Durante la sua breve guida del ministero greco dell’Economia, Yannis Varoufakis ha subordinato il suo agire a due idee: una buona e una cattiva. L’idea buona era che la vita austera, sobria e dignitosa, nulla ha a che fare con le politiche di austerità. L’idea cattiva (che ha avuto fautori illustri a partire da Platone) era che la ragione politica coincide con il ragionare correttamente (“orthos logos”). Il pensiero che valuta e calcola tutto in modo rigorosamente logico, dà risultati eccellenti nel campo delle scienze naturali, ma nel campo del governo della Polis, delle faccende umane che ne sono la materia viva, deve fare i conti con la psicologia.
I fattori psicologici politicamente più influenti sono le passioni e la paura. Le passioni sono le forze che trasformano la vita in profondità, la spinta propulsiva di ogni cambiamento reale. La paura è il sentimento dominante, quando le difficoltà che incontra un cambiamento necessario, sfociano in una situazione di instabilità duratura, o troppo repentina, rendendo il futuro imprevedibile.
La sinistra ha promosso trasformazioni sociali profonde (nel solco dell’evento rivoluzionario o di un grande progetto di riforma) solo quando ha saputo farsi interprete di una grande passione, di un movimento di emancipazione delle masse prodotto dal desiderio, dall’apertura senza riserve e esitazioni all’inconsueto. Tuttavia, le passioni sono difficili da gestire: detestano il calcolo e sono moderate solo dal senso di responsabilità, dall’intima necessità di proteggere le cose desiderate. Slegate dalla responsabilità, si riducono a forze puramente destabilizzanti, favorendo la reazione delle forze conservative. La destra ha sempre tenuto conto della paura, incentivandola. Ciò le assegna un indubbio vantaggio tattico: la paura (specie se mescolata con la rabbia e l’odio) si può manipolare facilmente. Convogliata in vie di scarica superficiali, crea inerzia psichica che produce un senso di stabilità rassicurante.
Varoufakis non è riuscito a mantenere lo scontro con Shaueble su un piano autenticamente politico, di confronto tra passione responsabile e paura. Il suo attaccamento all’astrazione logica l’ha messo in una posizione simmetrica a quella dei suoi avversari. La debolezza della politica nei confronti dei circuiti finanziari, sta favorendo un potere “iperpolitico”, potere puro, al di là di ogni dialettica tra padrone e servo, fondato sull’eccezione dalla regola e dalla vita. Questo potere, che coniuga l’azzardo con l’arbitrio, è l’espressione generalizzata del principio: “Testa vinco io, croce perdi tu”. Orientato a produrre profitti, tanto insensati tanto esponenziali, non è capace, per costituzione, di risolvere nessuno dei problemi umani.
Si può subire la prepotenza del più forte senza essere per sempre sconfitti. La sconfitta di Varoufakis è nell’aver fondato un progetto politico sul primato improprio della logica sulle passioni, le incertezze e le paure che attraversano l’Europa. La sua critica a Tsipras deriva dalla fede a una logica stringente, vissuta come verità, che è figlia di orgoglio intellettuale. Dimentica che in politica una teoria, anche la più intelligente, è vera se produce una trasformazione reale. Tsipras è restato nel campo politico, difendendo la passione europea del suo popolo (l’amore per la pace e la democrazia) e rispettando le sue angosce. Può perdersi in una serie di compromessi interminabile, ma non ha altra strada per resistere all’eccesso di arbitrio che avanza nel nostro mondo. Questo arbitrio, che riduce la vita in quantità manipolabili, nel confronto puramente logico non teme rivali.
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