sanzionata solo per esigenze prevalenti di ordine pubblico o dove l’esercizio di tali diritti in realtà non sia tale, ovvero l’espressione di pensiero costituisca semplicemente ed esclusivamente una offesa gratuita al singolo o alla collettività, priva di qualsiasi altro contenuto e/o di interesse pubblico. Come vedete, e non è ovviamente un caso, lo stesso principio affermato dalla Corte di Cassazione che abbiamo visto.
 
Un ultimo esempio, un caso che ha visto incrociarsi arte e espressione del proprio pensiero, è quello di Erri De Luca e della TAV, concluso con l’assoluzione dello scrittore. De Luca, parlando della TAV, aveva scritto che era da sabotare e per questo era stato rinviato a giudizio.
 
Su questo caso lascio la parola – scritta prima della sentenza di assoluzione- a Erri De Luca: “Post hoc, ergo propter hoc”, dopo di questo, dunque a causa di questo. Ho detto che la TAV va sabotata, la TAV è stata sabotata (anche) tagliando le reti e compiendo altre azioni, quindi sono colpevole di sabotaggio, ma “l’accusa contro di me sabota il mio diritto di parola contraria. Il verbo sabotare ha vasta applicazione in senso figurato e coincide con il significato di ostacolare. I pubblici ministeri esigono che il verbo sabotare abbia un solo significato. In nome della lingua italiana e del buonsenso nego il restringimento di significato. (…) Accolgo di buon grado una condanna penale, non una riduzione di vocabolario. (…) Sono e resterò, anche se condannato, testimone di sabotaggio, cioè: di intralcio, di ostacolo, di impedimento della libertà di parola contraria.” 
 
Insomma, posso capire che di fronte alla miseria dell’attuale politica italiana e ad alcune affermazioni anche a livello istituzionale possa “prudervi la lingua”; ma attenzione a dare dell’imbecille o dell’idiota a qualcuno, che sia un vostro contatto su un social network o un Ministro della Repubblica. Evitare l’insulto vi consente di utilizzare i fatti la cronaca, le idee, l’arte. È più che sufficiente: la verità e la satira possono fare molto più male ai vostri avversari di un semplice insulto.
 
Note.
(1)  Con questa affermazione, riportata – in inglese –  anche nella Sentenza della Corte EDU: “Ladies and gentlemen, freedom of opinion is taken for granted in a democracy, but it reaches its limits where people lay claim to that spiritual freedom they would never have got if others had not risked their lives for them so that they may now live in democracy and freedom."
 
(2) ecco l’insulto come riportato – in inglese – nella sentenza: “"I will say of Jörg Haider, firstly, that he is not a Nazi and, secondly, that he is, however, an idiot. That I justify as follows: [L.] […] wholly convinced me that being called a Nazi is an advantage to Jörg Haider. That is why I ask my friends to forgive my abstaining from using that description for that very good reason.

As [Haider] denies those of us who in his eyes did not have the legitimising good fortune [legitimierende Glück] to have risked our lives in the uniform of honour [Ehrenkleid] of the Third Reich for the Hitlerian freedom to wage wars of conquest [Raubkrieg] and impose the final solution, [and as he denies us] the right ‘to lay claim to a purely "spiritual" freedom of opinion’, let alone a "political freedom", and he himself has never had the good fortune to serve in the uniform of honour of the SS or the German army [Wehrmacht], thus excluding himself along with the vast majority of Austrians from any exercise of freedom, he is, in my eyes, an idiot."
(3) Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 dicembre 2016 – 2 gennaio 2017, n. 50
(4) Corte di Cassazione (Sez. V n. 38971/13)
(5) Cass. Pen. sez. V, 23.3.2006
(6) Cass. Pen.Sez. V 14.4.2000; Cass. Pen. sez. V 8.2.2000
(7) Cass. 23.2.2011 n. 15060
(8) Cass.. n. 42643 del 12.04.2004
(9) si veda ad es. Dink c. Turchia – n. 139 del settembre 2010 – che si inserisce e consolida il filone giurisprudenziale inaugurato dalla Corte con le sentenze Özgür Gündem c. Turchia, n.  140 e Fuentes Bobo c. Spagna n.  141 del 2000, in cui la Corte ha ravvisato per la prima volta nell’art. 10 della Cedu la fonte di obblighi positivi di tutela.
(10) Sent. 8 luglio 2008, Vajnai c. Ungheria (ric. n. 33629/06)
(11) Erri De Luca, La Parola contraria, 2015, Feltrinelli Editore.
 

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