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IL GOYA DI TODOROV E L’EFFETTO PERTURBANTE DELLA SUA PITTURA

17 Nov 14

A cura di Mario Galzigna

Riutilizzo, qui, parzialmente, qualche riflessione già sviluppata a proposito dell'opera di Todorov sulla pittura dei lumi. In quel libro ero rimasto affascinato dal capitolo VIII, dedicato a GOYA. A Goya Todorov aveva già dedicato una monografia, nel 2011, tradotta per Garzanti nel 2013. Lo studio del tardo illuminismo – per Todorov e per altri – è davvero il campo di battaglia di chi, studiando il razionalismo dei "lumi", ha voglia mettere in evidenza i suoi limiti, le sue implicazioni politiche, le sue poste in gioco in termini di potere, di dominio, di tecniche normalizzatrici (vedi Scuola di Francoforte). Nel tardo illuminismo trovi la RATIO, ma anche le sue zone d'ombra, i suoi rovesci opachi, i suoi "oltrepassamenti". A me questo è successo studiando DIDEROT. La stessa cosa accade a TODOROV, studiando GOYA. Nella didascalia di uno dei CAPRICCI (n.43), Goya scrive: "IL SOGNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI". Il SOGNO – non il SONNO – della ragione produce mostri. I mostri prodotti dalla nostra mente. I mostri prodotti dal nostro inconscio. Ragione e sragione, in non poche opere del tardo illuminismo, coabitano, convivono, mantenendo intatta la loro specificità e la loro differenza. Certe opere di Goya rappresentano, davvero, una SINTESI DISGIUNTIVA di queste due dimensioni eterogenee…                                                                                                                                       Torniamo, ora, alla monografia che Todorov dedica a Goya. Subito dopo la rivoluzione francese, le idee dell'illuminismo si diffondono in Europa. A portarle in Spagna non sono però i libri dei filosofi ma l'esercito di Napoleone, che occupa il paese tra il 1808 e il 1813, imponendo un regime repressivo e spietato. L'evidente contraddizione fra gli ideali di fraternità e armonia del pensiero dei lumi e la brutalità e il caos della guerra di conquista turba e confonde le migliori coscienze del continente: tra di loro Francisco Goya, uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. In risposta ai tragici avvenimenti di cui è testimone e alla malattia che lo colpisce privandolo dell'udito, Goya abbandona i soggetti convenzionali che gli sono valsi il successo alla Corte di Spagna e intraprende un viaggio nell'ombra raffigurando in opere sempre più inquietanti ed estreme, spesso rigorosamente private, i mostri e gli incubi che abitano le menti e i cuori degli uomini e che possono condurre alla violenza, alla tortura, alla follia. Sono gli anni dei Capricci, immagini che sembrano piombare lo spettatore nelle pagine di Franz Kafka; dei Disastri della guerra; delle celebri pitture della Casa del Sordo, testimonianza dell'estrema vecchiaia e solitudine. Nel suo libro Tzvetan Todorov, osservatore lucido e inquieto del disordine del nostro tempo, legge il percorso di questo genio indiscusso mettendone in evidenza la formidabile attualità. L'appartenenza di Goya alla temperie illuminista – spesso messa in risalto, forse troppo acriticamente, da Todorov – entra in contraddizione proprio con il versante "notturno" della sua pittura.

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1 commento

  1. galzigna

    A proposito del sonno/sogno
    A proposito del sonno/sogno della ragione che genera mostri, Todorov – p. 82 – rinvia ai “commenti dell’epoca, la cui redazione presumibilmente è dovuta a persone della cerchia del pittore, che hanno trascritto le sue spiegazioni delle incisioni”. In uno di questi “commenti dei C a p r i c c i” – conosciuto come “il manoscritto del Prado” – possiamo leggere: “L’IMMAGINAZIONE [fantasia] ABBANDONATA DALLA RAGIONE GENERA MOSTRI IMPOSSIBILI; UNITA AD ESSA, E’ LA MADRE DELLE ARTI E L’ORIGINE DELLE SUE MERAVIGLIE”. Commenta Todorov più avanti: “E’ abolita ogni netta distinzione tra noi, gli ‘illuminati’, e il mondo delle tenebre, tra il regime diurno della coscienza e quello notturno delle passioni inconsce” (p. 84).

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