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La politica e la psicologia collettiva

27 Nov 14

A cura di Sarantis Thanopulos

La funzione primaria di una politica al servizio dei cittadini dovrebbe essere la protezione della qualità della loro vita.
Questo significa garantire che i loro bisogni materiali siano appagati e non interferiscano con lo sviluppo dei propri sentimenti, pensieri e desideri; che la soddisfazione delle condizioni oggettive della loro esistenza possa essere investita eroticamente, il che implica la creatività e tutte le forme d’amore che portano il piacere dei sensi oltre la pura carnalità (prime tra tutte l’amicizia/ fraternità e la sete di conoscenza); che le relazioni di desiderio siano sufficientemente paritarie in tutte le sue forme, da quelle direttamente erotiche a quelle sublimate,  come il piacere di maneggiare i propri strumenti di lavoro e di produrre cose che rispecchino la propria passione di vivere e l’aspirazione di  trasformare in modo soggettivamente significativo, espressivo l’ambiente in cui si vive; che le relazioni di desiderio non slittino in relazioni di potere dove il piacere diventa eccitazione e volontà di dominio; che il bisogno di sicurezza materiale e affettiva sia soddisfatto in termini che non precludano la possibilità di vivere esperienze di destabilizzazione e di godersene; che non restino chiusi in modelli dominanti ripetitivi dell’esistenza ma che possano accedere a esperienze inconsuete nel vivere i fatti consueti della vita quotidiana; che le regole attraverso cui si regolano le complicazioni inevitabili della vita comune non prendano il sopravvento sul desiderio e, invece di regolarlo, lo determinino normativamente, snaturandolo.
Sono condizioni ideali che, tuttavia, rappresentano dei punti irrinunciabili di riferimento, perché dove queste condizioni (strettamente intrecciate tra di loro) sono gravemente ferite, la salute psichica collettiva è gravemente danneggiata e si slitta verso un assetto emotivo e mentale difensivo, potenzialmente persecutorio, che può sfociare  in forme di violenza distruttiva, la cui configurazione più temibile è la tirannia, l’assolutismo.
Ci sono due forme di funzionamento psichico tra loro opposte. La rapporto con la realtà è il risultato delle innumerevoli modalità della loro combinazione. Una si apre all’imprevisto e alla possibilità  di esplorare spazi nuovi e trasforma continuamente la propria relazione con il mondo (consentendo le esperienze più intense di godimento); l’altra cerca costantemente di rendere prevedibile l’esperienza, fino ad appiattire ogni prospettiva di trasformazione, e si fida solo di ciò che resta uguale a se stesso. Quando la politica (l’arte della mediazione tra passione e senso di responsabilità, tra desiderio e relazioni sociali) fallisce e i cambiamenti li si subisce, piuttosto che promuoverli e gioirne, è la seconda forma di funzionamento psichico che prende il sopravvento. L’esigenza di una rappresentazione stabile della realtà, ottenuta ad ogni costo, prevale su tutto e sono consentite solo le  emozioni legate alla scarica immediata delle tensioni.
Una psicologia difensiva, che vede con sospetto ciò che non è di immediato consumo, si diffonde nella nostra vita e rende vana ogni visuale più complessa del futuro.  La manipolazione dei sentimenti e delle emozioni prende il posto della politica sconfitta e favorisce l’avvento al potere di coloro che più incarnano una percezione paranoica del mondo.
Nell’intermezzo, gli apprendisti stregoni occupano la scena, troppo immersi nei loro sogni ad occhi aperti (l’altro modo con cui si evade dalle difficoltà della vita) per accorgersi delle nubi che si addensano sopra le nostre teste.

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