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I CANI DEPRESSI DI PAVLOV E IL PTSD

25 Mar 19

A cura di avico.raf


Nel suo Somatic Experiencing Peter Levine dà vere illuminazioni a riguardo della fenomenologia del PTSD, partendo da una solida conoscenza della psicologia evoluzionista, della biologia dell'emotività e da un'attenta osservazione del comportamento degli animali.

Levine, in un passaggio a fine libro, cita il fisiologo Ivan Pavlov, -famoso per il nobel conferitogli a riguardo dello studio sui riflessi e sul condizionamento/apprendimento fatto sui cani-, a proposito di quello che divenne in seguito conosciuto come l'esperimento dei “cani depressi”.

Pavlov, a seguito dell'assegnazione del Nobel del 1904, viveva di una certa popolarità che gli concesse di poter proseguire i suoi studi sul condizionamento/apprendimento fino agli inizi degli anni '20, quando una forte alluvione a San Pietroburgo gli fornì l'occasione per un'apertura verso nuove concettualizzazioni soprattutto in tema “trauma”.

Nel corso di questa alluvione, i suoi laboratori, con i cani dentro, vennero allagati: i cani vennero tratti in salvo ma Pavlov osservò nel comportamento degli animali alcune anomalie  a seguito di questo episodio fortemente traumatico:

  • i precedentemente osservati comportamenti appresi, scomparvero: i cani avevano come perso la memoria dei precedenti apprendimenti creati in laboratorio da Pavlov stesso
  • alcuni cani mansueti, divennero irascibili e aggressivi in modo anomalo; altri, molto aggressivi per temperamento, divennero remissivi ed evitanti

Queste osservazioni gli permisero di formulare una teoria esplicativa per fasi progressive, per tentare di chiarire i passaggi psicologici in casi di trauma protratto, o anche solo di stress prolungato:

  1. la prima fase fu definita da Pavlov fase equivalente: in questo stadio, l'animale reagiva con lo stesso grado di intensità a stimoli sia deboli che forti: sembrava cioè presentare delle risposte livellate su una stessa intensità, al di là del tipo si sollecitazione cui fosse sottoposto

  2. la seconda fase, definita paradossale (o anche seconda reazione di Pavlov allo stress prolungato), consisteva in un'inversione dei tipi di risposta (veniva data una risposta forte a uno stimolo debole, e una risposta mite a uno stimolo molto forte); questo, osserva Pavlov, è rintracciabile solo negli essere umani fortemente traumatizzati (per esempio un reduce di guerra ipersensibile a ogni lieve rumore improvviso, ma calmo nel corso di un attacco terroristico)

  3. la terza fase fu definita da Padov ultra-paradossale o transmarginale: in essa si osservava che oltre una certa soglia di attivazione o sovraccarico “nervoso”/neuronale, i cani smettevano di rispondere a un qualunque stimolo, precipitando in una condizione di blocco (da qui la definizione di esperimento dei “cani depressi”). Da notare l'evidente connessione alla recentissima Teoria Polivagale di Stephen Porges, qui approfondita. Quand'anche poi gli animali fuoriuscissero da questo stato di blocco o torpore, presentavano, come si diceva, comportamenti imprevisti.
    Questi comportamenti vennero definiti da Pavlov “anormali e insensati”, come se il trauma, con il suo stordimento, avesse avuto il potere di perturbare in modo temporaneo il primario riflesso di avvicinamento/evitamento, osservabile in qualunque animale dotato di sistema nervoso (mi avvicino a qualcosa che mi procura benessere, mi allontano da ciò che mi nuoce, legge biologica che, in condizione di normalità, guida il comportamento di tutti gli esseri dotati di sistema nervoso, dall'ameba all'uomo), portandoli a “perdere la bussola” in senso psico-biologico.

Queste osservazioni sorprendendo per la loro attualità, pur essendo formulate nei primi 30 anni del '900. Ciò che colpisce, è la comparsa del modello a stadi progressivi che vuole descrivere la fenomenologia delle risposte a stress prolungati o traumatici, ancora una volta sintetizzabile in un modello “a dente di sega” (vedasi immagine).

Inoltre, anche qui ci troviamo di fronte a un modello di lettura del PTSD, che contempla diversi momenti e sviluppi:

  1. AVVENTO DEL TRAUMA (IMMOBILITÀ+PAURA)

  2. STRESS POST TRAUMATICO

  3. RISPOSTE POSSIBILI: ATTIVAZIONE DEL SN IN SENSO DI IPER-AROUSAL OPPURE COLLASSO/RESA

  4. EVENTUALE INTERVENTO CLINICO

È interessante inoltre osservare, come Peter Levine spiega, che spesso il lavoro con i pazienti grandemente traumatizzati e bloccati in uno stato di torpore/resa simil-depressiva (qui non si tratta di depressione melanconica, ma di depressione post-traumatica, che ha caratteristiche peculiari), va incontro a un'iniziale “riattivazione” e alla ricomparsa del riflesso di “orientamento”, con un graduale reinvestimento da parte del paziente sulla realtà del presente.

Levine, in questo modo, vuole chiarire come l'uomo sia naturalmente portato a muoversi nella realtà seguendo un principio di avvicinamento/evitamento, orientandosi di volta in volta all'interno della realtà che lo circonda (come qui approfondito): a seguito di un trauma, questa risposta naturale può apparire compromessa.

 

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