di Gabriele Einaudi, Psicologo presso Studio di Psicologia Kintsugi, socio fondatore AISTED
Non ci sono più dubbi sul fatto che nella clinica sia importante considerare la persona nella sua interezza e sul fatto che un buon lavoro terapeutico debba considerare mente, corpo e relazione. Interventi top-down e bottom-up insomma entrambi necessari e che sempre più vengono integrati all’interno del percorso di cura. La psicologia evoluzionista e le neuroscienze ci informano di come ogni individuo porta con sé antichi sitemi di difesa che non consideravano la possibilità di essere in relazione con l’altro (combattere/fuggire/immobilizzarsi/collassare) e sistemi più evoluti che ci consentono di socializzare con altri umani e prevedono sistemi difensivi più sofisticati (es. sistema dell’attaccamento).
Anche la consapevolezza e la necessità di attribuire un senso a noi stessi e a ciò che accade è una proprietà emergente del nostro sistema nervoso sviluppata in millenni di storia. Sappiamo anche che esperienze e accadimenti possono alterare l’equilibrio e l’integrazione favorendo condizioni di sofferenza fino alla psicopatologia conclamata, come spesso nell’ambito della psicotraumatologia. Sovente ci si trova di fronte a persone che raccontano di stati difficilmente affrontabili solo con l’uso della parola e dei significati come ansia protratta, difficoltà relazionali e sociali, disregolazione comportamentale, ipersensibilità sensoriale. Sintomi target di un intervento di tipo bottom-up che ho deciso di approfondire in questo articolo: il Safe and Sound Protocol (SSP). Questo protocollo si inserisce all’interno degli studi del prof. Stephen Porges Distinguished University Scientist presso il Kinsey Institute e Professore del dipartimento di Psichiatria dell'University of North Carolina.
La teoria Polivagale da lui formulata è entrata nella clinica e sebbene approfondirla non sia l’obiettivo di questo scritto è importante ricordarne alcuni punti fondanti. Il nervo vago ricopre un ruolo centrale nel sistema nervoso autonomo, ne esistono due ramificazioni dorsale e ventrale. La prima, filologicamente più antica, si attiva soprattutto in situazioni di percepita grave vulnerabilità ed è responsabile degli stati di collasso e spegnimento. La seconda, più recente, è parte attiva del sistema che lo stesso Porges ha chiamato Social Engagement System (SES), la nostra più alta strategia automatica per l'auto-regolazione e che ci consente di entrare in relazione anche intima con gli altri. È innescata da segnali di sicurezza e frena le strategie difensive, permettendoci di sentirci sicuri, ad esempio, in un abbraccio, ma anche di riposare e digerire. Come sappiamo, l’attivazione del sistema nervoso autonomo non può essere razionale e avviene inconsciamente attraverso la neurocezione cioè la capacità dell'organismo di percepire il pericolo nell’ambiente fuori dalla nostra consapevolezza.
Il protocollo SSP è stato specificatamente formulato per regolare la neurocezione e stimolare, attraverso la sollecitazione uditiva, le vie neurali associate con l’attivazione del SES, permettendo così alla persona di esperire o di avvicinarsi alla sensazione corporea di una condizione di sicurezza. Più specificatamente l’intervento SSP nella sua forma standardizzata prevede l’ascolto di una musica elaborata con un particolare algoritmo per un’ora al giorno per cinque giorni consecutivi. La musica allena i percorsi uditivi concentrandosi sul range di frequenza del linguaggio umano. Attraverso l’orecchio medio – interessanti gli studi sulla contrazione del muscolo stapedio, il più piccolo muscolo striato del corpo umano con appena un millimetro di lunghezza! – viene sollecitato il funzionamento di due nervi cranici che sono importanti per promuovere il comportamento sociale quali il VII Nervo Cranico e, appunto, il X Nervo Cranico (Nervo Vago). Durante l’ascolto viene chiesto alla persona di non parlare, mentre è permesso svolgere attività poco attivanti quali ad esempio colorare, dipingere o modellare la plastilina. L'intervento è adatto a partire dai 18 mesi d'età. Il protocollo prevede due differenti set sonori: uno più adatto ai bambini, l'altro agli adulti.
Ormai da quasi due anni utilizzo nella clinica questo protocollo, talvolta adattando la somministrazione standardizzata alle esigenze specifiche della persona. Il SSP può essere applicato all’inizio di un percorso terapeutico, ma anche proposto più avanti nel corso del progetto di cura. Lo si può considerare un boost, un acceleratore del processo terapeutico. Diverse sono poi le persone che chiedono di usufruire dell’intervento proseguendo la terapia già in corso con altri colleghi. Capita spesso, ad esempio, con i bambini con disturbo dello spettro dell’autismo, i quali possono trovare giovamento da una maggior regolazione autonomica e sensoriale e che hanno già all’attivo terapie di tipo comportamentale. Come per ogni intervento sanitario credo sia utile monitorarne risultati ed efficacia. Nella mia pratica clinica propongo perciò un pre-test sugli aspetti sensoriali, il Brain-Body Center Sensory Scales (BBCSS) che poi ripropongo dopo sei settimane dalla fine del protocollo insieme ad un questionario qualitativo per i minori (SSP Questionnaire): di entrambi i questionari ho curato la traduzione italiana.
Oltre ai dati raccolti nella ricerca del gruppo statunitense di Porges, i risultati che ho raccolto sono molto incoraggianti. È possibile rinforzare i miglioramenti raggiunti riproponendo ad almeno sei mesi di distanza il protocollo. Durante l’ora d’ascolto il clinico deve osservare e monitorare la persona proponendo interventi di regolazione quando diventa necessario. Sono tante le informazioni ricavate dall’attenta osservazione durante il protocollo che può fare sia il clinico che la persona su sé stessa. Informazioni che possono poi essere un utile spunto per l’eventuale successivo percorso di cura. Concludendo, sono convinto che come tutte le tecniche il protocollo SSP sia un’utile risorsa a condizione di essere inserito all’interno di un contesto relazionale accogliente e che promuova – prima della tecnica stessa – un contesto ambientale e relazionale sicuro.
Breve bibliografia di riferimento:
Porges, S. W. (2014). La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione. Giovanni Fioriti Editore, Roma
Porges, S. W. (2018). La guida alla teoria polivagale. Il potere trasformativo della sensazione di sicurezza. Giovanni Fioriti Editore, Roma
Porges, S. W., Dana, D. (Eds). (2020) Le applicazioni cliniche della teoria polivagale: la progressiva affermazione della teoria polivagale nelle terapie. Giovanni Fioriti Editore, Roma
Ricerca peer-review
Porges, S. W., Macellaio, M., Stanfill, S. D., McCue, K., Lewis, G. F., Harden, E. R., Handelman, M., Denver, J., Bazhenova, O. V., … Heilman, K. J. (2012). Respiratory sinus arrhythmia and auditory processing in autism: modifiable deficits of an integrated social engagement system?. International journal of psychophysiology : official journal of the International Organization of Psychophysiology, 88(3), 261- 70.
Porges, S. W., Bazhenova, O. V., Bal, E., Carlson, N., Sorokin, Y., Heilman, K. J., Cook, E. H., … Lewis, G. F. (2014). Reducing auditory hypersensitivities in autistic spectrum disorder: preliminary findings
evaluating the listening project protocol. Frontiers in pediatrics, 2, 80. doi:10.3389/fped.2014.00080
Trial clinici in corso:
Examining the Effects of Processed Music on Chronic Pain ClinicalTrials.gov Identifier: NCT03083977
Optimizing the Social Engagement System in Prader-Willi Syndrome: Insights From the Polyvagal Theory ClinicalTrials.gov Identifier: NCT03101826
The Listening Project at Reiss-Davis/Vista Del Mar Child and Family Services ClinicalTrials.gov Identifier: NCT02398422
The Listening Project at the ADD Centre and Biofeedback Institute of Toronto ClinicalTrials.gov Identifier: NCT02680730
The Listening Project: Tuning Into Change ClinicalTrials.gov Identifier: NCT02064257
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