Imperdibile……
Uno dei film più belli – mi si passi un termine genericamente riduttivo – che mi è dato di aver visto negli anni sul tragico del materno, in tutte le sue sfaccettature e ambiguità. Del materno, e non solo, ma è questo il suo fulcro.
In una Romania alta borghese e corrotta, ma anche densa di autentiche umanità, si sviluppa il dramma di una madre, una Cornelia, Cornelia Kerenes il suo nome, possessivamente legata all’unico figlio maschio da uno struggente e violento amore ambivalente. La sua “meravigliosa creatura” (come recita l’inattesa colonna sonora affidata alla sola canzone della Nannini), che per natura non sarà mai sua se non all’interno della follia psicotica, ha un tragico incidente d’auto che le offrirebbe l’occasione di “aiutarlo” e tentare di riprenderlo corruttivamente a sé….ma le cose non andranno proprio così. Non ve lo anticipo….
Splendida prova d’attrice di Luminita Gheorgin, che col suo solo volto regge quasi tutto l’impianto scenico, questa moderna tragedia greca di stile teatrale ma del tutto scorrevole e avvincente, risente delle influenze sia delle auto confessioni del cinema bergmaniano che della tecnica e delle tematiche del nuovo cinema scandinavo, ma possiede tutta una sua peculiare originalità. La parte del monologo finale, una specie di assolo della Madre alla presenza di un’altra madre, è uno dei più intensi del cinema contemporaneo. Perché parlo di originalità? Molti sono, ovviamente, i film sul materno avviluppante e castrante nella vita dei figli, e anche Il caso Kerenes poteva fermarsi a questo tragico grido d’accusa. Ma la sua novità, direi la sua eccentricità, sta nel non risolvere la vicenda in una figura di madre “cattiva”, cogliendone invece acutamente tutta la dolorosa complessità che si dischiude nella confessione finale: è sì lei il carnefice ma anche la vittima. E’ lei, soprattutto, l’assoluta protagonista, e non il figlio Barbu: è il caso Kerenes.
Uno dei film più belli – mi si passi un termine genericamente riduttivo – che mi è dato di aver visto negli anni sul tragico del materno, in tutte le sue sfaccettature e ambiguità. Del materno, e non solo, ma è questo il suo fulcro.
In una Romania alta borghese e corrotta, ma anche densa di autentiche umanità, si sviluppa il dramma di una madre, una Cornelia, Cornelia Kerenes il suo nome, possessivamente legata all’unico figlio maschio da uno struggente e violento amore ambivalente. La sua “meravigliosa creatura” (come recita l’inattesa colonna sonora affidata alla sola canzone della Nannini), che per natura non sarà mai sua se non all’interno della follia psicotica, ha un tragico incidente d’auto che le offrirebbe l’occasione di “aiutarlo” e tentare di riprenderlo corruttivamente a sé….ma le cose non andranno proprio così. Non ve lo anticipo….
Splendida prova d’attrice di Luminita Gheorgin, che col suo solo volto regge quasi tutto l’impianto scenico, questa moderna tragedia greca di stile teatrale ma del tutto scorrevole e avvincente, risente delle influenze sia delle auto confessioni del cinema bergmaniano che della tecnica e delle tematiche del nuovo cinema scandinavo, ma possiede tutta una sua peculiare originalità. La parte del monologo finale, una specie di assolo della Madre alla presenza di un’altra madre, è uno dei più intensi del cinema contemporaneo. Perché parlo di originalità? Molti sono, ovviamente, i film sul materno avviluppante e castrante nella vita dei figli, e anche Il caso Kerenes poteva fermarsi a questo tragico grido d’accusa. Ma la sua novità, direi la sua eccentricità, sta nel non risolvere la vicenda in una figura di madre “cattiva”, cogliendone invece acutamente tutta la dolorosa complessità che si dischiude nella confessione finale: è sì lei il carnefice ma anche la vittima. E’ lei, soprattutto, l’assoluta protagonista, e non il figlio Barbu: è il caso Kerenes.
“……Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è sempre stato, prima di ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò che è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
Alla solitudine la vita che mi hai data.”
P.P. Pasolini, Supplica a mia madre
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