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Il processo alle classi miste

11 Feb 13

A cura di FRANCESCO BOLLORINO

"Le scuole cattoliche francesi annunciano che le classi miste sono un danno e propongono di ritornare all'antica divisione tra maschi e femmine. Cio' per proteggere dicono, le ragazze, che sono mediamente piu' brave e che rischiano di rimanere intimidite dai comportamenti machisti dei compagni di scuola. (…….) L'invito e' questo, e ci sarebbe da rifletterci sopra, da pensare le convenienze e i disagi, da aprire insomma il famoso dibattito, ma a me sembra una sciocchezza".

Cosi' scrive Marco Lodi su La Repubblica dell'8 gennaio.

Abolire le classi miste, dunque? Sembra che, dice l'articolo, esista un divario quasi incolmabile tra maschi e femmine a scuola: i primi sono pigri, apatici, aggressivi e distratti (forse piu' attenti solo alla tecnologia),mentre le ragazze studiano, si impegnano, dimostrano un linguaggio ed un pensiero piu articolato e maturo, hanno piacere per lo studio e sensibilita' in genere verso la vita. Le ragazze, quindi, sarebbero danneggiate dalla presenza rumorosa e caotica dei maschi i quali, a loro volta, sarebbero esposti al confronto umiliante con chi e' piu' bravo, piu' capace, in un mondo che valorizza le capacita' individuali e fa del successo personale l'obiettivo principe della vita.

A prima vista, sembra un'ipotesi che ci riporta indietro, un'iniziativa reazionaria,maschilista, discriminatoria; in una parola, cancellare con un colpo di spugna i progressi delle ultime generazioni e l'enorme cammino evolutivo fatto dalle donne negli ultimi quarant'anni.

Ci asteniamo da prendere posizioni di natura politica sull'attuale governo francese — che peraltro non condividiamo — ed intendiamo solo cogliere lo spunto, se vogliamo un po' provocatorio, per una riflessione sull'adolescenza.

O meglio, su quello che Meltzer chiama "il gruppo pubere omosessuale".

Scrive Meltzer: "….. La maggior parte dei ragazzi esce dal periodo di latenza e trova la possibilita', durante l'adolescenza, di costituire una comunita' di giovani della propria eta'. Questo fatto, abbastanza tipico della nostra cultura, sembra incominciare dalla formazione di un gruppo dello stesso sesso, di ragazzi o di ragazze. Questi gruppi sono molto differenti dai gruppi di amici durante il periodo di latenza, in quanto sono tenuti insieme principalmente da intensi processi di identificazione." – e ancora – " La preoccupazione principale durante la puberta', sembra sia il confronto con le gangs formate da persone dell'altro sesso e le rivalita' con altre gangs dello stesso sesso". Il passaggio nel gruppo che Meltzer definisce omosessuale, e che si colloca scolasticamente verso i 12- 14 anni e cioe' durante la scuola media inferiore, dominato da un assetto interno di tipo schizoparanoide in cui gli elementi ostili sono proiettati nel gruppo opposto per non percepire la sofferenza e i sentimenti depressivi, dovrebbe costituire un transito che conduce al successivo gruppo eterosessuale, il gruppo misto, in cui uomini e donne convivono e che, a livello interno, rappresenta l'accesso alla capacita' di "preoccuparsi per l'altro". Il gruppo pubere omosessuale e' nello sviluppo umano luogo di transito necessario per una normale vita adulta e viene successivamente abbandonato.

E' questa la spinosa eta' a cui verosimilmente si riferisce l'articolo e la proposta di legge. D'altro canto, chi lavora con pazienti adolescenti, cosi' come gli insegnanti e la sola esperienza di genitore, conferma quanto sia mutato lo scenario delle relazioni tra i sessi e quanto, effettivamente nella puberta', si osservino questi mutamenti. La necessita' che il ragazzo e la ragazza vivano a pieno l'esperienza del gruppo omosessuale sembra sostenuta dal fatto che e' proprio all'interno di questo gruppo e delle identificazioni con gli altri che si cimenta l'autostima, problema oggi cosi' sentito nelle nuove generazioni, dunque la possibilita' futura di sostenere il confronto, le difficolta' e in ultima analisi, le vicende della vita.

Gli adolescenti, si sa, sono lo specchio dei tempi. Sono loro a racchiudere le contraddizioni degli adulti e della societa', sono loro ad incarnare le proiezioni e le aspettative di un mondo secondo cui "per crescere bisogna andare avanti senza pieta', diventare abili, avere successo…..infliggendo sofferenze agli altri" (Meltzer). Gli adulti stessi, noi tutti, siamo parte di un certo clima culturale che sottovaluta l'importanza degli ambiti collettivi per esasperare le scelte individuali e i successi privati.

Tornando alle nostre classi, e tenuto conto dei contributi che, tra i molti, abbiamo scelto sulla psicoanalisi dello sviluppo umano, e'da chiedersi dunque: cosa accade alle ragazze mentre vogliono studiare e sono disturbate dal compagno di turno? E cosa accade ai ragazzi ripresi dall'insegnante, mortificati sia per lo scarso rendimento che per il confronto perdente con le compagne? Premesso che andrebbe chiesto a loro, possiamo ipotizzare pero' che ci sia, da entrambe le parti, una sofferenza: per le ragazze, la necessita' di difendersi da un'aggressivita' spesso gratuita ed insensata, e per i maschi la dolorosa esposizione al confronto umiliante, alla non riuscita, e alla rabbia che ne consegue e che alimenta il circuito vizioso del ricorso all'azione.

In questo senso, se non utilizzata in modo reazionario, se non andasse ad alimentare nuove scissioni e nuovi risentimenti dell'uomo verso la donna, possiamo forse intravedere un barlume di razionale scientifico nella proposta francese. Vale a dire, nella fase puberale della scuola media — dopo la latenza delle elementari e prima del gruppo adolescenziale piu' tardivo — non sarebbe del tutto privo di senso una transitoria separazione nelle classi (ma non nella scuola intesa globalmente) di maschi e femmine, affinche' si favorisca il gruppo omosessuale pubere per identificazione, come inteso nell'accezione che abbiamo qui seguito.

"Mi sembra che dal punto di vista della psicopatologia il gruppo di maggiore interesse sia il gruppo pubere, in quanto nel momento in cui il giovane entra nel vero gruppo adolescenziale, egli comincia a poter sperimentare dei vissuti depressivi, e' capace di soffrire e quindi di avere un buon sviluppo. ….. La psicopatologia sembra ritrovarsi soprattutto nel gruppo omosessuale, che potremmo anche chiamare gruppo psicoparanoide, mentre il gruppo eterosessuale e' essenzialmente un gruppo depressivo e ha buone possibilita' di sviluppo. Voi capite che non sto parlando di comportamento omosessuale e eterosessuale, ma sto parlando di motivazioni, perche' dal punto di vista descrittivo, e' molto difficile dire se un comportamento ha un significato omosessuale o eterosessuale. Come per esempio nelle scuole e nei collegi, dove si parla molto di comportamento omosessuale, questo comportamento in gran parte ha un significato eterosessuale. Mentre al contrario tra individui che vivono assieme si possono avere comportamenti eterosessuali che hanno significato omosessuale"
(Donald Meltzer)

Concludendo, non nascondiamo tuttavia il timore — se usciamo dalle leggi del mondo interno e guardiamo alla questione sotto il profilo dei mutamenti sociali — che sotto tali proposte legislative si nasconda il desiderio di ripristinare l'ordine perduto, quell'antica sicurezza che garantiva all'uomo il controllo e la separatezza dalla donna, l'arbitrio sui ruoli sessuali e la nostalgia verso un mondo di certezze e di limiti definiti. Ci sembra che in questa direzione vada anche la nostrana proposta di riapertura delle case chiuse, nel cui merito qui non entriamo, ma che tuttavia pare muovere dallo stesso spirito restaurativo.

Resta interessante da valutare, in altra sede, l'enorme conseguenza e l'impatto che tutto cio' puo' avere sui sessi: una migliore integrazione o il malinconico ritorno a quel luogo di isolamento che Virginia Woolf chiamo' una stanza tutta per se'?

*In collaborazione con Gabriella Ferrigno ( Dipartimento di Neuroscienze – Università di Genova)

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