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LA TERRA BRUCIA E A NESSUNO IMPORTA, PARE….

31 Lug 22

A cura di sarantis.thanopulos

La terra brucia letteralmente, il cambiamento climatico non è più da tempo una prospettiva fondata su previsioni ragionevoli. Prende sempre di più la forma di una catastrofe che già annunciata da mille evidenze, si presenta davanti alla nostra porta di casa, anticipando con la siccità carestie e una sequenza di pandemie nuove (oltre a devastanti crisi economiche: già si annusa in aria la deflazione). I super vertici mondiali non hanno prodotto nessuna misura realmente condivisa in grado di contenere il disastro ambientale (invertire la situazione è ormai impossibile), il “capitalismo verde” si è sciolto come ghiaccio in un bicchiere d’acqua e la Corte Suprema degli Stati Uniti ha pensato fosse suo compito primario opporsi all’impegno americano, colpevolmente tardivo, di ridurre le fonti del surriscaldamento del pianeta. 

Nulla di questo è degno di nota. Ciò che è davvero degno di nota è il fatto che la maggioranza della popolazione mondiale della situazione ambientale catastrofica non se ne importa niente. E di coloro che se ne importano, la maggior parte sono rassegnati al peggio, immersi in un pessimismo vissuto come virtù redimente. Sorge spontanea la domanda: di cosa si importano realmente gli esseri umani del nostro tempo? Questo non è chiaro a nessuno e ne dobbiamo essere consapevoli.  

La cosa sicura è che la tendenza collettiva dominante è il diniego della realtà, diventata estremamente precaria e largamente invivibile per “errore umano”: la concatenazione di errori preterintenzionali nella forma -poiché si compiono allegramente azioni nefaste senza determinarne le implicazioni-, ma assolutamente non privi di cattiva fede. Chi si ricorda oggi Berlusconi quando affermava che le previsioni sul peggioramento climatico da parte degli scienziati erano pregiudiziali e sbagliate? Promosso ultimamente a statista, perché si pensa che la vecchiaia porta consiglio (come la notte), mentre di solito aggrava i difetti già presenti, è stato il vero artefice della caduta di un governo rappresentante, in un momento confuso, un equilibrio democratico tra forze opposte, in gran parte populiste e avventuriere.   

Il risorgere dell’estrema destra non salverà il pianeta, l’affosserà definitivamente, ma dove sono i cittadini in grado di resistere a questa deriva? Il grande sconfitto della regressione culturale e politica a partire dagli anni di Thatcher e Reagan, è stata la società civile in tutto il mondo. 

La concentrazione selvaggia della ricchezza, la robotizzazione della forza lavoro e la digitalizzazione non dell’apparato logistico dell’esperienza, ma dell’esperienza stessa, hanno prodotto una precarietà occupazionale mai vista, hanno dissolto le relazioni private e sociali, hanno fatto evaporare il tempo libero e hanno fatto confluire il tempo di lavoro nel tempo folle dell’accelerazione continua, scandita dall’azione performante. Si vive al presente continuo, di conseguenza il futuro (le sue minacce e le sue potenzialità) non esiste, dal passato non si apprende niente e il lutto (il travaglio connesso alla trasformazione) è una parola brutta.  

La maggioranza degli umani vivono allo stato dell’indifferenza, giorno per giorno. La domanda che più rapidamente si diffonde, e determina ormai il mercato, è quella dei dispositivi di eccitazione e scarica; la creazione di una neo-realtà che aiuti a dimenticare la realtà vera, a  fuggire in un mondo di fantasia pura, necessariamente autistico, autoerotico. Ciechi come talpe ci scaviamo la fossa. 

Questo è il mondo della “resilienza”: l’adattamento costante al peggio (a cui dà mano forte il diniego del mondo reale), il rifiuto di trasformarci per trasformare le condizioni della nostra esistenza, lo stoicismo di fronte alle catastrofi che deriva da uno stato perenne di auto-ipnosi (l’effetto vero di ogni tipo di droga). Se non facciamo uno sforzo per combattere l’indifferenza, la realtà ignorata ci castigherà in modo severo.

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