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Il razzismo nelle istituzioni psichiatriche- il caso del Regno Unito

1 Nov 18

A cura di Luigi Benevelli

 

Suman Fernando è uno psichiatra originario dello Sri Lanka che vive e lavora nel Regno Unito, attualmente presso la London Metropolitan University. Egli si occupa da tempo del “razzismo istituzionale”[1] nei servizi di assistenza psichiatrica inglesi e ha curato l’edizione di due testi  importanti e di grande interesse sulle culture professionali nel National Health Service (NHS) e sulle relazioni fra le stesse e il potere politico-istituzionale- professionale:
  • Mental health, race and culture, Palgrave Mac Millan, terza edizione 2010
 
  • Institutional racism in psychiatry and clinical psychology race matters in mental health, Palgrave Mac Millan, 2017.
 
Fino alla seconda guerra mondiale il Regno Unito è stato la più grande potenza coloniale mondiale e negli anni del secondo dopoguerra la società britannica è andata popolandosi di molte persone immigrate provenienti dai paesi del Commonwealth ex- colonie, diventando davvero multiculturale, multietnica.
Un tale nuovo assetto della popolazione ha consentito una grande quantità di relazioni positive, ma anche lo sviluppo di tensioni inter-etniche, episodi di discriminazione, conflitti fra residenti europei e non-europei che hanno posto problemi inediti e lanciato sfide specifiche alla politica e all’establishment britannico, organizzazioni professionali mediche comprese. Di qui le tensioni razziali e i fenomeni di intolleranza e criminalizzazione delle minoranze di colore nel loro rapporto con le forze dell’ordine  e con il Servizio sanitario nazionale (NHS) del quale sono utenti e nel quale operano molti professionisti anch’essi provenienti dai paesi del Commonwealth.




Fernando cita alcune vicende assurte all’interesse della politica, del Parlamento e del Governo:
  • L’uccisione in South London nel 1993 di Stephen Lawrence, un giovane di colore, da parte di una gang di giovani bianchi. In quel caso il comportamento della polizia fu tacciato di “razzismo istituzionale”. Il governo conservatore rifiutò di condurre un’inchiesta sulla vicenda, cosa invece che fu decisa dal successivo governo a guida laburista. Fece seguito il Rapporto Macpherson (1999) le cui conclusioni furono fatte proprie dal governo laburista che adottò modifiche nelle procedure della polizia.
  • Nello stesso anno Orville Blackwood e altri due afro-caraibici morirono nel manicomio giudiziario di Broadmoore. Il rapporto evidenziò il ruolo rilevante delle culture razziste dello staff nel portare alla morte gli internati.
  • Nel 1998  morì a Norfolk in un reparto psichiatrico ospedaliero  all’età di 38 anni David Bennett, dopo essere stato contenuto dal personale infermieristico. Egli aveva colpito un’infermiere intervenuto mentre era in corso un forte litigio tra lo stesso Bennett e un altro ricoverato che lo aveva insultato usando epiteti razzisti. Gli infermieri lo avevano tenuto a faccia in giù, braccia e gambe bloccate, per almeno 25 minuti. Il rapporto interno concludeva che il tempo dell’immobilizzazione era stato troppo lungo e raccomandava un miglior addestramento del personale. 
Dall’indagine risultò che Bennett, nella notte in cui morì, era stato insultato come un “essere inferiore” da altri pazienti, ma che fu l’unico ad essere punito anche se era stato il solo ad essere aggredito e insultato.
La famiglia rifiutò il verdetto di “morte accidentale aggravata dalla negligenza” ed avviò la campagna per un’indagine più approfondita che portò ad una inchiesta “indipendente” guidata da un Giudice dell’Alta Corte.
 
Da questa vicenda nacque nel 2001 il Rapporto Outside Inside redatto da Sashi Sashidharan[2], medico psichiatra dell’Università di Glasgow, propugnatore delle politiche per la salute mentale, protagonista delle lotte in tema di tutela dei diritti delle persone con diagnosi psichiatrica, e fra di loro quelle appartenenti alle minoranze etniche di colore, fortemente interessato alle vicende della assistenza psichiatrica pubblica italiana impegnata nella difficile  attuazione della legge 180/78. Ha firmato testi con Benedetto Saraceno e Roberto Mezzina. Nel suo Rapporto Sashi Sashidharan sosteneva la necessità di avviare cambiamenti radicali sia nei servizi di salute mentale (inside) che nei contesti di vita quotidiana delle persone di colore con problema (outside).
Gli amministratori dell’Ospedale rigettarono il Rapporto e l’Ufficio governativo che lo aveva commissionato scelse di non farne circolare il testo.
Non solo, ma quando Sashidharan stava per insediare un gruppo di lavoro per implementare le indicazioni del Rapporto, il Department of Health, vale a dire il Governo, affidò tale compito a professori di una struttura accademica che poco e niente si era occupata della questione razzismo. Così nel 2003 uscì il Delivery Race Equality (DRE) nel quale erano ignorate le indicazioni per politiche di empowerment delle comunità di colore.
Questa mia breve nota dice della quantità di pregiudizi razzisti presenti nella politica e nei corpi professionali della psichiatria nei riguardi delle persone di colore che vivono in Occidente, delle grandi difficoltà che si incontrano nell’Occidente anche ad ammettere che le discriminazioni esistono, sono diffusamente praticate, accettate, giustificate.
Quanto alla situazione italiana, nei servizi di salute mentale del servizio sanitario nazionale, pare che il problema continui ad essere del tutto marginale[3] e non sia mai assurto agli onori né della cronaca né della politica. Vale la pena di ritornarci anche per confrontarci con quanto accade nel mondo attorno a noi.

 


[1] La  locuzione “razzismo istituzionale” fu coniata da Stokely Carmichael e Charles Hamilton nel loro libro Black Power: the politics of liberation uscito negli USA nel 1967.
[2] S. Sashidharan, From outside to inside: improving mental health services for black and minority ethnic minorities in England, <The mental health review>, vol. 8, issue 3, sept. 2003.
[3] Segnalo come evento in controtendenza il numero 3/2017 della <Rivista sperimentale di freniatria> dedicato al tema della salute mentale delle popolazioni migranti.

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