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la colpa e il perdono: omosessualità e media

31 Mag 13

A cura di A_SIBILLA@libero.it

Si può parlare di omosessualità senza cadere in luoghi comuni politicamente corretti? Questo intervento mi è stato ispirato dalla giornata mondiale contro l’omofobia, infarcita di trasmissioni televisive improntate a un perbenismo moralista. In televisione si vedono spot in cui il messaggio è fondamentalmente l”l’omosessualità non è una malattia” “la diversità arricchisce” rappresentando con estrema cautela questa diversità. Freud ben 100 anni fa riteneva che gli esseri umani siano intrinsecamente bisessuali e che le pulsioni omosessuali rappresentano un fenomeno normale e forse adesso si possono fare riflessioni un po’ più approfondite. È difficile partire dalla clinica, perché penso che siano ben pochi gli omosessuali in trattamento. Anche gli studi non sono numerosi. È un campo in cui le tesi sono molto soggettive. Io cercherò di sostenere la mia tesi contro l’omofobia con considerazioni su come è rappresentata l’omosessualità in film e serial americani girati in epoche differenti. Parto da venti anni fa perché la mia formazione psicoanalitica mi spinge a cercare di costruire la storia e i conflitti delle persone. Da questa prospettiva nasce il titolo che ho scelto.
La colpa. Partiamo dai film e lo faccio ricostruendo un minimo di storia per capire il momento attuale.  Trenta anni fa per gli omosessuali c’era la peste dell’AIDS. Il primo film che consiglio è Angels in America, che è nato come lavoro teatrale e in seguito miniserie televisiva della HBO del 2004. Bisogna procuraselo in rete. E’ stato trasmesso anni fa da La7, con poco riscontro di pubblico, a differenza del successo e dei premi ricevuti negli USA. È contemporaneo del più famoso film Philadelphia ed è ambientato negli anni ‘90. Ha grandi attori (Pacino, Meryl Streep…) e un grande regista (Mike Nichols). È più interessante di altri film perché con una storia senza concessioni al melenso, narra  il dramma e la colpa e le conseguenze emotive sulla comunità gay durante l’epidemia di AIDS. Riesce a sdrammatizzare la vicenda e contemporaneamente ha scene di seduzione e sesso esplicite. Alcune figure mi hanno colpito: la prima è rappresentata da Pacino che introduce un personaggio anomalo: il gay reaganiano, profondamente reazionario, scorretto, aggressivo… Uno dei primi stereotipi sull’omosessualità, almeno per come viene descritta nei nostri media costituito dalla necessità per i gay di essere buoni, socievoli e progressisti e ovviamente democratici. Da questo pregiudizio nasce una serie di “tratti”  che sembrano diventare conseguenza naturale della diversità, che danno un quadro del gay a una dimensione, senza contraddizioni e ambivalenze. La comunità omosessuale è rappresentata in tutte le sue sfaccettature e questo rende dinamica la narrazione.
Meryl Streep altro personaggio fondamentale invece introduce la figura della mamma dell’omosessuale latente (anche lui reaganiano), figura che ha avuto un grande peso nelle teorizzazioni della psicoanalisi (Bieber) su cui sarà utile ritornare.
Su tutta la storia aleggia la colpa come meccanismo di difesa per sopportare e per certi versi padroneggiare una situazione di morte e sofferenza. Un rabbino a cui un protagonista chiede consiglio, dice che di fronte al dolore e alla morte, la cultura ebraica ha la colpa, mentre quella cristiana ha il perdono. Questo è il mio punto di partenza, la colpa come elemento fondamentale nella storia dell’omosessualità nei media e la tendenza a creare un legame di forte unione e comunità.
Per ora mi fermo, ma riparlerò di questo testo e facendo un salto temporale  voglio fare una provocazione e ammettere che io non credo ai” diritti della diversità” e sono molto dubbioso sulla possibilità di adozione concessa alle coppie omosessuali maschili. Tutti gli studiosi di psicologia neuro cognitiva (Damasio, Edelman, Ledoux per citarne qualcuno) definiscono la mente come incarnata, cioè legata in un continuo feedback con stimoli sensoriali che provengono dal corpo e dall’ambiente. La cura di un bambino in particolare nei primi anni di vita è mediata anche dalla secrezione di ossitocina che a sua volta è stimolata dagli impulsi visivi, olfattivi e tattili che il bambino manda al caregiver (per non chiamarla mamma …). Io sono darwiniano convinto e non mi risulta che nei nostri predecessori e fratelli, mammiferi e primati, ci siano coppie maschili che si occupano della prole. Ovviamente il discorso è differente per le coppie omosessuali femminili. La cultura è sufficiente a vicariare questo meccanismo psichico, ormonale, affettivo, percettivo. Siamo così diversi dai primati. Basta un artificio linguistico (caregiver) per dimenticare la mamma e i suoi ormoni?

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3 Commenti

  1. stefanosanzovo@quipo.it

    Sono d’accordo con Franco De
    Sono d’accordo con Franco De Masi quando dice “L’identità sessuale e l’immaginario sessuale fanno parte dell’identità personale e non sono di solito passibili di trasformazione perché fanno parte del sé. L’orientamento sessuale fa parte dell’identità personale e non può esser modificato se non al prezzo di alterare l’identità dell’individuo. Tuttavia, l’impatto che la scelta ha sul singolo e sulle sue aspettative di base, quali quelle della fecondità biologica e dell’allevamento della prole, contraddice l’idea che l’omosessualità, una volta eliminati gli ostacoli psicosociali (l’omofobia) possa essere un cammino felice, indenne da una maggiorazione di dolore e di elaborazione di lutti rispetto all’eterosessualità”.
    Molto suggestivo questo tuo intervento tra colpa e perdono. E stimolati anche le tue riflessioni sull’adozione. Ma potrebbe mai alcuna legge discriminare tra omosessualità maschile e femminile?

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  2. manlio.converti

    La letteratura
    La letteratura cinematografica LGBT è immensa e crescerà sempre di più, fortunatamente, narrando periodi orrendi, come quello reaganiano, e stupendi, come quello della conquista del matrimonio gay in ogni Paese del mondo!

    Ovviamente le sue conoscenze di omosessualità nel mondo animali sono ingenue… a partire dal famoso caso dei pinguini gay in uno zoo che adottarono e covarono un uovo… e frutto dei suoi pregiudizi non tanto omofobi, quanto misogini.

    Lei attribuisce alla donna un ruolo “la maternità” negandolo al maschio, in pratica, per cui due mamme is better than one!
    Lei attribuisce un luogo comune ormonale alle donne, ben sapendo che anche nel mondo animale l’adozione, perfino transspecie, produce effetti meravigliosi nella cura dei cuccioli.

    Facciamo un reload, partendo dal fatto che ci sono circa 100mila minori con genitori gay, lesbiche o trans in Italia, alcuni solamente aggregati nelle associazioni Famiglie Arcobaleno e Famiglie Rainbow.

    La prossima volta scelga un film migliore, a gay vivo: il mio preferito, Star Trek, perché il nuovo Spock, come personaggio è eterosessuale, ma l’attore è gay felice e dichiarato, il che se permette è molto più avanzato di quanto sia successo al compagno di Lucio Dalla o di quello che succederà al compagno di Renato Zero o Roberto de Simone!

    Come film italiano le consiglio Il Compleanno di Marco Filiberti… http://it.wikipedia.org/wiki/Il_compleanno_%28film_2009%29

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    • A_SIBILLA@libero.it

      C’è sempre da imparare! È
      C’è sempre da imparare! È vero che i pinguini maschi si occupano della cova delle uova e non solo negli zoo. Ho approfondito l’argomento (Dizionario di Etologia di Mainardi ed Ecologia e comportamento animale di Krebs) e le cure parentali maschili sono diffuse in particolare negli uccelli e anche nei pesci. Oltre alla cova i maschi provvedono alla difesa da possibili predatori. Secondo Mainardi mancano del tutto casi in cui il maschio si occupa da solo della prole. L’allattamento e la costellazione ormonale predispongono la femmina alle cure parentali nei mammiferi. I fenomeni di adozione sono presenti in varie specie, ma solitamente sono fatti da comunità o da individui imparentati, come tra noi umani del resto. La mia affermazione era basata sulla lettura dei libri di Dewaal sull’organizzazione sociale dei Bonobo, scimpanzé molto vicini a noi, in cui le femmine si occupano pressoché esclusivamente della prole. Questo non vuol dire che due mamme siano meglio di una, ma che nei mammiferi superiori la cura parentale solo femminile è presente. Sulla mia misoginia, non saprei dire, forse mia moglie è d’accordo.
      Io mi guarderò il film che lei consiglia, ma lei faccia altrettanto con Angels in America.

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