Perché l’altro risulta inquietante? In questo articolo analizzo la questione della paura del diverso a partire delle riflessioni di Lacan nei Seminari VII e X. Lo straniero è l'Altro per eccelenza, ma nell’inconscio, il primo Altro per il soggetto è rappresentato dalla figura della madre.
La madre è colei ha la funzione di decifrare la domanda, di riconoscere il desiderio del bambino. E’ l’Altro primordiale, l’Altro onnipotente.
Christine di Stefano, ha creato l'espressione M(other), servendosi della lingua inglese che nella parola madre contiene anche l'altro, per rendere visibile come le madri siano in uno spazio-altro (altro dal luogo pubblico dove si prendono le decisioni). In quest'ottica, fa una rilettura del sociale, a partire da ciò che la filosofia politica esclude dal suo campo visivo. Il femminismo ritiene infatti che la finalità dell’ordine politico sia l’espellere quello che Rousseau stigmatizza quale “disordine delle donne” (secondo il parere della Irigaray e gran parte delle femministe italiane, della negazione della madre e del suo potere). Io prendo in prestito questa espressione “m-other” in un senso molto diverso.
C'è anche un film intitolato “The others”, del regista spagnolo Alejandro Amenabar, un film tra l'altro che tratta sulla follia materna e dei fantasmi. Il fantasma in Psicoanalisi è inteso come una costruzione che il soggetto produce perchè la realtà eccede la simbolizzazione, ovvero tocca qualcosa del Reale. (E’ come se il Simbolico fosse una specie di mantello, una specie di rete che si estende sopra tutte le cose, ma che non riesce a coprire totalmente tutto). La fantasia sorge per riempire il vuoto, la mancanza della finzione simbolica. C’è un “ritiro fuori simbolico”. Non tutto si può riassorbire nel simbolico: ciò che non si lascia significantizzare è il resto reale.
Il Simbolico nella sua operazione di dominio, regolazione, orientamento dell’immaginario, trova un punto di arresto, definisce un impossibile che Lacan chiama Reale. Lo spazio-altro, ovvero ciò che non si vede, è il Reale. Sarebbe come quando, di fronte a un quadro, ciò che ci orienta lo sguardo -ma che non si vede- sono i punti di fuga. Ma questo Reale (la parte di realtà che rimane non simbolizzata) ritorna sotto forma di apparizione spettrale. La verità è allora la realtà in quanto essa è sempre simbolizzata, mentre lo spettro da corpo a ciò che schiva la realtà.
Il Reale è legato alla madre in quanto possiamo pensare che la madre incarna l’alterità radicale. Freud, nel suo saggio “Das Unheimliche”, e che è stato tradotto in italiano come “Il perturbante”, mostra che, in tedesco, la estraneità, l’, è connessa al termine heimlich, che vuol dire familiare. L'unheimlich non è semplicemnte l'opposto del familiare come si potrebbe invece pensare. Se infatti si passa alla seconda definizione di heimlich, il dizionario riporta i termini: nascosto, celato e frasi idiomatiche in cui heimlich è abbinato alla magia ed al mondo sotterraneo. In questa seconda accezione, dunque, heimlich viene quasi a coincidere, a sovrapporsi alla sua negazione, quando appunto lo si intende come “tutto ciò che dovrebbe restar…segreto, nascosto e che invece è affiorato”. C’è una sorta di immanenza dello strano nel familiare. (E qui penso alle femministe Luce irigaray, Luisa Muraro, ecc., che hanno molto scritto e teorizzato sull’aspetto terribile e illimitato dell’esperienza con la madre che non è simbolizzabile, che è inerte alla simbolizzazione).
Il godimento della madre è inquietante; essere stati goduti lascia traccie nell’inconscio. Uno dei modi che usò Freud per parlare sull'alterità irriducibile, sul registro del Reale in lessico lacaniano, furono i miti. Il più famoso è quello di Edipo, ma oltre tanto interessante è il mito di “Totem e tabù”. In questo mito che inventò Freud, c’è una specie di padre delle origini che ha il privilegio di poter godere di tutte le donne. Cosa voleva rappresentare Freud con questo mito? La lezione principale è l'idea che noi identifichiamo il godimento con l’avere, anzi con un godimento che viene accumulato in modo indebito. In questo modo, attraverso il sembiante di un padre, gli rimproveriamo di avercelo confiscato, di tenerlo tutto per sé. Ovvero, c’è una incarnazione, seppure immaginaria, di quello che ci ha rubato il godimento. J.-A. Miller in una conferenza disse che l’altro è inteso come colui che mi sottrae il godimento e che la formula più generale del moderno razzismo è l’odio del modo specifico con cui l’altro gode. Ma se l’Altro è dentro di me, l’origine del razzismo è dunque l’odio verso il mio stesso godimento.
0 commenti