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La collaborazione tra medici e psicologi per aumentare il benessere e ridurre la spesa sanitaria

22 Giu 13

A cura di Rolando Ciofi

Una seria sperimentazione dimostra che la collaborazione a livello di base tra medici e psicologi può portare ad una riduzione del 15% della spesa farmacologica (75.000 euro per ogni singolo studio medico di media grandezza)

Oggi pubblichiamo una intervista  tratta da Quotidianosanità.it nella quale Luigi Solano, professore associato di Psicosomatica all'Università "La Sapienza" illustra nel dettaglio la sperimentazione portata avanti da 11 anni all’interno della Scuola di specializzazione di Psicologia della salute – che vede medici e psicologi ricevere insieme i pazienti nello studio del medico di base seduti uno a fianco all'altro.

L'iniziativa ha coinvolto 14 medici di base di Roma e delle cittadine limitrofe, su cicli di tre anni. Un cartello nello studio medico avvisa l'utenza della presenza della psicologa o dello psicologo nei giorni prestabiliti, in modo da poter chiedere di essere visitati dal solo medico. In quest’intervista il professor Solano illustra come sta funzionando la sperimentazione.

Professor Solano perché un medico di base dovrebbe partecipare a questa iniziativa?

È ormai noto che il medico di base si trova in difficoltà con i suoi pazienti in tutti quei casi in cui le richieste non hanno un riferimento organico preciso. Queste richieste rappresentano circa il 50% della domanda che arriva alla medicina di base. Se il medico reputa che la psicologia possa aiutarlo rispetto a questi pazienti, la nostra impostazione potrà fornirgli molti spunti di riflessione.



Cosa succede di solito quando il medico di base si trova davanti un paziente del genere?

Succede che prescrive delle indagini, indirizzando il paziente verso l'ipotesi che ci sia un disturbo di tipo organico, e suscitando quindi la speranza di una risposta nel paziente, risposta che però nella maggior parte dei casi non arriva. Spesso dagli esami emerge un dato dubbio – che richiede ulteriori indagini – che poi alla fine si rivela non avere alcun significato clinico ma lascia un lungo strascico di dubbi e angosce nel paziente. Questa evenienza poi è diventata ancora più frequente da quando ci sono macchinari diagnostici in grado di individuare alterazioni minime senza alcun significato clinico.



E tutto questo a spese del sistema sanitario pubblico.

Certo. Uno degli obiettivi del nostro lavoro è proprio questo. A seguito del nostro intervento, nei pochi casi in cui siamo riusciti ad avere i dati, abbiamo riscontrato un risparmio nella sola spesa farmacologica intorno al 15%, che si traduce in 75mila euro per un singolo studio medico di media grandezza.



Dal sintomo alla persona. Medico e psicologo insieme per l'assistenza di base

Cosa avete in particolare affrontato durante il convegno che ha illustrato il vostro lavoro?

Abbiamo dato spazio ai medici che hanno partecipato all'iniziativa perché raccontassero ai colleghi la loro esperienza e i vantaggi che hanno tratto per il loro lavoro.



Quali sono questi vantaggi?
Ad esempio sentirsi più alleggeriti nel rapporto col paziente, nel momento in cui si ha un aiuto per affrontare tutta una serie di problemi per i quali possono essere impreparati.

E dal punto di vista dei pazienti? 
Nei tre anni di ciascuna nostra esperienza solo pochissimi pazienti hanno chiesto di essere visitati solo dal medico. Il fatto che il loro medico di fiducia abbia fatto questa scelta li agevola nel formulare una richiesta di tipo psicologico. Molti, poi, hanno espresso attivamente soddisfazione per l'iniziativa e dispiacere per la sua conclusione.



Un esempio pratico?

Le posso raccontare di Dino (nome di fantasia). Era venuto nello studio del medico di base per farsi prescrivere una tac perché aveva le vertigini. In questo caso è bastato un solo colloquio con la psicologa perché Dino si rendesse conto di come il suo sintomo fosse connesso con una situazione di vita molto insoddisfacente – a 40 anni viveva ancora con la madre inferma e si era appena lasciato con la fidanzata dopo 10 anni. Non solo la richiesta di tac non fu più formulata ma le vertigini scomparvero in breve tempo.


Stiamo quindi parlando di prevenzione di primo livello

Esatto, in quanto ci permette di intervenire in fasi precocissime, prima che si strutturi una forma cronica di disagio, su un ampio spettro della popolazione. Sappiamo quanto nella cultura attuale sia difficile andare dallo psicologo. Ce lo dimostra il fatto che le persone in genere arrivano dallo psicologo in fasi tremendamente tardive rendendo necessari interventi molto più lunghi e approfonditi.

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