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Effetti traumatici delle migrazioni

13 Ott 17

A cura di lmontecc@libero.it

 
L'Austria ha annunciato l'entrata in funzione del posto di controllo 'anti-migranti' lungo la ferrovia del Brennero.  

Non sappiamo se la migrazione sia di per se stessa un fatto traumatico.

È' certo che gli esseri umani hanno abitato per decine di migliaia di anni uno spazio infinito non segnato da barriere artificiali ma solo da limiti naturali: altissime montagne, mari sconfinati,deserti immensi, eppure, nonostante questi limiti, quegli uomini, quelle comunità di allora hanno popolato tutta la terra fino alla Groenlandia e all'Australia.
Questa distribuzione planetaria ci può fare pensare che la tendenza a migrare sia una componente del essere umano e questa tendenza 
sembrerebbe legata al superamento dei limiti geografici. Nicola Valentino, nel suo libro l'arte irritata sostiene che l'arte nasce come un tentativo di superare i limiti dato che le pitture rupestri  e i petroglifi sono situati in zone impervie,come caverne nei pressi del mare,l'inaccessibilità dei luoghi verrebbe superata dalla immaginazione creativa,l'impossibile diventerebbe possibile,la migrazione avverrebbe in un altrove immaginario. Possiamo pensare che questi cacciatori e raccoglitori fossero perennemente in movimento, in migrazione costante, popolazioni nomadi senza radici in un territorio determinato,società senza stato come le ha definite nella sua ricerca antropologica Pierre Clastris.
Già, perché questo modo di essere non è lontano nel tempo, vi sono società migranti, e riprendendo una considerazione di Freud nella interpretazione dei sogni quando paragona i palazzi di Roma alle fantasie diurne ed al materiale con cui sono fatti i sogni, come i palazzi barocchi usano pietre antiche incastonate in una diversa architettura, così i sogni e le fantasie usano materiale infantile inconscio, di cui si è perso il significato per costruire delle raffigurazioni.
Se ampliamo le considerazioni di Freud al materiale psichico profondo dell'inconscio sociale, possiamo affermare che in ciascun essere umano è presente la traccia del antico migrante come forma dello spazio psichico.
In questo senso, e non solo in questo,siamo tutti migranti. Ed allora quale trauma dovrebbe comportare la migrazione?
Credo sia necessario, a questo punto, distinguere la terra, come spazio liscio:lo spazio comune senza delimitazioni.
Nella terra non ci sono muri,né canali non è marchiata dal potere, quando questo si rende evidente segmenta la terra con costruzioni che ripartiscono lo spazio.
Questo passaggio è mirabilmente descritto da Carl Shmitt che scrive: "Nell'occupazione di terra,nella fondazione di una città o di una colonia si rende visibile il  NOMOS con cui una tribù o un seguito o un popolo si fa stanziale" Il Nomos della terra pag 59
Il Nomos è un criterio di ripartizione della terra, la sua trasformazione in un territorio che evidenzia spazialmente i rapporti di potere, distingue il mio è il tuo, mostra l'effetto della appropriazione della terra sotto forma di muri che definiscono un di qua ed un di la.
E'nel territorio che si esercita il potere dello stato. Il territorio ha dei confini che corrispondono al dominio di un sovrano. La divisione del territorio evidenzia la specifica forma della sovranità.
Ulisse sarebbe stato,secondo Schmitt, un conoscitore degli ordinamenti e recinzioni delle genti, cioè dei vari Nomos. Torneremo su Ulisse.
Quindi, il passaggio dalla terra al territorio sarebbe anche un passaggio di modo di produzione: dai cacciatori e raccoglitori agli agricoltori ed allevatori che occupano la terra e la dividono secondo la sovranità specifica di quel territorio.
Ora nel territorio, con i muri, con il mio ed il tuo, la migrazione diventa molto problematica soprattutto quando mette in discussione la ripartizione della terra secondo il Nomos (le leggi specifiche) di quel territorio, allora diventa una invasione .
Ma, che cosa muove le persone dal proprio territorio? Perché dovrebbero riprendere l'antico nomadismo?
Pensiamo,in primo luogo, a chi sono i migranti e chi sono gli "stanziali", questo punto di vista ci permette di evidenziare se parliamo come migranti o come stanziali.
Ad esempio noi Italiani potremmo facilmente metterci nei panni dei migranti, per tutto il novecento milioni di noi sono migrati in America, del nord e del sud, poi in Australia, e nel nord Europa fino agli anni 70.
Nel 2015 sono emigrati dall'Italia oltre 100.000 persone, secondo dati ufficiali, molti di più secondo altri studi. In oltre molti di noi ricordano ancora la grande migrazione interna dalle campagne del sud alle città industriali del nord.
Ciao Amore Ciao di Luigi Tenco racconta il dramma della migrazione:
" saltare cent'anni in un giorno solo
   dai carri nei campi agli aerei nel cielo"
Quella vecchia canzone ci fa capire cosa desta  il desiderio di "cercare un altro mondo".
Può essere un trauma collettivo come una guerra, una persecuzione religiosa, etnica, politica può essere una carestia dovuta a cambiamenti climatici o agli effetti della globalizzazione, ma questi aspetti collettivi si traducono in effetti sulla storia personale, individuale. Non è un popolo a migrare è una moltitudine di individui.
Ma la spinta alla migrazione non è necessariamente un fatto traumatico, sono più fatti che mettono in crisi le forme di soggettività legate al territorio. Per esempio un ragazzo di un villaggio del Mali attraverso i mezzi di comunicazione, che può anche non possedere direttamente, viene a sapere dell'esistenza di un altro mondo: "l'Occidente, L'Europa" dove si vive da signori,dove e'facile arricchirsi, dove le donne sono libere e disponibili ecc…
Questo messaggio, attraversa le frontiere ed i deserti e costituisce un richiamo potente per cercare una vita migliore di quella che gli si prospetta nel suo villaggio del Mali. Così il ragazzo comincia a deterritorializzarsi, cioè ad uscire dal codice di appartenenza che prevede un ruolo preciso per lui.
Se entriamo all'interno della sua soggettività possiamo pensare che si stia modificando il suo ideale del io. Al posto di un ricco proprietario di terre ed armenti entra un calciatore del Real Madrid,un cantante, un grande uomo d'affari.
Queste figure funzionano come "attrattori strani" che modificano la traiettoria vitale del giovane e lo immettono in un percorso  che mira a realizzare quel progetto migratorio.
In questo caso il trauma non è fisico, non c'è, come in molti casi l'uccisione dei famigliari, la minaccia di morte, la requisizione delle terre, l'imposizione di cambiare religione o la minaccia reale per la vita propria o dei congiunti.
Spesso all'origine della migrazione vi sono questi traumi che producono l'esilio volontario di chi è stato oggetto di queste violenze. In questo caso, il progetto migratorio è la salvezza.
A questo punto dobbiamo tornare ad un rito chiamato "ver sacrum" che aveva luogo nella Italia pre romana e veniva celebrato nei periodi di carestia o sovrappopolazione, tutti i primogeniti nati in primavera e cresciuti come sacrati dovevano migrare e formavano così un nuovo popolo.
Ma, all'origine delle attuali migrazioni ed al trauma che le accompagna dobbiamo considerare che gli effetti di un trauma sì trasmettono per generazioni, e che studiosi della condizione dei nativi nord americani come Eduardo Duran e Marie Braveheart hanno proposto il concetto di "trauma storico" cioè la distruzione totale della cultura nei nativi per spiegare la ripetizione di situazioni traumatiche nei singoli.
Se applichiamo questo concetto alle migrazioni contemporanee dobbiamo vedere il trauma singolo come effetto della invasione colonialista con la distruzione delle culture locali l'imposizione di lingua e religione europea il razzismo e le stragi fino al genocidio nel Congo con oltre 10 milioni di morti.
Gli effetti devastanti del colonialismo europeo sulla cultura e sulla soggettività dei colonizzati sono stati analizzati da Franz Fanon, che è necessario studiare e commentare per la luce che porta alla comprensione della situazione attuale.
Se vogliamo anche la grande migrazione degli italiani del sud Italia alla fine del 800 è da mettere in relazione con la cosiddetta guerra al brigantaggio meridionale.
Sono traumatizzanti è fonte di migrazione alche le scelte economiche della globalizzazione, come i trattati per il libero commercio.
Ad esempio nel 1994 il trattato Nafta fra Stati Uniti,Canada e Messico mise completamente fuori mercato il mais dei contadini quechua del Chiapas costringendoli a migrare individualmente o Città del Messico o negli USA. L'alternativa che hanno trovato al tempo fu collettiva :l'insurrezione Zapatista, un altro tipo di migrazione, un esodo  verso un altro mondo possibile.
Dunque la migrazione è' un trauma, una lesione della continuità psichica di una forma di soggettività che si è costruita in un territorio determinato ed è legata ad un codice culturale.
Il trauma produce una decodificazione che si presenta come una vera e propria dissociazione dalla coscienza ordinaria di quella provincia finita di significato, per dirla alla Schutz
Chiamo questo stato modificato di coscienza "transe migrante" Secondo me è questo stato che permette di sopportare un viaggio in cui c'è un continuo rischio di morire, in cui molti muoiono e solo alcuni sopravvivono.
Come dicevo, a mettersi in movimento non è un popolo, o una massa,così come la descrive Freud in psicologia delle masse e analisi dell'io. Infatti non stanno seguendo un leader in cui identificarsi e che li guida verso una qualche "terra promessa", non fanno massa, nel senso che le identificazioni laterali non fanno riferimento al leader ma semmai ad una solidarietà che li unifica per il fatto di condividere lo stesso compito: varcare il mare,arrivare in Europa, ma, torno a dire, in questo viaggio non sono guidati da nessun capo né militare ne' religioso, non vogliono invadere e conquistare terre, né convertire a nessuna religione. Caso mai sono attratti dalla non-religione consumista.
Per questo non sono masse ma moltitudini migranti.
 
"moltitudine moltitudine
non si erano mai viste
code tanto grandi,tanto lunghe"
 
Cantava nel 1982 in Esodo un profetico Battiato 
Ma l'effetto traumatico non è solo nella partenza  è' durante il percorso che si incontrano situazioni tragiche che vengono superate, non da tutti, con la forza della transe migrante che riduce la soglia del dolore sia fisico che psichico e si alimenta del " principio speranza" di cui parla Ernest Bloch.
Attraversamenti di deserti,viaggi per mare pericolosi in barche e gommoni con naufragi persone affogate, sommersi e salvati, vicende che richiamano prepotentemente alla memoria le fughe degli ebrei dalla persecuzione nazista.
Storie di coniugi che si perdono, qualcuno rimane nei campi in Libia,la moglie, il marito si salva ma è disperato. Perché io? Qualcun altro ritrova la compagna. Sembrano le ricerche del dopoguerra. 
Poi il trauma del arrivo come Ulisse naufrago nell'isola dei Feaci ogni migrante può chiedersi:
 
" povero me! Nella terra di quali mortali mi trovo?
Forse prepotenti e selvaggi e non giusti,oppure ospitali e che temono nella mente gli dei?" Odissea VI 119-121
 
Il vocabolo che usa Omero per ospitali è "Filoxenoi" amici dello straniero si contrappone al termine xenofobo che conosciamo bene. Ulisse spera di essere nella civiltà che si caratterizza per la legge dell'ospitalità: la Xenia.Per questa legge non scritta non bisogna chiedere chi è l'ospite se lui non vuole.
L'ospite va rispettato e lui deve rispettare il padrone di casa. Il padrone di casa dopo avere rifocillato l'ospite gli consente di lavarsi e di riposarsi e al congedo gli consegna un dono d'addio.
Polifemo non segue la Xenia chiede a Ulisse e ai suoi compagni:
"Stranieri chi siete? da dove venite per le liquide vie?
Un po' quello che succede ai migranti che sbarcano in Europa e vengono subito identificati.
Per fortuna non c'è il cannibalismo.
Ma torniamo agli effetti traumatici delle migrazioni, questi effetti si manifestano anche a chi ospita i migranti. Per questi effetti dobbiamo tornare alla etimologia e passere dal greco al latino che definisce l'ospite con il termine hospes, questo termine ha la stessa radice di hostis che significa nemico. Questa ambiguità semantica ci fa capire come per gli "stanziali" i migranti possono essere percepiti come ospiti o come nemici che invadono il nostro territorio a seconda di quale interpretazione prevale.
È' chiaro che se sul migrante vengono depositate le ansie,le preoccupazioni e le colpe della crisi economia, sociale e politica che stiamo vivendo allora il migrante diventerà il nemico che vuole rubarci il lavoro, la casa,violentare le nostre donne occupare la nostra terra, un perfetto capro espiatorio per deviare la rabbia ed evitare di mettere in discussione il potere.
Diciamolo chiaramente è impossibile fermare le migrazioni, è' come pensare di impedire  al vento di soffiare alle nuvole di andare e venire ai fiumi di scorrere, a allora come si può fare per diminuirne gli effetti traumatici?
Innanzi tutto è evidente che molti flussi migratori sono dovuti alla guerra, quella terza guerra mondiale a pezzi di cui ha parlato Papa Francesco,altre migrazioni sono generate dalla crisi climatica, altre ancora dal impoverimento delle risorse economiche.
In questa situazione non si può fare finta che i paesi del occidente con il loro stile di vita non c'entrino nulla. È' evidente che la crescita di questi paesi drena le risorse di altri:una parte si arricchisce perché gli altri si impoveriscono.
Questo è possibile perché c'è una struttura di dominio mondiale che non si riesce a cambiare.
Quindi in primo luogo è la forma attuale del potere mondiale che è necessario cambiare radicalmente per ridurre le moltitudini migranti.
Ma, come si è ascoltato più volte,nessuno vuole cambiare il proprio stile di vita ed allora si costruiscono muri,barriere per escludere i migranti dagli Stati del benessere con l'illusione di ricacciarli da dove sono venuti.
Tuttavia nelle metropoli il benessere non è affatto diffuso in modo egualitario, anzi la crisi degli ultimi 10 anni ha provocato un ulteriore aumento delle disuguaglianze ed ha fermato gli ascensori sociali. Gli strati impoveriti ed emarginati sono sempre di più la crisi ha provocato licenziamenti e disoccupazione, a fronte di questa vera e propria guerra di classe, non si è vista una forte risposta. 
Gli strati emarginati ed impoveriti scaricano la loro rabbia sui migranti: ci sono licenziamenti? E'colpa dei migranti che lavorano per pochi euro. Non ci sono case popolari? Non è colpa delle politiche neoliberiste ma dei migranti che le occupano con il placet dello stato.
Questo meccanismo è già avvenuto in Germana negli anni trenta quando la colpa della crisi, della guerra persa, della inflazione veniva attribuita agli ebrei e non alle classi sociali dominanti. Poi sappiamo come è andata a finire con l'antisemitismo.
Che cosa sta succedendo con i barconi che arrivano dalle coste italiane? 
Spesso si dimentica che i migranti non vengono in Italia ma in Europa, l'Italia è un paese di passaggio ma per il trattato di Dublino il paese di sbarco diventa quello di destinazione. Assurdo!
Bisogna cambiare questo trattato per diminuire gli effetti traumatici delle migrazioni. Cambiarlo subito.
Per capire l'effetto dei migranti sulla nostra società è utile leggere o vedere Teorema il libro e film che Pasolini realizzò nel 1968. Di tratta di un ospite inatteso che entra in una famiglia borghese e ne scardina i vincoli attraverso relazioni sessuali con tutti i componenti.
Questa fantasia di distruzione apocalittica la troviamo anche nel recente film di Lanthimos l'uccisione del cervo sacro dove però l'ospite è un angelo sterminatore,attraversa la nostra società e produce una reazione di espulsione dell'estraneo e contemporaneamente di ricerca di una identità comunitaria di popolo che fa riferimento al passato. La comunità della terra e del sangue di cui parlavano i nazisti per ricompattare il popolo ariano della supremazia bianca. Un delirio che Wileim Reich chiamava "peste psichica".
L'integrazione sarebbe un modo per ridurre le reazioni di rigetto con arroccamento identitario.
Ma nel passato si è' già discusso molto di cosa significhi integrazione o assimilazione per esempio a proposito dei neri americani che rifiutavano la loro trasformazione in tanti integrati "zio tom". È' importante per questo dibattito l'auto biografia di Malcom X oltre al già citato Franz Fanon. 
Si tratta di pensare più in là, a me piace di più il termine ricombinazione che fa pensare alla mescolanza che non perde il passato ma guarda all'orizzonte.
Io non credo agli Stati nazionali, non penso che il futuro consista nella costruzione di muri e nell'innalzare barriere.
Non penso che la perdita di riferimenti dovuta alla globalizzazione si risolva con la riterritorializzazione in comunità folklorike che sono esistite solamente nel mito regressivo.
Ma non credo che ci si debba abituare alla frantumazione dei legami sociali e alla riduzione dell'esistenza a una traiettoria caotica di particelle elementari ben descritta nei romanzi di Hoellebeq.
Penso ad una comunità che viene alla comunità di destino in cui siamo tutti noi viventi sul pianeta, penso a questa comunità che è costretta a considerare il fatto che le risorse della terra sono limitate, che il clima sta cambiando per l'aumento della anidride carbonica prodotta dagli esseri umani e che è necessario prendere in mano il nostro destino cioè pensare globalmente e agire localmente.
Questa comunità dovrà prima o poi inevitabilmente prendere coscienza di se, e io credo che la presa di coscienza inizi da piccoli momenti da incontri multiculturali da cambiamenti apparentemente impercettibili.
La comunità che viene si costruisce negli ospedali,nei reparti di maternità, nelle scuole dove si incontrano attorno a compiti specifici gli uomini e le donne che scambiano affetti e sentimenti in un clima di solidarietà.
La legge dello ius soli è' un passaggio fondamentale in questa direzione.
Deve essere approvata.
Del resto se  il battito d'ali di una farfalla può provocare un uragano dall'altra parte del mondo
Perché non potremmo essere noi oggi qui, quel battito?
 

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  1. admin

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    Grazie per ciò che farete, grazie dell’attenzione.

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