Nello scorso numero ho presentato, per quanti ricordano, il libro di Lia Inama sulle dipendenze affettive – "Liberarsi dal troppo amore" – in cui l’Autrice proponeva l’esperienza di un gruppo di auto-aiuto da lei stessa coordinato e condiviso con un gruppo di donne accomunate, appunto, da questa tematica: la dipendenza affettiva.
Al seguito di quell’articolo, mi ha scritto una pedagogista di Palermo, Rosa Maria Lombardo, che aveva a sua volta letto il libro della Inama, le aveva scritto e che ora propone alla nostra rubrica la sua interessante e singolare esperienza (e-mail: rml67@libero.it)
Anche Rosa Maria Lombardo ha fondato un gruppo (http://it.geocities.com/nuage2002it/) e anche in questo caso e’ un gruppo al femminile (nella declinazione, ormai e’ noto, che ho sempre usato in questa rubrica, e cioe’ non tanto di interesse esclusivo alle tematiche di genere, ma interesse prevalentemente orientato ad una scoperta e ad una lettura di come il genere femminile affronta e vive l’esperienza nel mondo di oggi).
La Lombardo ha avuto un’idea originale.
Come insegnante di scuola elementare (laureata in Pedagogia, insegna francese alle scuole elementari e sta curando la propria formazione all’interno della Fi.ped, Federazione italiana di Pedagogisti), lo scorso anno ha utilizzato un film, "Basta guardare il cielo", da vedere in classe con gli alunni (tre quinte, mi precisa) all’interno di un progetto educativo che mirava a far passare, attraverso la fiction cinematografica, un messaggio di solidarieta’ e di partecipazione. I bambini, pero’, rispondono cosi’ bene all’iniziativa da andare oltre i propositi iniziali: trovano sempre nuovi spunti per parlare e commentare e soprattutto, parlandone, si soffermano sulle emozioni dei personaggi, sui loro risvolti meno apparenti e piu’ profondi, dimostrando di essere, in altri termini, interessati a capire.
La tecnica educativa a cui si fa riferimento e’ la T.E.E.F. (tecnica di educazione alle emozioni con i film), su cui la Lombardo ha recentemente pubblicato un articolo su La Scuola Italiana Moderna (ed. La Scuola, 15 Aprile ’03).
Sono gli stessi alunni a suggerire all’insegnante l’idea di usare i film, allo stesso modo, per le donne, ossia come mezzo di educazione emotiva.
Rosa Maria, nel frattempo, stimolata dalla lettura di "Donne che non hanno paura del fuoco" di Mary Valentis e Anne Devane (Frassinelli), si sofferma su alcuni film citati nel libro, tra cui "Thelma e Luise", "Cuori ribelli", "Il colore viola" e altri, e si pone nell’ottica di guardali non come semplice spettatrice, ma cercando di "lasciare che il film suscitasse qualcosa in me…cosi’ mi sono lasciata emozionare dal film, ogni volta secondo i contenuti di cui era ricco". Sono film che parlano di ribellioni, di rotture del femminile contro "cio’ che e’ dato", anche a costo della propria vita;
Di li" l’idea: la visione di film da parte di un gruppo di donne, fino ad ora unicamente on line (ma di cui e’ prevista, in futuro, la presenza sia su Palermo che in altre citta’, dove la mailing-list diventi punto di raccordo) non a scopo terapeutico, ma a scopo educativo, potremmo dire il film usato come una sorta di oggetto transizionale attraverso cui le appartenenti al gruppo si scambiano opinioni, emozioni e riflessioni nel tentativo di capire "dove determinati atteggiamenti tipici dell’emotivita’ femminile creano disastri sul piano delle relazioni", con un’attenzione particolarmente rivolta non al racconto personale della propria storia (elemento che, precisa giustamente la conduttrice, tende ad identificare la donna in un ruolo, del tipo sono dipendente/sono ansiosa/sono anoressica….. e a strutturarla in quel ruolo), ma piuttosto al gusto di raccontarsi e conoscersi attraverso cio’ che si scrive, pilotate e guidate dalla visione comune di un film.
E’ interessante notare che la Lombardo, nella conduzione della mailing list (a cui ci si iscrive contattandola direttamente all’indirizzo: rml67@libero.it) estende il concetto di dipendenza affettiva non solo al partner ma anche ai genitori, ai figli, ai colleghi, al datore di lavoro, a tutte quelle situazioni "in cui si sente che la necessita’ di compiacere condiziona gli atteggiamenti e impedisce di agire liberamente".
In quest’ultima affermazione (tratta direttamente da colloqui sia telefonici che per e-mail che ho avuto con la Lombardo), a me pare sia concentrato il cuore della dipendenza affettiva nella donna: una sindrome, se possiamo chiamarla cosi’, che solo successivamente si approfondisce e si incista in comportamenti anche assillanti e patologici, ma che trova le sue radici in un generico senso di insicurezza e di inadeguatezza, per coprire il quale la donna puo’ essere portata a compiacere e ad aderire alla volonta’ dell’altro, aprendo la porta ad una spirale emotiva in cui le conferme sono sempre insufficienti, tardive o ritenute insincere.
Ho chiesto a Rosa Maria qualche dettaglio tecnico: come avviene la scelta del film; come e’ composto il gruppo e, elemento che mi e’ parso non trascurabile, quale e’ l’impatto di una iniziativa del genere in un luogo come la Sicilia.
"La scelta del film da parte mia — mi ha risposto la nostra ideatrice — prevede film che sfiorino l’emotivita’, non che la travolgono, poiche’ l’obiettivo non e’ suscitare un ricordo ma sollecitare la riflessione, l’analisi delle sfumature emozionale, il corretto etichettamento linguistico, l’adeguatezza al contesto, la matrice storico-culturale di certe emozioni e tutte quelle riflessioni che possono ampliare la consapevolezza (……) Esempi di film che ho usato su di me e che discuteremo sono: L’ultimo bacio, Le fate ignoranti, Luce dei miei occhi, Il profumo del mosto selvatico…. Per adolescenti: Shine, Il grande cocomero, e vari altri".
Quanto alla composizione del gruppo, dice la Lombardo: "Nel gruppo solo una ragazza e’ della mia citta’, Palermo, le altre sono sparse per lo stivale. Posso dire che il gruppo on line puo’ considerarsi al momento avviato, nel senso che ci scambiamo e-mails da due mesi e l’affiatamento che si e’ creato e’ buono, anche piu’ che buono (……) Mi sono accorta che parlando di film si parla di se stesse e si riesce a dire molto di piu’ di quanto non si direbbe dietro ad una domanda esplicita. L’eta’ e’ varia, dai 22 anni della piu’ giovane ai 48 della piu’ "vecchia", ma questa differenza non crea problemi; i ruoli (elastici) si strutturano con facilita’". Chi e’ piu’ grande tende a fare un po’ da mamma, le piu’ giovani si affidano al gruppo chiedendo aiuto…… Ho precisato fin dall’inizio che la lista non ha l’obiettivo di rafforzare la rabbia verso gli uomini e non siamo li’ per compiangerci, ma per capire come e dove determinati atteggiamenti dell’emotivita’ femminile creano disastri sul piano delle relazioni".
"In Siciiia — prosegue Rosa Maria nella nostra intervista — ha un senso lavorare su questi temi, ha un senso iniziare a farlo e mi conforta sapere che non sono la sola, anche la Facolta di Psicologia di Palermo sta sviluppando questo lavoro sulle differenze di genere. Siamo ancora molto lontani da una partecipazione di massa della donna siciliana a iniziative di questo genere, ma si deve pur cominciare, posso dire che ancora manca, o e’ debola, una cultura del prima una cultura che aiuti la donna a rendersi autonoma e consapevole della propria dignita. Colgo l’occasione per ringraziare due care amiche che mi hanno aiutata nell’idea di dare vita alla lista, Lorenza e Emanuela, e mi e’ cara la collaborazione di una psicologa, Anna Fata( redattrice di POL.itNDR), amica a distanza (e ringrazio anche un maschio, Paolo, che ha curato la grafica del nostro lavoro)".
Quando ho ricevuto i primi messaggi di Rosa Maria, non ho potuto, spontaneamente, non pensare a quante iniziative, a quanto pensiero, a quanto coraggio certe donne hanno nel nostro Paese.
Professioniste solitarie, animate solo dalla buona volonta’ e dal desiderio di far conoscere la propria idea, si mettono all’opera silenziosamente, lontane dalle cronache e dalle luci della ribalta, e danno cosi’ vita al loro progetto.
Perche’ i veri progetti, io credo, quei progetti che qualche volta diventano grandi, non hanno bisogno di denaro, di strumenti, ne’ di notorieta’: hanno bisogno di dedizione, costanza, e voglia di cambiamento.
Come nel caso di Lia Inama, cosi’ io non conosco personalmente Rosa Maria Lombardo, ne’ loro conoscono personalmente me. Ma sento tra tutte queste iniziative e tra tutte queste donne — a cui la rubrica vuole dare voce e che sono sempre le benvenute – sento un filo che tutte le unisce, ci unisce, un filo di esperienza, di intelligenza e di riflessione che e’ raramente banale, e quasi mai cosi’ pago di Se’ da non cercare confronti e anche critiche.
Ringrazio dunque Rosa Maria Lombardo per avermi scritto, sull’onda unicamente di un’affinita’ elettiva, e ricordo gli indirizzi:
http://it.geocities.com/nuage2002it/
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