di Francesca Spinozzi, psicologa psicoterapeuta, Associazione Rete Italiana Noi e le Voci
Non siamo ranocchi pensanti, apparecchi per obiettivare e registrare, dai visceri congelati, – noi dobbiamo generare costantemente i nostri pensieri dal nostro dolore e maternamente provvederli di tutto quel che abbiamo in noi di sangue, cuore, fuoco, appetiti, passione, tormento, coscienza, destino, fatalità. Vivere – vuol dire per noi trasformare costantemente in luce e fiamma tutto quel che siamo, nonché tutto ciò che ci riguarda; non possiamo affatto agire diversamente.
FREDRICH NIETZSCHE, La gaia scienza
Lo studio delle voci ci mostra in maniera sempre più evidente il collegamento stretto tra le loro caratteristiche e la vita dell’uditore. Riascoltando le registrazioni degli incontri di gruppo noto come molte volte non parliamo delle voci, ma alla fine tutto è attinente ad esse e ci dà degli elementi nuovi su cui riflettere e che rendono più chiaro il senso e il significato delle singole voci.
Quando la signora Silvia riesce a chiedere alla sua voce: “Chi sei?”, lei le risponde: “Non mi riconosci? Sono la tua vita”. In effetti, questa voce, di sesso indefinito, la accompagna da sempre, fin da bambina, dapprima come una specie di istinto che la induceva a fare cose per cui veniva sempre rimproverata e punita, poi come voce vera e propria che le ordina di fare cose forse spiacevoli ma che rispecchiano il suo bisogno di reagire a situazioni non tollerabili. Silvia già da bambina, dai primi anni di vita, ha la voce, è una bambina vivace, che si porta dietro la storia di due genitori che rincorrono una gravidanza e sfidano le intemperie per raggiungere i primi specialisti della fertilità, che si trovano lontano; ci sono forse delle condizioni che impediscono il concepimento, passano tanti anni prima di riuscire a concretizzare il loro desiderio, chissà con quali ansie, paure che esso non possa realizzarsi. E la bimba nasce e dimostra con le sue marachelle che è viva, che vuole affermarsi, chissà se non ha dovuto lottare già prima di nascere.
La vita non è stata clemente con Silvia, perché ancora in tenerissima età perde una figura di riferimento fondamentale. Questa perdita segnerà poi la sua crescita, che sarà caratterizzata da un senso di inadeguatezza e di rifiuto. La voce la guida sempre di più alla ribellione (“Gli altri bambini non facevano quello che facevo io”), sedata dalle figure di riferimento sostitutive con le “botte”. Forse Silvia non può comprendere quanto le è accaduto, forse c’è in lei rabbia, che non sa come indirizzare, e forse gli adulti non riescono ad avere una comunicazione adeguata. Attualmente la voce non ha perso lo spirito birichino, troppo spesso però le dà degli ordini davvero estremi, che Silvia per fortuna non esegue. Insieme cerchiamo di capire il metamessaggio che si nasconde dietro tali ordini e che riguarda la necessità per lei di uscire da situazioni che la fanno stare sottomessa, suo malgrado.
Secondo Paolo, quando non parliamo delle voci, ci occupiamo di cose “che non c’entrano niente”. Invece, ci entrano eccome e proprio lui lo dimostra, con i cambiamenti che attraversa la sua voce, in risposta ai cambiamenti che lui mette in atto nella sua vita, cercando di modificare delle abitudini che sono alla base del suo disturbo, della voce che turba il suo sonno. “Alzati”, gli ripete, in una ripetizione infinita della notte in cui ha perso la persona più cara per lui in quel momento della sua vita, e che ha fatto un po’ morire anche lui. Paolo è restio a parlare della sua vita, in realtà sono gli episodi della sua vita che rendono più chiara la sua attuale esperienza. Troppe volte Paolo ha dovuto guardare in faccia la morte e la sofferenza profonda, tanto profonda da essere forse intollerabile e da portarlo al congelamento delle proprie emozioni, del proprio partecipare alla vita. Quando finalmente ha iniziato ad affrontare i fantasmi del proprio passato e ad apportare dei cambiamenti alla sua quotidianità, quando è passato dal “Sono finito” al “Forse tra qualche anno potrò stare meglio”, anche la voce si è modificata, non lo tormenta più la notte. Le emozioni iniziano a manifestarsi, Paolo si commuove se guarda un film, cosa per lui inconcepibile. Un sogno della perdita di un dente e del sapore del sangue distintamente sentito in bocca lo invita a tornare ad assaporare la vita e gli ricorda che per farlo deve accettare la perdita, deve finalmente elaborare il lutto che lo ha segnato quella drammatica notte.
La vita di Rosa ha un sapore amaro, qualcuno anni fa le ha infranto il sogno dell’amore vero. Oggi lei ringrazia la sua “crisi”: la sua mente, bloccata per troppi anni, si è sbloccata, ed ora Rosa sorride. Anche le voci la fanno sorridere, nonostante la sua solitudine, e c’è anche posto per un nuovo sogno d’amore.
Claudio arriva al gruppo tormentato da voci svalutanti e giudicanti e da un senso di oppressione da parte di “spiriti maligni”. Il suo senso di colpa sembra insuperabile, ha fatto davvero qualcosa d’imperdonabile. Ma, dopo anni di elaborazione, trova il coraggio di aprirsi al gruppo in tutta sincerità e questo percorso lo porta a perdonarsi, con ripercussioni positive sulla sua voce. Claudio appare finalmente più rilassato, meno influenzato da ciò che gli altri pensano di lui, meno nervoso. Anche in questo caso, un sogno raccontato al gruppo dimostra come i fantasmi del passato non possono più turbare la serenità raggiunta. Le voci svalutanti e le ombre nere che lo svegliano la notte non ci sono più, si presenta anche una voce dolce, protettiva.
Le vicende di vita di Luciana sono davvero traumatizzanti e dolorose e ciò ha contribuito ad aumentare le innumerevoli voci che la donna sente fin da bambina. Luciana ha cercato e trovato una spiegazione a tutto il male subito in un complotto ordito contro di lei da parte di chi la circonda, che le parla in continuazione di invidie, minacce e prospettive nefaste. Luciana più di tutti fa fatica a lavorare sulle sue voci, perché spesso confonde il piano reale con quello immaginario. Rimane intrappolata in una vita di sofferenza, con sprazzi di lucidità e di armonia col prossimo, con manifestazioni di affetto, alternati ad astio e sospettosità, con esplosioni di rabbia, in cui sfoga tutta la sua disapprovazione.
Le voci, “pensieri dialogici”, possono essere comprese a partire dalle proprie esperienze di vita e quest’ultime saranno sempre protagoniste negli incontri di gruppo, insieme poi ai progetti per la realizzazione di nuove esperienze, in un’ottica evolutiva e, soprattutto, di recovery.
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