Alcuni casi di depressione senile sono riconducibili ad un “giorno del giudizio” che, inevitabilmente, arriva alla fine della vita. Ho tratto alcune riflessioni in proposito dalla mia esperienza clinica, ripensata alla luce dei suggerimenti offerti da Baudelaire nella sua poesia “La rançon” (il riscatto), che riporto qui sotto:
L’homme a, pour payer sa rançon,
Deux champs au tuf profond et riche,
Qu’il faut qu’il remue et défriche
Avec le fer del la raison ;
Pour obtenir la moindre rose,
Pour extorcer quelques épis,
Des pleurs salés de son front gris
Sans cesse il faut qu’il les arrose.
L’un est l’Art, et l’autre l’Amour.
Pour rendre le juge propice,
Lorsque de la stricte justice
Paraitra le terrible jour,
Il faudra lui montrer des granges
Pleines de moissions, et des fleurs
Dont les formes et les couleurs
Gagnent le suffrage des Anges.
L’arida definizione di “depressione senile” va esplicitata e ricondotta all’esperienza interiore dell’anziano, se vogliamo essergli d’aiuto. L’idea che mi sono fatto è che un “giorno del giudizio” (anche in versione laica) viene per tutti in vecchiaia o quando, comunque, ci si sente vicini alla fine. In tale condizione, il giudizio degli altri conta sempre meno, perché ci si sta congedando da tutti. Non è, quindi, più possibile attribuire valore alla “assoluzione” e all’elogio, ottenuti con l’inganno dagli altri, allo scopo di assolvere ed elogiare noi stessi, trovando nei giudizi altrui una conferma dell’auto-inganno. Di fronte al giudice interiore inesorabile, che compare in quel momento, non è più possibile mentire: se ciò non corrisponde al vero, non si può più dimostrare che ci siamo riscattati perseguendo (con tenacia ed usando la forza della ragione) gli unici scopi per cui vale la pena di vivere: la Bellezza (l’Arte soprattutto) e l’Amore. Ci sono intere categorie professionali che sono particolarmente esposte a questo rischio: quelle per cui la menzogna e l’inganno (col rischio di alimentare l’auto-inganno) rappresentano “ferri del mestiere”.
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