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INCONTRO CON R.D.HINSHELWOOD

6 Feb 13

Di FRANCESCO BOLLORINO

SUFFERING THE IMPACT: Schizofrenia e Caregivers Professionali

Report di Paola Solano

 

"Non mi piacevano quei pazienti…Mi facevano arrabbiare e

mi irritava sentirli così distanti da me e da tutto ciò che è umano.

La mia è un’intolleranza sorprendente,

che fa di me un cattivo psichiatra".

(Freud, 1928, in Dupont 1988)

 

Il Presidente dell’ACANTO, Prof. Roberto Peraldo Gianolino, che, in collaborazione con la Scuola di Psicoterapia della COIRAG, ha realizzato questo l’evento, ha aperto la giornata con una relazione introduttiva.

L’ evento si è articolato in due sessioni, quella mattutina, in cui il Prof. Hinshelwood propone alcune riflessioni riguardanti le dinamiche che vengono attivate all’interno dei gruppi sociali in conseguenza della relazione con pazienti affetti da schizofrenia cui segue una discussione, ed una pomeridiana, in cui il viene proposta e discussa una seduta di psicoterapia di gruppo, fornita dall’associazione ACANTO.

Durante la sessione mattutina il Professor Hinshelwood analizza le dinamiche di gruppo attivate dalla complessità della relazione con il paziente schizofrenico, il cui mondo è lontano, estraneo e difficilmente accessibile non solo ai familiari, ma anche ai care-giversprofessionali. Tali dinamiche, afferma l’Autore, assumono il significato di veri e propri meccanismi di difesa cui la società, intesa sia come microgruppo familiare sia come collettività, ricorre per proteggersi da ciò che viene percepito come "diverso" e minaccioso. Il Prof. Hinshelwood continua, sottolineando l’importanza per l’essere umano di "dare un significato alle esperienze" ed afferma che una delle sfide proposte dal paziente schizofrenico, è proprio quella di conferire un significato all’esperienza psicotica, che ne è priva anche agli occhi del paziente stesso. E’ proprio questa mancanza di significato, intrinseca alla dimensione psicotico, che porta alla comprensione di quanto afferma J. Berke che, nel 1979, definisce la schizofrenia come la capacità di ingenerare inquietudine negli altri. "Sopportare l’assenza di significato è una fatica costante, che influisce sull’esperienza lavorativa", afferma Hinshelwood, ed induce l’operatore a ricercare ansiosamente, ma invano, tale significato, ingenerando così in lui un profondo senso di impotenza accompagnato da sensi di colpa e frustrazione. Il personale psichiatrico, in ragione della sua particolare sensibilità, verrebbe profondamente afflitto dall’impossibilità di entrare in contatto con l’universo psicotico del paziente: ciò produce un effetto boomerang che si traduce nell’incremento dell’entità delle difese da questi attivate. Queste difficoltà, incontrate dal singolo operatore, determinano il maturare di dinamiche che vengono a caratterizzare l’intero gruppo dei care- givers : tra queste, afferma l’Autore, è importante ricordare la tendenza a proiettare tale frustrazione in primis nel paziente, e poi, in un secondo momento, negli altri gruppi assistenziali. Ciò fa sì che il paziente venga etichettato come "irrecuperabile" e le altre organizzazioni assistenziali come "cattive" od "inadeguate".

Il Prof. Hinshelwood, facendo riferimento al modello proposto da Baratt (1996) riguardo al tipico iter seguito da un paziente dall’ingresso in un reparto psichiatrico, richiama l’attenzione su come questa mancanza di significato, tipica del paziente schizofrenico, sia causa della sua frequente spersonalizzione: questi, nella mente degli operatori, si cristallizzerebbe come "caso clinico" , riuscendo ad essere solo parzialmente reinvestito della propria soggettività. Tale percezione del paziente porta il personale psichiatrico ad adottare un atteggiamento scientificamente neutrale che, come già affermato dall’Autore nel 1999, favorisce l’instaurarsi di una relazione di meccanica rigidità, tendente alla cronicizzazione. Il Prof. Hinshelwood, a tal proposito, si sofferma a considerare come troppo spesso si tenda a confondere "il paziente" con "la malattia": viene così, in nome della sua condizione morbosa, ad essere negata all’individuo una propria volontà ed identità, assolvendolo da qualsiasi responsabilità per propri comportamenti e le proprie scelte.

L’Autore identifica nell’ideologia, che nasce in risposta alla necessità di certezza laddove c’è un’assenza di significato, la chiave delle dinamiche di gruppo. E’ fondamentale per ogni gruppo avere una propria ideologia che però, sottolinea Hinshelwood, non deve essere acriticamente accettata e vissuta come verità assoluta, ma sapientemente integrata con altri punti di vista, rendendo così possibile la comunicazione fra gruppi diversi. Qualora ciò non fosse possibile ci si espone a rischi disastrosi tra cui quello di una destrutturazione dell’organizzazione che ingenera panico nell’opinione pubblica e si traduce nell’ affannosa ricerca cambiamento da parte delle autorità competenti sottoforma di un rapido turnover degli operatori, pregiudicando così la possibilità di svolgere un buon lavoro di squadra.

Hinshelwood propone infine l’esperienza inglese di gruppi di operatori la cui finalità è la condivisione della difficoltà del lavoro e dell’impatto di questo sui singoli membri. Tale condivisione non deve esitare nello sviluppo di forti convinzioni ideologiche, che isolerebbero il gruppo, ma nella capacità di tollerare l’esperienza di mancanza di significato proposta dal mondo psicotico.

Durante la discussione, che segue la stimolante lettura del Prof. Hinshelwood, vengono proposte molteplici riflessioni riguardanti il significato e la funzione dell’ideologia ed il mantenimento del test di realtà che la caratterizza (aspetto che permette di differenziarla dal pensiero delirante); il rischio che il gruppo di operatori si trasformi in un gruppo psicoterapico focalizzato su di un singolo individuo; la natura dell’esperienza psicotica e l’incapacità dello stesso paziente di attribuirle un significato (a tal proposito Hinshelwood fa un interessante riferimento al Caso Schreber in cui, solo in un secondo tempo, si riesce ad attribuire un significato al mondo psicotico presentato dal paziente). Durante la discussione viene inoltre sviluppato il tema della famiglia del paziente psicotico e delle responsabilità del personale psichiatrico nei suoi confronti: "la famiglia presenterà le stesse emozioni provate dagli operatori psichiatrici" che, facendosene carico, vengono ad essere esposti ad una "seconda dose" di sofferenza, afferma Hinshelwood. Il rifiuto di farsi carico anche della famiglia del paziente si propone quindi come il tentativo degli operatori di evitare tale "secondo carico" emozionale.

Durante la sessione pomeridiana dell’incontro viene presentata una seduta psicoterapica relativa ad un gruppo aperto non omogeneo. Il Prof. Hinshelwood sottolinea, durante la discussione che segue l’esposizione del complesso materiale clinico, l’importanza per il terapeuta di riferirsi al qui-ed-ora e di cercare di semplificare al massimo la situazione presentata, identificando un fatto scelto da utilizzare come punto di partenza per analizzare le complesse dinamiche in atto nel gruppo. L’Autore pone inoltre l’accento sull’importanza del riconoscimento e della validazione da parte del terapeuta, dello sforzo ,che i singoli membri compiono, nell’entrare in contatto e nel comunicare.

La giornata si conclude con alcune riflessioni sull’importanza dell’analizzare le dinamiche presenti all’interno di differenti tipi di gruppo, tra cui ricordiamo in particolare quelli composti da soggetti con Disturbo Borderline di Personalità, per cercare di approcciare i gravi problemi relazionali proposti dal paziente schizofrenico. L’importanza della componente relazionale tra i membri del gruppo è ben espressa dall’ intervento di un paziente che afferma " …di continuare a ringraziare sua madre per il suo stare bene, ma che lei, ogni volta, gli risponde che in realtà è i suoi fratelli che deve ringraziare per il suo stare bene".

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