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La banalità de La Bestia. Politica e vampirismo

26 Ago 18

A cura di Luigi D'Elia

Dalle parole ai fatti, da chi la spara più grossa a chi la fa più grossa. È questo che temono in tanti paventando un incerto ed oscuro futuro.

Scrive Ida Dominijanni su un post di Facebook del 23/08/2018:

[…] L’estetica salviniana – l’estetica in politica conta, e il registro estetico di Salvini è disgustoso – fa leva invece sull’evocazione del primitivismo latente del maschione italico brutto, frustrato e smargiasso ( mi tengo bassa ma potrei essere più violenta, come lui del resto), che la mattina scende al bar e la spara impunemente più grossa che puó, perché sa che puó giocare sui margini di alegalità, se non di illegalità, di uno Stato disfatto. Attenzione, vorrei dire ai miei amici che la prendono a ridere: è una situazione assai pericolosa. Quando tutto diventa dicibile, basta un attimo e tutto diventa anche fattibile. 

E come non darle ragione visto che i casi di violenza xenofoba in questi mesi appaiono più frequenti, ma soprattutto più auto-legittimati. Ma particolarmente dopo l'ennesimo affronto all'umanità del mancato sbarco dei profughi eritrei dalla nave Diciotti.

Io stesso in un precedente articolo dicevo a proposito della disumanizzazione in atto nella società: si aprono le fogne ed escono i ratti. Indisturbati, aggiungo.

Chi è informato, sa bene che questa strategia di comunicazione è il frutto di una squadra di esperti che ha confezionato un sistema, chiamato forse non a caso “La Bestia”, che in sostanza analizza le emozioni e le reazioni delle affermazioni del leader politico sui social e nei media e rilancia e rinforza quelle che hanno ricevuto più consenso, moltiplicandone il lato emotivo (confirmation bias). Leader, per di più, particolarmente crossmediale, cioè capace di occupare con particolare enfasi, tutti i media di massa.

La strategia politica di fondo è vecchia e risaputa: ti creo un disagio e poi te lo “risolvo”, il tutto però sulla base dei registri emotivi, ovverosia ti do la sensazione di risolvertelo alleviando il tuo stato emotivo di squilibrio. Non stiamo certo parlando di soluzioni reali. Questo passaggio deve essere chiaro: tutto si gioca su una partita emotiva, non reale, se non in minima parte. Questa politica non risolve alcun problema della realtà: si limita ad accumulare potere, alludendo a soluzioni che non esistono, ma che hanno invece una presa emotiva fortissima.

Il disagio che creo nei social network, di certo, è in parte già ampiamente presente nella nostra società e alligna in tutte altre parti della vita reale delle persone che non sono certo gli immigrati e sono: lavoro, istruzione, reddito, vita sociale, famiglie, mancanza di progetto, corruzione pubblica, impotenza, disidentità, etc.

In verità più che “crearlo” dal nulla, lo amplifico, lo oriento e lo sposto, in una parola lo manipolo ai miei scopi, in questo caso gli scopi sono evidentemente di natura politica: l'aumento del consenso. Si tratta in sostanza di una forma di vampirismo emotivo, di parassitismo del disagio personale e delle masse elevato a sistema per rastrellare un facile consenso.

Dunque, la strategia politica odierna si nutre del disagio sociale esistente parassitandolo e manipolandolo nei mezzi di comunicazione che più si prestano all'enfasi emotiva.

Questa manipolazione oggi avviene con maggiore facilità per una serie di motivi: qui non li analizzo tutti, ma solo due di essi, a mio parere i principali:

 

  1. la comunicazione sui social network è, sui grandi numeri, per sua intrinseca natura “sciamante”, emotiva, fatua, anche evanescente e priva di memoria a lungo termine. È il microclima ideale dove le bufale possono pascolare liberamente.

  2. Le cause del disagio sociale oggi non conoscono più alcuna linearità e soprattutto alcuna filiazione di causa-effetto, nessuna reale controparte. Un tempo, fino a 40 anni fa, la classe proletaria aveva come controparte i padroni, erano loro i veri, reali, nemici del popolo. Oggi chi è il nemico del popolo? Il capitalismo? Il club Binderberg? Le banche? L'Europa? Gli americani? I russi? Gli alieni? Non scherziamo… Il nemico esterno è evaporato e si è confuso con la stessa aria che respiriamo. È di fatto imprendibile, ineffabile, irriconoscibile. Questo dipende dalla progressiva interiorizzazione dei codici sociali degli attuali stili di vita che di fatto collassano e fanno coincidere la figura dello schiavo con quella del padrone nell'unica figura del buon consumatore. Ovverosia, ciascuno di noi.

Se il nemico esterno è evaporato, è conseguenza fatale che il nemico si interiorizzi e diventi il mondo interno di ciascuno. Questo dato conduce a due conseguenze, opposte e contrarie, che riguardano il consenso di tale campagna.

Il lato favorevole al consenso per La Bestia è che questa condizione in cui esiste una forte acutizzazione del nemico interno è una condizione di per sé molto instabile. La psiche, specialmente sul piano collettivo e di immaturità, sosta ben poco nella posizione depressiva dell'incontro con il proprio nemico interno, e si rivolge presto ad una modalità evacuativa ed espulsiva della ricerca automatica, irriflessa e falsamente consolatoria di un nemico esterno. Qualunque esso sia. La Bestia si nutre dell'immaturità emotiva delle persone.

Il lato debole è che gli stati emotivi, prodotti dalla costante istigazione all'odio xenofobo de La Bestia, sono fatalmente transitori. Nessuna emozione di base, nemmeno positiva, può vivere di se stessa troppo a lungo. I processi di saturazione sono costanti e per quanto si possa alzare la posta, ad un certo punto si giunge ad uno sgonfiamento della tensione emotiva.

Le emozioni di base che la campagna de La Bestia evoca su larga scala sono le solite, quelle che producono maggior disagio:

Paura – della perdita d'identità, di lavoro, dei diritti, di sicurezza, di essere violentati, aggrediti, derubati, sopraffatti

Disgusto – dell'impatto con il diverso da sé, per le condizioni miserevoli e precarie dell'altro

Disprezzo – il rifiuto per le diverse culture e abitudini sociali dell'altro

Rabbia – per la difesa della propria identità, per l'ingiustizia prodotta dall'integrazione forzata con altri individui

(Per approfondire:  Ekman, P., 2008. Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione )

In una condizione di totale diseducazione delle emozioni di base e di asservimento ad una campagna di persuasione politica che sdogana e legittima l'odio, tutte la fantasie prodotte a partire da queste 4 emozioni di base, portano ad un inasprimento delle reazioni impulsive e difensive.

La ricerca psicologico-sociale (Oettingen G., et al 2005, “Turning fantasies about positive and negative futures into self-improvement goals”) ha però dimostrato che siccome le emozioni sottostanti sono particolarmente transitorie, le fantasie xenofobe prodotte da esse, qualora “educate” e rassicurate con risposte di reale pacificazione, convertono immediatamente in fantasie positive. In altre parole – lo dico qui volutamente con una certa iperbole descrittiva – anche il più primitivo e becero degli intolleranti, che lotta ogni giorno contro l'integrazione impossibile del proprio quartiere invaso da etnie insopportabili e violente, qualora aiutato a vivere contesti di reale integrazione, è in grado di cambiare idea in pochissimo tempo.

Ricapitolando:

  1. l'attuale scena politica parassita il disagio reale delle persone per capitalizzare un consenso sempre maggiore

  2. per esercitare questa manipolazione, ha bisogno che i livelli di maturità emotiva e di consapevolezza di sé rimangano molto bassi nelle singole persone e nella popolazione

  3. le condizioni tecnologiche (la nuova scena dei social media) e sociali (l'assenza di una controparte conflittuale reale) favoriscono l'emergenza di una dinamica evacuativa di massa

  4. l'enfasi e il prevalente utilizzo manipolatorio delle emozioni di base negative trova il proprio limite naturale nel mancato riscontro reale ai bisogni e ai problemi veri delle persone.

Intendiamoci, se siamo tutti arrivati a parlare di disumanità e politica criminogena, e di un algoritmo che decide la direzione della nostra democrazia, è perché le politiche precedenti non hanno ugualmente saputo rispondere ai bisogni reali di nessuno e si sono limitate ad amministrare l'esistente cercando di gestire un potere sempre meno gestibile e sempre più effimero e impotente. Quindi nessuna scusante per i politici precedenti come per quelli attuali.

Le domande che mi pongo, alla fine di questa breve escursione, sono allora: come affrontare il fallimento della politica? Come immaginare una maturazione emotiva dell'elettorato? Quando avverrà che la politica cominci a rispondere ai bisogni essenziali delle persone?

Cioè a questi:

Al bisogno di continuità esistenziale (casa, reddito, istruzione, cultura, sanità)

Al bisogno di progetto: costruire se stessi e la propria famiglia

Al bisogno di vita comunitaria: vivere pacificamente una buona vita insieme ad altri non (vissuti come) estranei e sentirsi parte di una comunità.

 

 

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