La meditazione si può definire come uno stato di puro essere, di chiara consapevolezza, di attenzione, di osservazione. L'accento non viene posto tanto sul cosa si fa, ma sul come.
Essa rappresenta il ritorno a uno stato originario naturale, in cui mente e corpo non sono in un rapporto di dualità, ma di unità. È una condizione non tanto da raggiungere, quanto da riconoscere. È un essere presenti e consapevoli nell'hic et nunc.
È una forma di rilassamento, un abbandonarsi al presente, una condizione autoevidente che si deve re-imparare ad assaporare.
È la condizione naturale della mente di quiete, di vuoto e di unità.
In essa si riduce la sensibilità agli stimoli esterni e si accentua quella agli stimoli interni.
Essa non solo consente di entrare in contatto con se stessi, ma anche con la realtà che ci circonda. Permette, inoltre, di avviare un percorso di crescita spirituale in cui le parole, la logica, la razionalità lasciano il posto a una forma di osservazione silente, priva di giudizi e di filtri.
La sua pratica, infatti, non resta circoscritta al momento specifico della meditazione, ma si estende al resto dell'esistenza quotidiana al punto da favorire un profondo mutamento del proprio essere nel mondo.
Esistono vari tipi di meditazione, ognuna con caratteristiche specifiche, modi di azione a livello fisico, psichico e psicologico. Esse sono accomunate dal fatto di comportare un addestramento volontario da parte della persona della propria attenzione e consapevolezza.
Ad esempio, alcune insegnano alle persone a focalizzare la loro attenzione su un mantra da ripetere in silenzio, un suono, un'immagine visiva, un oggetto o una domanda.
Nella meditazione consapevole il soggetto viene invitato a focalizzarsi sulla respirazione al fine di allenare le proprie capacità di concentrazione.
La pratica costante quotidiana promuove lo sviluppo della stabilità, della calma interiore e una condizione di mente non reattiva. Quest'ultima, a sua volta, permette di affrontare tutti gli aspetti che la vita presenta, compresi:
- l'ansia,
- la paura,
- il dolore.
Sono proprio la stabilità e la non reattività che fanno sì che sia possibile diventare degli osservatori compassionevoli di se stessi e degli altri.
Quando si presentano delle sensazioni spiacevoli nel corpo, come nel caso del dolore, la reazione più immediata è quella di contrarre i muscoli, anche se ciò accentua tale percezione.
L'osservazione compassionevole d'altra parte favorisce l'accettazione di tale vissuto e la comprensione di quelli che possono essere i primi segnali che possono indicare l'innesco di dolore acuto che, in questo modo, si può prevenire o quanto meno attenuare.
Gradualmente, nel tempo, si è cominciato a impiegare la meditazione anche in ambito clinico. In questo senso, infatti, non solo offre una possibilità per ridurre le sofferenze, ma rappresenta anche un modo per rafforzare la sensazione di potere e di autostimadei pazienti.
Kabat-Zinn è stato uno tra i primi ricercatori a introdurre la meditazione in ambito clinico.
Le ricerche scientifiche sulle modalità di azione e sull'efficacia della meditazione risultano piuttosto complesse. Spesso è difficile progettare e realizzare situazioni sperimentali accurate con gruppi di controllo, numeri sufficientemente estesi di partecipanti, accordo tra domande che ci si pone e relativi progetti di ricerca, oltre che definire in modo corretto e condiviso il termine.
Una proposta convenzionale in tal senso considera la meditazione una procedura che comporta:
- l'uso di una tecnica specifica,
- il rilassamento muscolare in alcuni momenti del processo,
- la "relazione logica",
- lo stato autoindotto,
- l'uso di una abilità focalizzata su se stessi ("self focus", o "áncora").
Il rapido incremento del numero di ricerche e la loro crescente qualità nel tempo sembrano essere, nel complesso, elementi alquanto promettenti nella direzione di un'indagine scientifica del fenomeno.
0 commenti