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La via labirintica di Andrea Calvi

28 Mag 22

A cura di Davide D'Alessandro

È raro trovare un autore capace di perfetta sintesi tra dimensione teorica e dimensione clinica, tra i libri che ha letto e le esperienze di vita che conduce quotidianamente con sé e con i pazienti.
Andrea Calvi, saggista, psicoterapeuta, analista junghiano, aveva già dato prova del suo talento nel 2019 con “Quel che resta di Dio, forme del Sacro nella cultura contemporanea e nella clinica”. Ora, con “La via labirintica. Percorsi iniziatici nel mito, nel rito e nella clinica psicoanalitica”, edito da Moretti&Vitali, tocca corde fondanti dell’interiorità mostrando, come spiega bene Mauro Aprile Zanetti nella prefazione, che “la mitologia è la più alta espressione della letteratura – dunque la più alta forma della creazione del possibile – vale a dire di quell’arte dell’invenzione confabulatoria capace di sospendere il ciclo del tempo; di aprire uno spazio di ricreazione; imbastire un carnevale per fare festa nel regime della razionalità vigile e insonne che genera mostri, procrastinando la morte con la voce della poesia, la danza e il canto, e finalmente… prendere fiato dalla miseria umana. Tutto il resto è rumore che passa senza lasciare ombra di suono dentro la natura delle cose che sguazza nel perimetro della rosa dei venti”.
Proprio come un vento appare talvolta il volume, un vento che investe chi si lascia investire, un vento che chiama alla responsabilità di sé, un vento sognante e desiderante di scompaginare vecchie trame, di affidarsi alle immagini e ai sogni che muovono verso l’altro, verso l’inatteso.
Scrive Calvi: “Parlare di psiche, come Jung più volte sottolinea, significa anche affidarsi alle immagini e al loro portato simbolico; ogni percorso esistenziale, se vissuto dando importanza alla propria interiorità, alle intuizioni che vengono dall’anima, comporta una continua messa in discussione, un continuo confronto con quell’altro che sussurra da dentro, attraverso i sogni, le fantasie, e comporta la disponibilità ad ascoltare, ad ascoltarsi, a seguire i pallidi segni lasciati sulla strada dalla propria curiosità, che è attitudine alla ricerca”.
Calvi, che è lettore attento di Carla Stroppa (“Gli spostati”), sa “quanto sia importante riconnettere la propria soggettività alla propria ‘verità’ e quanto questo sia una questione non solo di costruzione nel reale, di progresso in campi quali la professione o lo status sociale, ma altrettanto di valorizzazione della propria attitudine più intima, che va curata, difesa e incarnata”.
La via labirintica è la via che tutti dovremmo percorrere con la consapevolezza di non essere soli, poiché tanti altri umani ci hanno preceduti nei percorsi iniziatici, nella scoperta dell’ignoto, nella separazione dal flusso banale e dalle vie scontate e senza sapore di chi non vuole rischiare. C’è una tradizione, tra mito e rito, che ci invita ad affrontare il viaggio. La psicoanalisi è questa compagna fedele che, se intesa e praticata nel modo giusto, reca in sé la possibilità di un cambiamento, di uno sguardo diverso sulle vicende proprie e del mondo, su quella scheggia di eternità che ci abita, che è ponte fra il singolo e il mare della vita, su quella scheggia di eternità chiamata anima.

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