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HETERONYMOS: TRA LA RETE E IL MONDO

10 Ott 17

A cura di galzigna

Seduto, solo, davanti al computer. Apro la pagina del mio blog. Avevo deciso di presentarmi nella blogosfera, dove ero conosciuto come VALMONT, con il mio nuovo nickname, HETERONYMOS: l'uomo dai tanti nomi, l'uomo dal nome diverso. Un appellativo, dunque, per la blogosfera. Un nome singolare che veicola una presenza plurale. Heteronymos è l'Uno-molti: la personificazione di un ossimoro: un rizoma, come lo pensavano Deleuze e Guattari, e non una radice. Un soggetto che vive nella molteplicità dei suoi registri espressivi, creativi e produttivi. Multum in parvo, come recita l'antico adagio latino: sul piccolo schermo luminoso, a definire quel nome, molti linguaggi, molti vissuti, molte avventure, molte pulsioni…
Heteronymos è il nome di una maschera. Lo so da molto tempo: la fragile identità che cerchiamo di garantire e di raccogliere sotto ogni nostra maschera, "non è che una parodia: il plurale la abita, anime innumerevoli vi si disputano". Cosí Michel Foucault, assieme e dopo Nietzsche. Così Foucault, la cui parola, ancor oggi, arricchisce e destabilizza. Le sue genealogie servono a decostruire l'io: l'idolo tarmato tanto inviso a Gadda, il "gran lombardo". Servono a mettere a fuoco i "sistemi eterogenei" che 
proliferano "sotto la maschera del nostro io". Servono a produrre "la dissociazione sistematica della nostra  identitá". È possibile inventare, nella rete e nel mondo, itinerari che rendano possibile un uso creativo di questa dissociazione volontaria, consapevole e sistematica. Momenti creativi. Momenti di rottura.
Per scegliere una denominazione adatta al mio blog, ho fatto riferimento ai diversi eteronimi che popolano l'opera di Fernando Pessoa. Heteronymos, dunque: l'Uno che racchiude i Molti. Una sola moltitudine. Uno spazio multicolore. Ricco di parole, di testimonianze, di dati: laddove, come vuole Don De Lillo, "i dati stessi sono pieni di calore e di passione". Sono "un aspetto dinamico del processo della vita". Laddove "l'imperativo digitale" definisce "ogni respiro dei miliardi di esseri viventi del pianeta". Lì c'è "il palpito della biosfera", e "i nostri corpi e oceani" diventano "integri e conoscibili" (Cosmopolis). Proprio lí, sullo schermo luminoso: accessibili, integri e conoscibili nel momento stesso in cui riesco a utilizzare creativamente il computer, trasformandolo – come scrisse un tempo Sherry Turkle, prima di essere irretita dall'inganno terapeutico –  in una MACCHINA PER L'INTIMITÀ, capace di infondere vita all'algoritmo digitale. 
Di contro, la miseria e la vacuità dei dibattiti teorici senza fine e delle dispute accademiche sulle differenze o sulla presunta dicotomia tra reale e virtuale…
Seduto, solo, davanti al computer. Con me stesso, con tanti altri, con il mondo.

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