Percorso: Home 9 Clinica 9 INSEGNAMI A MORIRE: UN MODO DI VIVERE

INSEGNAMI A MORIRE: UN MODO DI VIVERE

6 Ott 20

A cura di Maria Ferretti

Essere la cura 

 

 

Oh padre padre, anche come si muore  

tu mi hai insegnato, il senso della vita  

 dentro la morte, a prezzo della vita…   

Patrizia Valduga 

 

 

Gina Pane: "azione sentimentale"

Lamento dei lupi sulla loro razza. 

Da tutti i deserti del mondo io ti chiamo. 

Non è lutto, ma modo altro di vivere. 

Non è separazione, ma difesa del proprio territorio. 

Ritorno al silenzio per ascoltare, me e te. 

Chi entra? 

Pochi, eletti da stessi meccanismi. 

Condannati a vette, steppe, deserti. 

Animali in fuga. 

Nessuno, per noi. Soli. 

Siamo pronti per unesperienza di reciprocità, due. 

Cosa senti? 

Da distanza a prossimità infinita. Cannibali damore.  

Vorrei mangiare ogni centimetro di te, metterti dentro. Trattenerti. Entrarti. 

Vorrei espellerti per ritrovare il mio pensiero. 

 Libertà dalla prigionia e Familia communi iure. Niente sangue tra di noi. 

Una famiglia a modo mio.  

Branco. 

Solitari capostipiti, che guidano altri verso luoghi inospitali. 

Noi siamo quelli non graditi, quelli sparsi a zolle, quelli che sanno cio che altri immaginano. 

Abbiamo barattato la nostra giovinezza per non perderci. 

Abbiamo sbranato lamore dellaltro come possibilità di esistenza, sviluppo e crescita.  

Basta esser pensati con la certezza di ritrovarsi. 

 Linganno è colpa di sapere che ti scelgo solo per la mia stabilità. 

Sapere e’ amore che può avere solo una funzione : sopravvivenza alla perdita di me. 

Colpa e’ rinuncia a cio’ che desideri, per poter mantenere intatte le funzioni del pensare.  

Amare è solo perdersi, brancolare. Nebbia. 

Lesperienza del due  alimenta solo polmoni e cervello ma non il cuore.  

Respiro artificialmente. 

Sogno la fuga e i luoghi isolati. 

Laltro e solo polmone dacciaio.  

Provo a liberarmi dallo spazio angusto, ogni volta ci si condanna alla sospensione. 

Anni di detenzione forzata al raggiungimento di una fantasticata autonomia.  

Passano i decenni. 

Quando saremo liberi? 

Forse lautonomia viene dalla possibilità di non dipendere più da qualcuno e infine si tramuta in forte spinta allautoconservazione della specie. 

Lavori, progetti il tuo mondo.  

Nessuna ribellione, nessuna rivoluzione.  

 Silenzio, poi lo scontro con il male. 

La malattia urla e urta la libertà. 

 Vedo tua perdita di movimento, la tua perdita di capacita di pensiero e vedo la mia vita viva, da li per sempre. 

Quando esci dalla prigionia tutto ciò che ricorda mancanza di esistere provoca inevitabilmente il richiamo della foresta, spazio  libero dalla tortura dei mali affetti, libertà’ di essere a modo mio. 

Scegliere ciò che è bene. 

Ma ancora si cade. Niente lacci. Mai più legami. 

Slegati come cani sciolti. 

Cerchi di negare la tua trasformazione pensi che potrai fare tutto quello che fanno gli altri . 

Lo stesso modo. 

Scopri che qualcosa ti rende diverso. Selvatico. E’una sensazione che ti assale soprattutto nelle situazioni di normalità, di feste comandate. Un malessere che prende forma di cappio, ti senti imprigionato, solo. L’obbligo ad essere.  

Tutti nello stesso modo, nello stesso giorno e’ la sopportazione della bugia. 

La normalità, la ritmicità, la continuità, la avverti come morte. 

Mi ricordo le fughe, lisolamento, il riparo, il silenzio, le corse, la pioggia, la neve di notte, la grandine. 

Lupi.  

Continuo a correre di notte. 

Ci si riconosce subito. Odori, movimento, occhi. Ti muovi bene prendi le forme che ti salvano ma dentro sei riconoscibile solo ai tuoi simili.  

Corri, sfami il branco ma tu sei sempre solo.  

Ti ritiri nello spazio per ricaricare laffanno.  

Corri, sempre. 

Ogni tanto ti fermi, contempli, scruti. 

Programmi la tua sopravvivenza.  

 Solo.    

Prendi atto della tua natura`. 

Il buio, la solitudine, la non gente, i luoghi nascosti. 

La tana. 

Deponi i piccoli, ti curi di loro. Li fai crescere. 

Poi, riparti.  

Lasci, abbandoni chi è pronto. 

Mi sono vista, con manto argentato, occhi chiari e gambe robuste.  

Più sola che mai.  

Ho alzato la testa ed ho richiamato a me tutti i miei simili. Me ne sono andata nei luoghi che mi appartengono, luoghi apparentemente inospitali dove si cela la vita. 

Luoghi a pelo dacqua. Luoghi dimenticati da Dio. Luoghi a tre lettere, luoghi in cui vi è certezza di ritrovarsi. 

Simili, dalla stessa parte. 

Si corre la stessa velocità. Si parla la stessa lingua.  

Lui è uomo, lei una donna.  

Sono entrambe capi branco, conducono. Possono separarsi con la certezza di ritrovarsi. Si danno sempre   appuntamento in un luogo stabilito. 

 Cacciano, sfamano e si rispettano.  

Rispettano le loro vicendevoli doti con una sorta di ammirazione pari alladorazione.  

Si dividono, si uniscono, si dividono,si uniscono.  

Lunico modo che hanno per respirare è in questo movimento.  

Solo così non si perdono, solo cosi tollerano la mancanza di ossigeno provocata dalla norma prestabilita. 

Loro hanno forma rara, perfetta per inusuali compiti.  

Proteggere e onorare la vita degli altri.  

È la loro natura, sine causa. 

Essere la cura è  prendere su di se’ lo scherno, la derisione, l’aggressività, l’invidia, l’amore ,la passione, il tradimento, la follia, l’odio. 

Porto le braccia al cielo.  

Si paga la propria natura con la vita . 

Se apro il mio corpo affinchè voi possiate guardarci il mio sangue, è per amore vostro: laltro. 

Amore vostro è raggiungere il proprio bene.  

È condividerlo. 

E’ cosa buona e giusta. 
 

Casella di testo 

 

 

Gina Pane: "azione sentimentale"

Loading

Autore

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Caffè & Psichiatria

Ogni mattina alle 8 e 30, in collaborazione con la Società Italiana di Psichiatria in diretta sul Canale Tematico YouTube di Psychiatry on line Italia