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La variante populista recensione del saggio di Carlo Formenti

30 Apr 17

A cura di Leonardo Montecchi

Il saggio di Carlo Formenti e', secondo me, molto importante perché analizza il populismo contemporaneo non solo in europa ma in tutto il pianeta.

Lo sfondo metodologico e' dato da una analisi materialista che adopera le categorie marxiane  per una analisi della "lotta di classe nel neoliberismo" come recita il sottotitolo.
Formenti parte da una constatazione che prende da Luciano Gallino e cioè che dagli anni ottanta siamo all'interno di una "guerra di classe dall'alto"
Questa analisi della lotta di classe significa che l'autore si implica con l'oggetto della sua ricerca e dichiara il proprio "punto di vista" militante.
Ma, e qui c'è l'aspetto più interessante di questo lavoro, 
se e' vero che la "guerra di classe dal alto" ha prodotto una trasformazione della economia capitalistica nella direzione della finanziarizzazione allora questo cambiamento come si è' tradotto nella composizione delle classi sociali?
La globalizzazione dei flussi entra in conflitto con i luoghi come dice Manuel Castells, questo conflitto sostituisce il conflitto di classe?esiste oggi la classe antagonista? E da chi è composta?
Attorno a questi interrogativi si sviluppa l'analisi di Formenti che cita il lavoro di Dardot e Laval ( la nuova ragione del mondo, critica della razionalità neoliberista)la dove gli autori parlano della costruzione del soggetto  da parte della razionalità neoliberista.
Questo passaggio, che verrà ripreso più volte nel saggio e' contrapposto alla visione deleuziana del "soggetto desiderante" ed anche al soggetto dei teorici post-operaisti "descritto come in grado di autovalorizzarsi e autoprodursi. "
Questo punto centrale mi interessa molto. Che lo Stato si sia identificato con l'economia capitalista mi sembra una constatazione difficile da confutare così come e' inconfutabile che, come dice Marx nei Grundrisse "La produzione produce percio' non soltanto un oggetto per il soggetto, ma anche un soggetto per l'oggetto ".
E' cioè anche quando parliamo di capitale, per Marx,parliamo di una relazione fra una parte costante ed una parte variabile. La parte costante, nella lettura marxiana e' lavoro accumulato,o lavoro morto, e la parte variabile e' il lavoro vivo.
Ora se il soggetto, o meglio, i soggetti si considerano capitale variabile, nei  vari sensi di questo termine, compreso quello attualmente pervasivo di "imprenditori" di se stessi, il processo di produzione del soggetto e' compiuto. Ma, se scendiamo all'interno della soggettività potremmo scoprire che questa identificazione ideologica appartiene a quella parte del soggetto che Freud chiamava super-io, o se vogliamo e' una soggettività che appartiene all'ordine simbolico dominante, costruita dall'esterno cui ci si deve uniformare come richiesta del grande Altro.
Ma, e qui, credo sia il punto in questione di tutto il saggio, come si costruisce un soggetto che prenda coscienza di questo processo? 
Jean Paul Sartre nel suo "Critica della ragione dialettica" ad un certo punto affronta il tema del gruppo e ci dice che esistono gruppi in serie come ad esempio le persone che aspettano l'autobus in fila, ma possiamo estendere il concetto di serie a tutti i soggetti "pienamente adattati alle pratiche e ai valori del mercato", ma esistono anche gruppi in fusione, cioè gruppi che si costruiscono attorno ad un compito e producono soggettività. Guattari a questo proposito parla del passaggio da gruppo oggetto a gruppo soggetto.
Per noi questo significa passare da un aggruppamento ad un gruppo operativo. Questa trasformazione e' resa possibile dal lavoro attorno al compito che ha fondato il gruppo.Significa imparare a pensare rompendo gli stereotipi che costituiscono l'aspetto istituito della soggettività.
Tutto questo ci rimanda a come avviene la "presa di coscienza" e cioè detto nei termini classici che Formenti riporta nel suo testo come si passa dalla classe in se alla classe per se.
Dunque innanzi tutto chi o cosa e' la classe in se? Qui il testo prende in considerazione la mutazione del modo di produzione con il tema della "scomparsa" della classe operaia. Formenti trova un importante elemento di polemica con " la svolta linguistica nell'economia" titolo di un importante testo degli anni 90 di Cristian Marrazzi.
In buona sostanza Marrazzi analizza il passaggio dalla produzione fordista che implica lo stoccaggio dei prodotti in enormi magazzini alla produzione pos-fordista che viene definita :just-in-time. Cioè la produzione diventa direttamente in funzione della vendita eliminando gli stoccaggi. Questo implica che la comunicazione ed il flusso di informazione diventa fondamentale per la produzione. Lo sviluppo dell'informatica e' strettamente funzionale a questa svolta. Così le fabbriche post fordiste riducono gli operai, in termini marxiani cambia la composizione organica del capitale con un aumento esponenziale del capitale fisso ai danni del capitale variabile. 
Questo fenomeno e' stato interpretato come la "scomparsa della classe operaia" e se pensiamo a grandi fabbriche come Mirafiori di Torino che passa da circa 50.000 operai nel 1970 a poco sopra i 20.000 nel 2000,ne abbiamo il riscontro numerico.
Formenti però ci dice che la classe operai non è affatto scomparsa ma si è delocalizzata. A questo proposito analizza in dettaglio la situazione attuale della Cina con un aumento della classe operaia di città ed una inurbazione di milioni di contadini che considera effetto della delocalizzazione delle produzioni capitalistiche in cerca di forza lavoro a basso costo. Un classico della analisi marxista. Tuttavia a fronte della delocalizzazione e della globalizzazione del capitale non e' avvenuta la globalizzazione della coscienza di classe,manca la comunicazione e l'informazione su scala planetaria. 
Però questa mancanza non è analizzata da Formenti che critica invece la posizione post operaista sulla svolta linguistica della produzione capitalistica e sulla identificazione della "nuova classe operaia" negli operatori di software, nei creativi, in tutti quegli intellettuali che mettono la loro attività nella comunicazione finalizzata alla valorizzazione capitalistica. Si tratta di quelli che sono stati definiti "lavoratori cognitivi" della produzione immateriale.
Questi lavoratori costituirebbero il "cognitariato" cioè il nuovo soggetto rivoluzionario, la nuova classe antagonista.
Formenti critica radicalmente questa teoria, sostiene, da buon materialista che nella " economia e capitalismo digitali" non ci sia nulla di immateriale.
Dice ad un certo punto " non c'è software senza hardware, le informazioni non sono -puri- segni ma iscrizioni materiali su disco rigido, ne' l'intera industria informatica potrebbe esistere senza il lavoro -fisico- di milioni di operai e operaie dei paesi in via di sviluppo"
Questo è' chiaro ma non considera , a mio parere, che un segno ha una sua materialità  ma è anche "qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche aspetto o capacità" come dice Peirce.
 Ad esempio "l'acqua santa" e' materialmente H2O ma il suo significato non e' comprensibile con la composizione materiale. C'è un codice, che è necessario conoscere, che attribuisce all' "acqua" raccolta in un contenitore e trasformata da un rito in "santa" un significato purificatore non solo materiale ma anche spirituale secondo una complessa visione del mondo.
Così , secondo me, la svolta linguistica, la produzione immateriale ecc. sono meglio definite dal concetto di "semiocapitalismo". Cioè la produzione di segni che hanno un significato secondo un codice. Ad esempio il segno che marchia le scarpe Nike non significa solo, comodità della calzatura, non descrive il valore d'uso della scarpa. Ha un significato simbolico. Possedere quelle scarpe,significa entrare in una mitologia contemporanea come diceva Roland Barthes. E' vero che la produzione materiale di scarpe in quanto scarpe si è delocalizzata ma la valorizzazione continua del marchio attraverso il marketing cioe' la linea di produzione simbolica che collega un segno ad un significato rimane al centro del processo produttivo. Il semiocapitalismo si serve di strumenti digitali per produrre un ordine simbolico funzionale alla propria valorizzazione.
E' chiaro che questa produzione non avviene da se ci sono  una quantità di addetti alle macchine di tutti i tipi, comprese le videocamere, i creativi che producono le narrazioni, i ricercatori e tutti gli operatori che sono sussunti dal semiocapitalismo , il capitale variabile. Questi "cognitari" hanno scarsa coscienza di essere una classe, per Formenti non lo sono. Tuttavia, per me, sono uno strato sociale che vive una vita totalmente alienata, da una parte si percepiscono come liberi professionisti imprenditori se stessi, artisti creativi, dall'altra in realtà sono espropriati delle loro opere che servono per valorizzare il capitale e non possono usarle a loro piacimento.
In questo quadro contemporaneo Formenti parla di soggettività alternative possibili e fa riferimento all'America latina ed analizza in particolare l'Equador, il Venezuela e la Bolivia. Il suo interesse va verso la teorizzazione di Alvaro Linera, l'attuale vicepresidente boliviano.
Linera valorizza le comunità indigene, la solidarietà e l'organizzazione della vita quotidiana che contrappone al capitalismo imperiale e di rapina. Nella rete di comunità e nella loro insorgenza, Linera vede il soggetto antagonista al neocapitalismo attuale.
Il soggetto collettivo, attraverso una serie di alleanze e' stato in grado di costruire una egemonia secondo l'insegnamento gramsciano ed ora governa la Bolivia con il presidente Morales.
Il testo di Formenti, mi ricorda il Marcuse che individuava il soggetto rivoluzionario negli strati emarginati, nelle pieghe della società e considerava integrata nel sistema la classe operaia. 
E' vero che a partire dalla comunità insorgente degli zapatisti nel Chapas le soggettività indigene si presentano come alternativa all'idea di progresso strettamente legata al capitalismo ma anche a un certo tipo di marxismo che vede nello sviluppo delle forze produttive l'ineluttabilità della rivoluzione per via della contraddizione fra lo sviluppo delle forze produttive ed i rapporti di produzione che arriverebbe ad un punto in cui i rapporti di produzione impedirebbero lo sviluppo delle forze produttive e quel punto si innescherebbe il processo rivoluzionario.
Un po' di questa visione rimane negli accellerazionisti che sono convinti sia necessario accelerare lo sviluppo capitalistico per provocare la rivoluzione.
Questa idea ottocentesca del progresso come valore in se era già stata criticata da Leopardi ed è oggetto della critica di Pasolini che vede nel progresso la mutazione antropologica verso l'omologazione culturale. 
C'è una altra linea in Marx che vede la contraddizione principale per esempio O'Connor dice che in Marx non c'è solo la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione ma secondo lui ne esiste una altra tra sviluppo delle forze produttive e condizioni della produzione. Questa seconda contraddizione spiegherebbe la crisi ambientale come effetto del modo di produzione capitalistico.
Per condizioni della produzione Marx intende l'ambiente naturale ed è' evidente che se questa contraddizione arriva ad un certo punto si produce una catastrofe ambientale.
Non mi pare che la riflessione di Formenti si sviluppi su questa contraddizione principale del capitalismo che a me pare decisiva.
E' certo, secondo me, che per costruire un soggetto collettivo capace di prendere coscienza di questa contraddizione e' necessario aggregare tutti quei momenti frammentati che si oppongono alla ideologia neoliberista e al ordine simbolico dominante.
Formenti pensa che la costruzione di un popolo possa spezzare la "nera prigione di ferro" per dirla alla Philip Dick in cui viviamo. Ma quale popolo,quale populismo?
 Credo che il riscaldamento globale possa essere combattuto solo dal popolo del pianeta. Ogni riproposizione di singoli popoli o nazioni particolari non sarebbe all'altezza della soluzione della contraddizione principale. D'altra parte non credo che la nazione planetaria si costruisca da se. Ci vogliono delle esperienze esemplari, delle comunità insorgenti, delle lotte contro la distruzione del ambiente e del territorio, le lotte delle comunità di migranti e il rifiuto dello stile di vita consumista. 
E' sempre più necessario costruire un soggetto collettivo imperfetto  un soggetto " destituente" come dice Agamben  che si colloca al lato della macchina o del dispositivo che lo istituisce. Prima è' necessario destituirsi per poi divenire istituenti. Questi passaggi si ammantano di idealismo se non si individua un soggetto concreto,ontologico,come la classe operaia del primo operaismo, la "rude razza pagana" di cui parlava Tronti che, come si è visto,ha subito una mutazione fondamentale. Formenti, a questo proposito, cita Laclau e la sua teoria, ripresa da Lacan del significante vuoto, cioè la riunificazione di un soggetto antagonista potrebbe avvenire attorno ad un concetto di significato fluttuante, ambiguo, dico io, così si produrrebbe un popolo che si identifica con un leader ambiguo non certamente in un compito comune. Trovo che l'ipotesi di Laclau sia l'ennesima visione idealistica,presa da Lacan,che pensa l'ordine simbolico  come una struttura a temporale e non come effetto della lotta di classe.
L'ambiguità  e' strettamente imparentata con la malafede,analizzata da Sartre, e porta alla costruzione di soggettività "come se". Continuo a pensare che sia necessario individuare un nucleo di base per costruire un soggetto collettivo cosciente di se antagonista al capitale. Un soggetto composto di corpi, carne e sangue,emozioni e sentimenti, affetti e pensieri.
Mi pare che questo sia un soggetto frattale cioè frastagliato, composto da molteplici forme di opposizione che praticano il legame sociale come dice Formenti, citando Lukacs, si tratta della ontologia dell'essere sociale.Ora ,io penso, che il semiocapitalismo frantumi l'essere sociale in una miriade di individui che a loro volta sono frammentati in particelle elementari, quelle particelle descritte da Houellebecq, quindi in tutte quelle situazioni e quei momenti in cui l'essere sociale si manifesta in quanto tale: lotte di fabbrica, nella logistica,occupazione di case, lotte contro la distruzione dei territori ma anche feste autonome, momenti di autogestione, rottura delle routine 
In tutte queste forme si presentano gli embrioni di un soggetto collettivo cosciente di se. Ma, vorrei aggiungere che l'ontologia dell'essere sociale non è sufficiente a costruire il soggetto collettivo e', secondo me, necessaria l'ontologia del non essere ancora di cui parla Ernest Bloch. E' cioè la consapevolezza di stare costituendo la comunità che viene, come dice Agamben, mettendo assieme i frattali di manifestazione dell'essere sociale.
Un compito complesso per cui bisogna prepararsi, questo libro di Formenti e' uno strumento di lavoro irrinunciabile.
 
 
 

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