E’ necessario aprire gli occhi e guardare con franchezza e chiarezza a quello che molti ignorano, o fanno finta di ignorare: gli OPG ci sono ancora !!
Ma è proprio possibile ? Dopo il grande clamore mediatico del 31 marzo 2015, “ la chiusura degli OPG”, sembrava che tutto si fosse risolto e l’obiettivo centrato al 100%.
Invece gli OPG sono ancora al loro posto: quello di Montelupo è ancora qui, chiuso come ingresso di nuove persone, ma purtroppo ancora in funzione per “rinchiudere” molte persone al suo interno. Certo i numeri delle presenze sono ridotti (da 115 a 80 nel giro di 4 mesi) ma, per una serie di fattori che a fatica riusciamo a comprendere, riesce difficile prevedere il giorno della definitiva chiusura, intendendo per “chiusura” il letterale svuotamento della struttura.
Perché questo sta accadendo ? Elenco le motivazioni che si sentono rammentare continuamente a spiegazione della persistenza di tale struttura:
a) i ritardi delle Regioni, non tutte ma ancora troppe, nell’allestire le Residenza previste dal D.M. Salute del 1-10-2012;
b) l’insufficienza dei posti delle medesime Residenze per accogliere sia quelli che sono negli OPG che le nuove misure di sicurezza che nel frattempo continuano ad essere applicate;
c) l’insufficiente risposta dei Servizi territoriali che non offrono, e forse “non si offrono per”, soluzioni sostitutive che consentano l’applicazione delle misure di sicurezza non detentive come prevede la Legge 81 del 30 maggio2014;
d) il persistere, nonstante tale Legge, di criteri comunque “stringenti“ alla base del giudizio di pericolosità sociale per cui la Magistratura applica ancora le misure di sicurezza in strutture detentive qualora le “diverse misure”, cioè la libertà vigilata, non siano in grado di “far fronte” alla pericolosità sociale;
e) in alcuni casi le difficoltà, o anche il rifiuto, da parte delle nuove strutture di farsi carico di pazienti con particolari problemi comportamentali, che siano sostenuti da assetti psicopatologici o meno;
f) il ruolo ancora dei periti, o Consulenti Tecnici d’Ufficio, che non dialogano adeguatamente con i Servizi territoriali, e forse avviene anche al contrario, per definire e condividere un progetto che dia un adeguata soluzione per far fronte alla pericolosità sociale relativa residua (quasi nessuno si esprime in termini di pericolosità assoluta);
g) i ritardi nella erogazione delle risorse finanziarie;
h) problemi locali per i rifiuti delle Amministrazioni locali di ospitare le residenze;
i) procedure complicate per assumere personale necessario a far funzionare le nuove strutture;
j) difficoltà per allestire le strutture pubbliche previste dalla Legge e dal D.M. 01-10-2012, per cui in molti casi si ricorre a convenzioni con privati che siano in grado di accogliere le misure di sicurezza.
Forse le ragioni sono, equamente o meno, spalmate un po’ tra tutti questi punti elencati ma quello che sta accadendo appare per molti versi sconcertante: il numero di persone ancora negli OPG è superiore ai 300, sicuramente in netta diminuzione (non contiamo in tale numero le persone ancora a Castiglione delle Stiviere, classificato ormai come complesso di Residenze e non più come OPG).
Per molti aspetti negli altri OPG cominciamo ad affrontare la categoria dei pazienti più difficili, per non adoperare il pessimo termine di “indimissibili”. Contestualmente il numero di nuovi utenti è altrettanto elevato: si calcola che siano almeno 30-35 al mese le nuove misure, provvisorie o definitive, applicate.
Siamo ormai di fronte ad un “bivio etico deontologico”, quasi impensabile all’inizio del percorso di chiusura, ed alla comparsa di meccanismi di “escalation” della domanda che possono sfuggire ad ogni forma di controllo se dettato solo dalla buona volontà, contenuta nello spirito della Legge 81-2014, e tale da indurre una crescita dell’incidenza “epidemiologica” superiore alle previsioni iniziali.
Infatti i pochi posti nelle Residenze attualmente attivate non sono sufficienti ad accogliere le nuove misure applicate, e per questo non riescono a far fronte anche all’esigenza di accogliere le persone che sono in OPG.
Di conseguenza:
a) bisogna lasciare a lungo, chissà fino a quando, le persone ancora in OPG in una condizione “orrenda, appena degna di un Paese civile”, non più prorogata dalla Legge ma prorogata, di fatto, dalla pratica (o meglio direi da una “malpratice” ?);
b) in alternativa, decidere di far uscire tutti i pazienti dagli attuali OPG ma inviare le persone con nuove misure nei Servizi territoriali (SPDC, Residenze territoriali ordinarie o dove altro) o lasciarle in attesa altrove (Carcere ?).
Nel frattempo utilizziamo le attuali risorse per finanziare inserimenti in strutture che hanno ormai costi sempre più “lievitanti”, senza alcuna verifica concreta dell’appropriatezza, dell’efficacia, dell’efficienza.
Il costo medio giornaliero di una giornata nelle Residenze, aperte a tale scopo, supera abbondantemente i 300 euro al giorno e forse saliranno ancora di più: non è certo un male di per sé e ci allinea ai costi degli altri Paesi Europei ma rischia di essere un fenomeno lievitante se non regolato e monitorato.
La soluzione che più spesso si sente proporre sta in una parola che ormai assume quasi un significato magico: “commissariamento”, cioè espropriazione delle competenze e capacità decisionali delle Regioni “inadempienti” per affidarle ad un Commissario nominato ad hoc.
E’ difficile capire cosa potrà fare un Commissario: se le ragioni elencate in precedenza sono, anche minimamente, davvero alla base dei ritardi per chiudere gli OPG dovremmo sperare in un “superuomo” dotato di poteri speciali in grado di agire sui numerosi punti elencati che investono ognuno un potere decisionale, spesso anche vincolante gli altri.
Oppure bisogna pensare al Commissario come persona dotata della “Volontà” di attuare la Legge mentre finora, a quanto si vorrebbe sospettare, le Regioni inadempienti, ma anche tutti gli altri coinvolti, non avrebbero voluto. Difficile pensare che sia solo una questione di volontà: troppo mortificante per il Paese e per la capacità delle Regioni di amministrare.
La questione si risolve a mio parere in una più semplice e chiara decisione: gli OPG sono inadeguati, il matrimonio Carcere-Salute Mentale non offre più soluzioni credibili. L’unica proposta credibile è quella di emanare un Decreto Legge, e le ragioni per l’urgenza ci sono tutte, che consenta alle Regioni, in collaborazione con il Ministero della Giustizia di sgomberare/sfrattare/svuotare/evacuare le attuali strutture, requisire pochi reparti ospedalieri, nel patrimonio delle tante strutture pubbliche inutilizzate, dove collocare i pazienti e prevedere una straordinaria collaborazione, limitata nel tempo, del Ministero della Giustizia per fornire il piantonamento degli internati. Basta poco. Questo auspico che accada al più presto.
La relazione con le persone, la cura della salute mentale, la riabilitazione non si basano solo sul senso di umanità, che ha sicuramente utilità ed offre un margine migliore per ottenere risultati, ma è fortemente basata sulla competenza e professionalità degli operatori sanitari che si dedicano a tale compito. Un compito che rende poco in qualità di immagine, ma lascia una traccia davvero importante negli operatori stessi e negli utenti/pazienti. Quella professionalità che è richiesta alle strutture che dovranno, fuori dalle rigidità del Carcere, far fare il salto di qualità tra cura, rinchuisa nella custodia, e cura espressa nella libertà organizzativa e gestionale.
Franco SCARPA
Psichiatra Direttore Unità Operativa Complessa
Salute in Carcere USL 11 Toscana
Montelupo Fiorentino
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