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LA PSICOANALISI E GLI HATERS IDEALISTI

12 Feb 22

A cura di Sarantis Thanopulos

 

Gilberto Corbellini, filosofo della scienza, insegna bioetica alla Sapienza. Apostolo dell’interpretazione biologica del dolore psichico (siamo fatti di geni e di neuroni, il resto è aria pura) sostiene che la psichiatria, ostacolata dal modello psicodinamico, ha basi scientifiche flebili, inconsistenti. 

Corbellini è un idealista missionario. L’idealista cerca di elevarsi al di sopra di sé, (delle sue imperfezioni che ne fanno un essere umano reale, ma lo espongono anche a perdite e delusioni). Costruisce un modello del vivere impeccabile dove nulla è fuori posto. Così vive con un piede nella realtà e con un altro altrove. Non si accorge che la discrepanza tra ciò che egli è e ciò che dovrebbe essere agisce su di lui come censura inconscia: “Non sarai mai quello che potresti essere. Quello che dovresti essere sarà il tuo compenso morale, per averci provato tutta la vita, ma anche la tua condanna implacabile, perché, essendo di carne e ossa, desideri altro, e quindi non ne sarai mai degno”. 

L’idealismo missionario è un’ossessione: l’ideale deve incarnarsi nel suo cultore e, in più, deve materializzarsi nella vita come modo collettivo di sentire e di pensare. E se, ahimè, per fortuna di tutti noi e del missionario stesso, il miracolo non avviene, un nemico deve essere individuato. Attaccarlo in ogni occasione diventa un modo per restare abbracciati per sempre al proprio obiettivo ossessivo. Corbellini questo nemico l’ha trovato nella psicoanalisi (di cui nulla sa e di cui nulla vuole sapere, del tutto legittimamente). In una delle sue ultime prediche afferma: I ciarlatani sono ampiamente presenti nelle società della conoscenza. Addirittura, sono istituzionalizzati come dimostrano le pratiche legalizzate della biodinamica, gli omeopati, gli psicoanalisti, ecc. 

Cosa c’entrano la biodinamica  e l’omeopatia con la psicoanalisi, non è dato sapere. Tutto fa brodo. Dietro il suo disappunto per la giustizia terrena, Corbellini nasconde, in realtà, un appello accorato al giudizio divino. Uomo moderno, estraneo a ogni forma di pensiero medievale, non indugia, neanche un momento sull’idea di un duello scientifico (magari con le lance e a cavallo). Amante dell’età classica preferisce i fulmini scagliati, con la sua indispensabile mediazione, da Zeus. 

Egli, “tecnicamente” parlando, è un hater”. Non un uomo cattivo, nonostante la sua aspirazione evidente di essere odiato, ma un uomo che fa dell’odio un sentimento che è tanto più anonimo, quanto più è rivendicato. Il hater è mosso dalla necessità impellente di liberarsi di un proprio desiderio, perciò più impulsivo e roboante è il suo gesto, più diventa impersonale, privo di una vera motivazione soggettiva. Agisce in nome di un ideale di verità che non esiste se non come negazione inappellabile di qualcos’altro (l’oggetto veramente desiderato). La riduzione dell’esperienza umana al suo substrato biologico, ad esempio, nega la libertà desiderata dei nostri sentimenti e l’importanza delle nostre relazioni con gli altri. 

Spesso è l’idealizzazione difensiva dell’oggetto desiderato, nel caso di Corbellini un sapere rigoroso sull’uomo, che lo rende inaccessibile come oggetto reale. Negargli diritto di esistenza vera consente di mantenere una relazione ideale con esso, priva di coinvolgimento vero. L’attacco viscerale che gli viene rivolto sul piano della realtà, mistifica l’odio, che prende il posto dell’amore, e maschera il congelamento di uno sguardo appassionato sul mondo. Così la psicoanalisi, sapere imperfetto sui nostri desideri, sentimenti e affetti, che fa dialogare le loro contraddizioni, deve svanire per lasciare il suo posto a un sapere perfetto sull’uomo che trasforma le emozioni in riflessi nervosi. Il sapere perfetto, privo di contraddizioni e frutto di una fredda visione, è un “falso ideologico. Un epistemologo dovrebbe sapere che le grandi scoperte scientifiche hanno un legame forte con la poesia.  

 

 

 

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