W. E. B. Du Bois, The conservation of races (1897)
Il tempo che stiamo vivendo nell’Occidente è caratterizzato da imponenti fenomeni migratori, forti tensioni sociali, intolleranze, sovranismi, razzismi. Questioni non nuove, se si pensa alla Conquista del Nuovo Mondo, al traffico degli schiavi, alla depredazione dell’Africa, al colonialismo ispirato dall’idea della superiorità degli europei cristiani di razza bianca, a giustificazione della conquista e dello sfruttamento del mondo.
Le generazioni di afroamericani discendenti dagli schiavi hanno portato grandi contributi alla lotta contro razzismi, per i diritti civili, la promozione della dignità delle proprie vite. Fra questi una figura di straordinaria importanza è quella di William Eward Burghardt Du Bois (nato il 23 febbraio 1868, Great Barrington, Massachusetts, Stati Uniti, morto il 27 agosto 1963, Accra, Ghana), uno dei più importanti intellettuali nordamericani, tra i fondatori e i leader della National Association for the Advancement of Coloured People (NAACP) nata nel 1909.
Il 5 marzo 1897 egli tenne presso la Fondazione “American Negro Society” la conferenza dal titolo The conservation of races (La conservazione delle razze)[1] da cui ho tratto i seguenti passi:
“Se ci dedichiamo allo studio delle differenze fondamentali tra le razze, ci rendiamo conto che risulta estremamente difficile arrivare da subito ad una conclusione definitiva. Negli ultimi anni sono stati proposti molti criteri per stabilire le differenze tra le razze quali il colore della pelle, i capelli, le dimensioni del cranio o la lingua. È evidente che da ognuno di questi punti di vista la differenza tra gli esseri umani possa essere enorme. Gli uomini sono diversi tra loro per il colore della pelle: dal pallore marmoreo degli scandinavi al bruno scuro e lucente degli zulu, passando per il bianco crema degli slavi, per il giallo dei cinesi, il bruno degli egiziani o quello più chiaro dei siciliani. Anche per quanto riguarda il tipo di capelli le differenze sono considerevoli: si passa da quelli liscissimi dei cinesi a quelli ricci e increspati dei boscimani. Varia pure la dimensione del cranio: da quella grande dei tartari, a quella media degli europei, alla piccola testa degli ottentotti, e per quanto riguarda le lingue, si va dalla cantilenante inflessione romana ai monosillabi cinesi. Queste caratteristiche somatiche sono abbastanza evidenti, e se concordassero tra loro, sarebbe estremamente semplice classificare il genere umano. Sfortunatamente per gli scienziati, tuttavia, questi criteri di divisione delle razze sono mescolati in modo esasperante. Il colore della pelle non concorda né con il tipo di capelli, come dimostrano le molte razze di carnagione scura e capelli lisci, né con la dimensione della testa, come nel caso dei gialli tartari, con un cranio generalmente più grande di quello dei tedeschi, e neppure la linguistica permette di esplicitare una relazione d’ordine tra queste caratteristiche contraddittorie. La conclusione cui è giunta la scienza distingue tra due, forse tre, grandi famiglie del genere umano – i bianchi, i negri e probabilmente la razza Gialla- questa divisione generale delle razze umane introdotta da studiosi come Huxley e Raetzel[2] […] è la conferma che se si cerca di dare una spiegazione delle differenze esistenti tra gli uomini partendo dalle sole caratteristiche fisiche non si giunge a spiegare le differenze nella loro storia. Questa teoria afferma, sulla scia di quanto sostenuto dallo stesso Darwin, che per quanto grandi siano le differenze somatiche tra le varie razze, le somiglianze tra loro sono maggiori e su questa base poggia l’intera dottrina scientifica della fratellanza universale”.
La razza umana è definita “vasta famiglia di esseri umani, generalmente con lo stesso sangue e lo stesso ceppo linguistico, che ha in comune una storia, tradizioni, istinti, e che tanto volontariamente quanto involontariamente lotta insieme per tradurre in realtà una serie di ideali di vita più o meno definiti. […] Nel mondo possiamo riconoscere una netta distinzione tra otto razze, nel significato che la storia ha dato a questo termine. Ci sono gli slavi dell’Europa orientale, i teutonici di quella centrale, le nazioni latine di quella meridionale e occidentale, gli anglosassoni del Regno Unito e degli Stati Uniti, i Neri africani e americani, i semiti dell’Asia Occidentale e dell’Africa settentrionale, gli indù dell’Asia centrale e i mongoli di quella orientale. Esistono naturalmente altre razze minori come gli Indiani d’America, gli eschimesi o gli abitanti delle isole del Sud. Inoltre le principali razze sono gruppi tutt’altro che omogenei. Gli slavi includono i cechi, i magiari, i polacchi, i russi. Si considerano teutonici tanto i tedeschi quanto gli scandinavi o gli olandesi. Scozzesi, irlandesi, inglesi e gli statunitensi fanno parte del gruppo anglosassone. Le nazioni latine comprendono popoli molto diversi fra loro, come i francesi, gli italiani, i siciliani, gli spagnoli. Il termine «Negro» è forse quello più indeterminato in assoluto visto che si riferisce ai mulatti e agli zambo dell’America centrale e meridionale così come agli egiziani, ai bantù e ai boscimani dell’Africa.
Tra gli indù si possono trovare tracce di un’immensa varietà di nazioni, mentre le grandi famiglie cinesi, tartare, coreane e giapponesi sono classificate sotto un unico gruppo, quello mongolo. […]
Da cosa dipende realmente la distinzione tra queste nazioni? Davvero solo dalle differenze di sangue, di colore, o dalle dimensioni del cranio? Bisogna riconoscere senz’altro che la diversità delle caratteristiche fisiche riveste un ruolo fondamentale […] Le differenze sono spirituali, psichiche, basate certo su elementi di tipo somatico, ma che li trascendono completamente:[…] una storia comune, le stesse leggi e la stessa religione, stili di pensiero condivisi e una forte unità di intenti nel perseguire alcuni ideali di vita”.
Du Bois parla del percorso dalle tribù nomadi “nella quali si raggiunse l’apice delle differenze fisiche”, alle città nelle quali sono emerse le differenze spirituali e sociali, diversi ideali di vita per ogni città, alle unioni di città e alle nazioni. […] Alcune delle grandi razze contemporanee – e in particolare la razza Negra- non hanno ancora offerto alla civiltà umana il pieno messaggio spirituale che sono in grado di elaborare”. Di qui l’affermazione che “l’avanguardia del popolo nero, “quegli otto milioni di individui di sangue nero che vivono negli Stati Uniti d’America, deve rendersi conto che se vuole assumere fino in fondo il proprio ruolo nel grande movimento pan-negrista (Pan-negroism), allora il suo destino non può essere l’assimilazione tra i bianchi Americani, un’imitazione servile della cultura anglosassone, ma quello di una spiccata originalità, che seguirà in modo indefesso gli ideali Negri. […]
Siamo americani, non solo per nascita o per cittadinanza, ma soprattutto perché sono americani i nostri ideali politici, la nostra lingua, la nostra religione. Il nostro americanismo, però non va oltre questo. Di lì in poi siamo Negri, membri di una immensa e storica razza. […] E’ nostro dovere conservare le nostre energie fisiche, le nostre capacità intellettuali, i nostri ideali spirituali. Come razza dobbiamo lottare […] solidali e uniti per costruire un’umanità migliore che non si faccia alcun problema a riconoscere le differenze tra gli uomini e che allo stesso tempo condanni senza appello le diseguaglianze nelle possibilità di progresso offerte agli uomini”.
Rinnovo i miei più vivi auguri di un buon 2022, che sia un anno in cui si riesca tutti a diventare più consapevoli delle nostre miserie e dei nostri pregiudizi.
Il tempo che stiamo vivendo nell’Occidente è caratterizzato da imponenti fenomeni migratori, forti tensioni sociali, intolleranze, sovranismi, razzismi. Questioni non nuove, se si pensa alla Conquista del Nuovo Mondo, al traffico degli schiavi, alla depredazione dell’Africa, al colonialismo ispirato dall’idea della superiorità degli europei cristiani di razza bianca, a giustificazione della conquista e dello sfruttamento del mondo.
Le generazioni di afroamericani discendenti dagli schiavi hanno portato grandi contributi alla lotta contro razzismi, per i diritti civili, la promozione della dignità delle proprie vite. Fra questi una figura di straordinaria importanza è quella di William Eward Burghardt Du Bois (nato il 23 febbraio 1868, Great Barrington, Massachusetts, Stati Uniti, morto il 27 agosto 1963, Accra, Ghana), uno dei più importanti intellettuali nordamericani, tra i fondatori e i leader della National Association for the Advancement of Coloured People (NAACP) nata nel 1909.
Il 5 marzo 1897 egli tenne presso la Fondazione “American Negro Society” la conferenza dal titolo The conservation of races (La conservazione delle razze)[1] da cui ho tratto i seguenti passi:
“Se ci dedichiamo allo studio delle differenze fondamentali tra le razze, ci rendiamo conto che risulta estremamente difficile arrivare da subito ad una conclusione definitiva. Negli ultimi anni sono stati proposti molti criteri per stabilire le differenze tra le razze quali il colore della pelle, i capelli, le dimensioni del cranio o la lingua. È evidente che da ognuno di questi punti di vista la differenza tra gli esseri umani possa essere enorme. Gli uomini sono diversi tra loro per il colore della pelle: dal pallore marmoreo degli scandinavi al bruno scuro e lucente degli zulu, passando per il bianco crema degli slavi, per il giallo dei cinesi, il bruno degli egiziani o quello più chiaro dei siciliani. Anche per quanto riguarda il tipo di capelli le differenze sono considerevoli: si passa da quelli liscissimi dei cinesi a quelli ricci e increspati dei boscimani. Varia pure la dimensione del cranio: da quella grande dei tartari, a quella media degli europei, alla piccola testa degli ottentotti, e per quanto riguarda le lingue, si va dalla cantilenante inflessione romana ai monosillabi cinesi. Queste caratteristiche somatiche sono abbastanza evidenti, e se concordassero tra loro, sarebbe estremamente semplice classificare il genere umano. Sfortunatamente per gli scienziati, tuttavia, questi criteri di divisione delle razze sono mescolati in modo esasperante. Il colore della pelle non concorda né con il tipo di capelli, come dimostrano le molte razze di carnagione scura e capelli lisci, né con la dimensione della testa, come nel caso dei gialli tartari, con un cranio generalmente più grande di quello dei tedeschi, e neppure la linguistica permette di esplicitare una relazione d’ordine tra queste caratteristiche contraddittorie. La conclusione cui è giunta la scienza distingue tra due, forse tre, grandi famiglie del genere umano – i bianchi, i negri e probabilmente la razza Gialla- questa divisione generale delle razze umane introdotta da studiosi come Huxley e Raetzel[2] […] è la conferma che se si cerca di dare una spiegazione delle differenze esistenti tra gli uomini partendo dalle sole caratteristiche fisiche non si giunge a spiegare le differenze nella loro storia. Questa teoria afferma, sulla scia di quanto sostenuto dallo stesso Darwin, che per quanto grandi siano le differenze somatiche tra le varie razze, le somiglianze tra loro sono maggiori e su questa base poggia l’intera dottrina scientifica della fratellanza universale”.
La razza umana è definita “vasta famiglia di esseri umani, generalmente con lo stesso sangue e lo stesso ceppo linguistico, che ha in comune una storia, tradizioni, istinti, e che tanto volontariamente quanto involontariamente lotta insieme per tradurre in realtà una serie di ideali di vita più o meno definiti. […] Nel mondo possiamo riconoscere una netta distinzione tra otto razze, nel significato che la storia ha dato a questo termine. Ci sono gli slavi dell’Europa orientale, i teutonici di quella centrale, le nazioni latine di quella meridionale e occidentale, gli anglosassoni del Regno Unito e degli Stati Uniti, i Neri africani e americani, i semiti dell’Asia Occidentale e dell’Africa settentrionale, gli indù dell’Asia centrale e i mongoli di quella orientale. Esistono naturalmente altre razze minori come gli Indiani d’America, gli eschimesi o gli abitanti delle isole del Sud. Inoltre le principali razze sono gruppi tutt’altro che omogenei. Gli slavi includono i cechi, i magiari, i polacchi, i russi. Si considerano teutonici tanto i tedeschi quanto gli scandinavi o gli olandesi. Scozzesi, irlandesi, inglesi e gli statunitensi fanno parte del gruppo anglosassone. Le nazioni latine comprendono popoli molto diversi fra loro, come i francesi, gli italiani, i siciliani, gli spagnoli. Il termine «Negro» è forse quello più indeterminato in assoluto visto che si riferisce ai mulatti e agli zambo dell’America centrale e meridionale così come agli egiziani, ai bantù e ai boscimani dell’Africa.
Tra gli indù si possono trovare tracce di un’immensa varietà di nazioni, mentre le grandi famiglie cinesi, tartare, coreane e giapponesi sono classificate sotto un unico gruppo, quello mongolo. […]
Da cosa dipende realmente la distinzione tra queste nazioni? Davvero solo dalle differenze di sangue, di colore, o dalle dimensioni del cranio? Bisogna riconoscere senz’altro che la diversità delle caratteristiche fisiche riveste un ruolo fondamentale […] Le differenze sono spirituali, psichiche, basate certo su elementi di tipo somatico, ma che li trascendono completamente:[…] una storia comune, le stesse leggi e la stessa religione, stili di pensiero condivisi e una forte unità di intenti nel perseguire alcuni ideali di vita”.
Du Bois parla del percorso dalle tribù nomadi “nella quali si raggiunse l’apice delle differenze fisiche”, alle città nelle quali sono emerse le differenze spirituali e sociali, diversi ideali di vita per ogni città, alle unioni di città e alle nazioni. […] Alcune delle grandi razze contemporanee – e in particolare la razza Negra- non hanno ancora offerto alla civiltà umana il pieno messaggio spirituale che sono in grado di elaborare”. Di qui l’affermazione che “l’avanguardia del popolo nero, “quegli otto milioni di individui di sangue nero che vivono negli Stati Uniti d’America, deve rendersi conto che se vuole assumere fino in fondo il proprio ruolo nel grande movimento pan-negrista (Pan-negroism), allora il suo destino non può essere l’assimilazione tra i bianchi Americani, un’imitazione servile della cultura anglosassone, ma quello di una spiccata originalità, che seguirà in modo indefesso gli ideali Negri. […]
Siamo americani, non solo per nascita o per cittadinanza, ma soprattutto perché sono americani i nostri ideali politici, la nostra lingua, la nostra religione. Il nostro americanismo, però non va oltre questo. Di lì in poi siamo Negri, membri di una immensa e storica razza. […] E’ nostro dovere conservare le nostre energie fisiche, le nostre capacità intellettuali, i nostri ideali spirituali. Come razza dobbiamo lottare […] solidali e uniti per costruire un’umanità migliore che non si faccia alcun problema a riconoscere le differenze tra gli uomini e che allo stesso tempo condanni senza appello le diseguaglianze nelle possibilità di progresso offerte agli uomini”.
Rinnovo i miei più vivi auguri di un buon 2022, che sia un anno in cui si riesca tutti a diventare più consapevoli delle nostre miserie e dei nostri pregiudizi.
[1] Da W.E.B. Du Bois, Sulla linea del colore- Razza e democrazia negli Stati Uniti e nel mondo, (a cura di Sandro Mezzadra), Il Mulino, Bologna, 2010, pp. 115-127. Testi di Du Bois sono stati citati in questa rubrica in una nota in data 15 luglio 2016 dal titolo W.E.B. Du Bois e la linea del colore.
[2] Thomas Henry Huxley (1825- 1895) biologo inglese
Friedrich Raetzel (1844- 1904) geografo ed etnologo tedesco
Friedrich Raetzel (1844- 1904) geografo ed etnologo tedesco
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