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La storia di Maria Rosaria Sessa: giornalista vittima di femminicidio

27 Mag 18

A cura di Rossana Putignano

Un articolo di Angelo Barraco 

La sera del 9 dicembre del 2002, sulla statale 107, in Calabria, venne rinvenuto il corpo senza vita di Maria Rosaria Sessa all’interno di un’autovettura. Alle 23.25, le volanti della stradale giungono sul posto; la pioggia era incessante e rendeva scarsa la visibilità. C’era un coltello da cucina insanguinato, un mazzo di fiori e i documenti di Corrado Bafaro bene in vista. Non vi era dubbio alcuno in merito all’autore del delitto. Ma come ha avuto inizio questa brutta storia? Partiamo dall’origine. Maria Rosaria Sessa nacque a Rossano Calabro, vicino Cosenza, dove tutt’ora vive la sua famiglia. Finisce il liceo e si trasferisce a Cosenza per intraprendere gli studi universitari, dove si laurea in lingue con ottimi risultati riuscendo a parlare perfettamente inglese e spagnolo. Dopo la laurea rimane a Cosenza e intraprende la carriera giornalistica collaborando con la tv locale Metrosat, trasmissione di cui lei ne diventa il volto principale nell’edizione del telegiornale delle ore 19.30. Sul fronte sentimentale sembrava andasse tutto bene; aveva un fidanzato da dieci, ma dopo continui tira e molla Maria Rosaria decide di lasciarlo. L’assenza di un amore e di una protezione al proprio fianco la facevano sentire vulnerabile e fragile. Nel suo cuore e nella sua anima si era erano aperte le maglie di un ventre debole all’interno del quale Corrado Bafaro avrebbe coltivato poi la sua folle ossessione. Maria Rosaria conosce Corrado in un supermercato di Cosenza, in modo del tutto casuale. Tra i due scoppia immediatamente la scintilla. Ma chi è Corrado? E’ un uomo di 36 anni. Fa il rappresentante di prodotti per dentisti e ama mantenete un tenore di vita abbastanza alto. Nel suo passato, però, c’è un matrimonio finito e un’accusa per percosse da parte dell’ex moglie. Lui riempiva Maria Rosaria di tutte quelle attenzioni che compensavano le sue fragilità e le sue insicurezze. Ma la felicità di quei primi giorni d’innamoramento, in cui ogni gesto sembrava assolutistico e irrazionale, dura pochi giorni. La morsa di gelosia e ossessione di Corrado snatura gradualmente quell’armonia, stringendo Maria Rosaria in una morsa. La donna non riconosceva più quell’uomo gentile e premuroso di cui si era innamorata poche settimane prima al supermercato e consapevole del fatto che non avrebbe mai potuto costruire alcun futuro con lui, inizia a prendere le distanze. Il rapporto loro entra in crisi, ma la carriera professionale di Maria Rosaria invece decolla e si presenta  un’importante opportunità lavorativa in cui si prospetta un trasferimento in Canada per sei mesi. Corrado si oppone a quella partenza e temendo che quella possa essere una scusa per lasciarlo, impone a Maria Rosaria di non partire, lei però è inamovibile nella sua scelta professionale e non sia abbassa. Corrado reagisce in modo violento a quel ‘no’ e la afferra per il collo, sbattendola in modo violento contro il muro. Dopo quel gesto violento e inspiegabile, Corrado costringe Maria Rosaria a dormire con lui quella notte. Una notte insonne quella di Maria Rosaria: tanti i dubbi che si accavallano nella sua mente ed è forte il desiderio che sia l’alba di un giorno nuovo. Lei  non chiude occhio, ha paura di quell’uomo che dorme al suo fianco e il giorno successivo –tornata a lavoro- racconta quanto accaduto alle colleghe, che le consigliano prontamente di denunciarlo, ma lei sottovaluta il gesto che ha subito e non denuncia, precisando però che avrebbe chiuso la relazione. Maria Rosaria non si sente più sicura nemmeno in casa propria, inizia ad avere paura, è turbata dalle chiamate ossessive che riceve e inoltre, durante la notte, sentiva spesso passare sotto casa  una macchina con lo stereo ad alto volume e con la canzone che lei e Corrado ascoltavano sempre. Le amiche, preoccupate, le suggeriscono di allontanarsi da Cosenza: lei segue il consiglio e va a casa dei genitori, in quel nido che l’aveva vista crescere e l’aveva protetta. Lunedì 9 dicembre 2002, come di consueto, Corrado ossessiona Maria Rosaria con innumerevoli chiamate, ma lei quel giorno lascia la redazione prima del solito e incredibilmente accetta un invito a cena da parte di Corrado. Lui si presenta a cena con un mazzo di rose. Sono ignoti i meccanismi che si sono innescati in quel preciso momento e che hanno portato alla rottura degli equilibri comunicativi, già precari, gravemente danneggiati da atteggiamenti persecutori e coercitivi. Si presume che tra i due possa essere scoppiata una lite. Corrado percorre la strada che porta verso il mare e uccide Maria Rosaria –che ha cercato di difendersi in tutti i modi- con un coltello da cucina: una furia omicida inarrestabile che non le lascia scampo e che la colpisce quattordici volte, con un ultimo fatale colpo alla gola. Perché Maria Rosaria ha voluto incontrare Corrado quella sera? Cosa si sono detti? Perché Corrado l’ha uccisa? Domande che non troveranno mai una risposta. Sul luogo del delitto giungono le volanti della stradale: la pioggia era incessante e c’era buio ma dall’ispezione emergono i documenti di Corrado. Non c’era alcun dubbio sull’autore del delitto. Scatta la caccia una caccia all’uomo che dura diversi mesi, ma Corrado Bafaro sembra essersi volatilizzato. Numerose le segnalazioni che giungono da ogni parte del mondo ma senza esito. Nel mese di aprile la svolta: giunge in Questura una segnalazione da Fiumefreddo Bruzio, un villaggio di mare vicino al luogo in cui è stata uccisa Maria Rosaria. Il giardiniere di una villetta utilizzata nel periodo estivo ha notato qualcosa di strano. Immediatamente giungono sul posto gli inquirenti e trovano il corpo senza vita di Corrado Bafaro. Si era impiccato. Nell’area giungono anche i Magistrati, Polizia Scientifica per i dovuti accertamenti. Dalla ricostruzione è emerso che dopo l’omicidio, ha compiuto una pericolosa discesa fino alla spiaggia per poi arrivare a piedi fino a Fiumefreddo. Ha rotto un vetro di una finestra ed è entrato nella villetta, si è tolto i vestiti bagnati, si è preparato un caffè, ha bevuto un liquore scaduto e poi si è impiccato. “Si può chiudere un occhio sulla realtà, ma non sui ricordi” disse lo scrittore e poeta polacco Stanisław Jerzy Lec. Nel 2007 è stata inaugurata una panchina rossa nel cuore dell’isola pedonale di Cosenza per ricordare Maria Rosaria Sessa e le altre donne vittime di femminicidio. L’iniziativa è stata promossa dal Circolo della Stampa di Cosenza, che porta il nome della giornalista uccisa e patrocinata dall’amministrazione comunale. La panchina rossa si trova tra Corso Mazzini e Piazza Bilotti.
La Dottoressa Rossana Putignano, psicologa, psicoterapeuta, psicologa forense ci ha riferito che “Tornavo da uno dei miei viaggi a Reggio Calabria, dove ci stiamo occupando del caso di Madalina Pavlov. Proseguendo da Piazza Bilotti per via Mazzini tutto mi sarei aspettata tranne che trovare una panchina rossa, oltretutto dedicata ad un’altra vittima.  Cercavo solo un posto al sole invece ho trovato un angolo lettura con questa panchina rossa appariscente che recava la targa della sua inaugurazione in memoria di Maria Rosaria Sessa, una giornalista. Signori, una giornalista che si occupava di cronaca nera, una cosa paradossale, sembra che il destino si beffi di noi con questi giochi macabri. Proprio come la povera Madalina Pavlov avrebbe voluto occuparsi di criminologia! Ero indecisa se sedermi o meno, mi sembrava di violarne addirittura il ricordo, tutto sommato sembrava che fosse li ad aspettarmi, come una sorta di richiamo. Di qui l’idea di ricordare con un articolo chi era Maria Rosaria Sessa e cosa è stata per tutti coloro che la conobbero. 
La Dottoressa Mary Petrillo, criminologa, Coordinatrice del Crime Analysts Team, Docente Master Università Niccolò Cusano ci ha riferito che “Il Femminicidio è, a mio parere, qualsiasi forma di violenza: la violenza fisica, psicologica, economica, rivolta contro la donna, è uno specifico reato ed è possibile considerarlo un crimine contro l'umanità. Il fatto di non rispettare i diritti delle donne lede, infatti, tutti noi. Ciò  presuppone la costruzione di relazioni sociali diverse, incentrate sulla Persona in quanto tale e sul rispetto reciproco a prescindere da ogni forma di diversità, sia essa sessuale, etnica, ecc. Purtroppo la cronaca ci riconferma che il  "femminicidio" è l'epilogo di un disagio vissuto in famiglia. Da fonti statistiche internazionali,  la violenza domestica è esercitata, nel 95% dei casi sulle donne. In genere chi commette atti di violenza è il marito o compagno, che vuole, a tutti i costi, avere completo controllo sulla sua donna, fino al punto di, nella maggioranza dei casi, portarla ad avere una bassa autostima e a un "mal di vivere" , tanto che, quando la situazione si "cronicizza", diventa quindi violenza quotidiana, la donna non reagisce più e aumenta la sua dipendenza psicologica nei confronti del marito/compagno abusante o può accadere, invece, che la donna riesca a liberarsi da questo rapporto "malato" e quindi l'uomo mette in atto azioni per umiliare la propria donna e sempre per affermare quel controllo che di fatto non ha più sulla propria vittima e sfoga così la sua rabbia, nei casi estremi addirittura si arriva all'omicidio. Un identikit tipico  dell'uomo che esercita violenza e quello di una donna che la subisce non esiste. La violenza sulle donne, infatti, è di tipo trasversale, ossia, riguarda tutte le classi sociali. Per capire la tipologia del soggetto abusante è necessario fare riferimento a tre necessità che l'uomo vuole soddisfare: controllo, possesso ed anche invidia, che sfociano in  gelosia morbosa. Alla base di tutto ciò c'è l'insicurezza , ossia la paura di perdere  quella parte di se stessi che acquisisce valore a seconda della persona con cui si è in relazione. Il controllo che il soggetto abusante esercita sulla vittima avviene, in molti casi, attraverso la distruzione di  oggetti, poi si sfoga sugli animali domestici, sui figli e  sulla propria compagna.  Questa escalation è attuata, in quanto, il soggetto abusante ha un vero e proprio desiderio di provocare una grossa sofferenza alla propria vittima. A tutte le donne consiglierei, di stare lontane da un uomo  che è, in modo ossessivo, geloso e morboso o che sia eccessivamente narcisista: la relazione andrebbe stroncata sul nascere, in quanto questa tipologia di uomo si rivela abbastanza in fretta, però, se la storia è iniziata, ma poi portata a termine dalla donna, non accettate mai di incontrare il soggetto da sole, mi riferisco al  "famigerato ultimo incontro chiarificatore" . Rivolgetevi ai centri antiviolenza più vicini a voi e lì sarete seguite gratuitamente sia a livello legale che psicologico”. 

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