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Effetti collaterali e controtransfert

15 Giu 13

A cura di A_SIBILLA@libero.it

Interrompo le mie considerazioni sulla rappresentazione dell’omosessualità, perché in questi giorni ho visto un film che mi ha molto colpito: “Effetti collaterali” un recente thriller che racconta la storia di una rampante coppia newyorkese, Emily e Martin (Rooney Mara e Channing Tatum), la cui vita viene sconvolta quando lo psichiatra (Jude Law) le prescrive un nuovo psicofarmaco per curare una forma di depressione.  All’inizio in cui il film sembra essere un film di denuncia contro l’uso indiscriminato degli antidepressivi, mentre nella seconda parte diventa un giallo, che si risolve nei minuti finali. La continuità del film è data da Jude Law che recita molto bene la parte dello psichiatra che dovrà dipanare la matassa. È proprio il personaggio di Jude Law insieme all’altra psichiatra (Catherine Zeta Jones) che mi hanno messo in crisi scatenando il mio corporativismo (latente … mah?) e il mio spirito di parte. Nel film noi psichiatri facciamo decisamente una brutta figura. Siamo superficiali, pronti a collaborare in maniera leggera e interessata con le case farmaceutiche, instauriamo rapporti ambigui con i pazienti. Siamo eccessivamente ingenui e disposti a relazioni sessuali. Nello spirito dei tempi la seduzione tra psichiatra e paziente è di tipo omosessuale e la parte debole della coppia è la psichiatra, non in grado di elaborare un divorzio, se non facendosi conquistare da una (finta) depressa.  Ma inizialmente chi decide chi è finto e chi è vero.  Forse sto continuando il mio discorso sull’omosessualità, perché sembra di capire che al principio  della cura Emily è realmente depressa e ne esce fuori con una seduzione omosessuale.  Anche il transfert e ovviamente il controtransfert  si adeguano ai tempi. Anche i pazienti nel loro insieme non ne escono tanto bene, sempre attenti al farmaco meglio pubblicizzato o a quello che prende l’amica, cinici e sfiduciati.
Quando lo psichiatra capisce di essere finito in un imbroglio mette in mostra un’aggressività e un cinismo senza limiti nei confronti dalla paziente, utilizzando il suo potere medico fino al punto di rinchiuderla in una versione americana dell’OPG, riempiendola di antipsicotici (… di vecchia generazione!). Questa è la parte che mi ha dato maggiormente fastidio della storia. Usare il potere e le armi della tecnica psichiatrica (farmaci e conoscenze medico legali) per vendicarsi della (finta) paziente. Non è tanto il desiderio di punire una colpevole, quanto il narcisismo ferito che spinge il protagonista a elaborare il piano che porterà all’annichilimento di Emily. Il tutto è poi condito da una truffa di insider trading nei confronti di una casa farmaceutica. L’insieme psichiatri, farmaci e pazienti ne esce proprio male. Sarà il mio controtransfert o il corporativismo, ma è un film a dir poco provocatorio.
Il regista Soderbergh ha fatto film di successo, ama i temi di denuncia (Erin Brockovich, Contagion) le critiche che ho letto parlano di un discreto film di denuncia. Per me  Cinema e Psichiatria di Gabbard è un testo fondamentale e  in passato ci hanno trattato decisamente peggio, senza mie particolari reazioni. Ma ci vedranno proprio così in America ? Sarà vera la generalizzazione e la banalizzazione della depressione da cui nasce l’abuso di antidepressivi con le conseguenti lotte tra case farmaceutiche, disposte a tutto. Per soldi siamo disposti a qualsiasi collaborazione ? Non sarà un’opera d’arte, ma sicuramente mainstream e con un discreto successo di pubblico. 
Chissà se qualcuno che mi legge lo ha visto e cosa ne pensa. Mi aiuterà a riflettere su come vedo il mio lavoro. Io non sono come Jude law … o forse sì !

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