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Le competenze dello psicologo

21 Feb 22

A cura di ciofi

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Per esercitare la professione di psicologo occorre una laurea quinquennale (magistrale) in psicologia, un anno di tirocinio e successivamente avere sostenuto e superato l'esame di stato ed essersi iscritti all'Ordine.

Ma quali sono le competenze dello psicologo? Come deve essere intesa la consulenza psicologica? quali sono i limiti dell'esercizio della professione quando si ha a che fare con minorenni?

Prendendo spunto da un quesito posto da una giovane collega appena iscritta all'Ordine la collega Anna Barracco con chiarezza sintetizza la risposta a tali quesiti.

Domanda
Salve!! Avrei alcune domande tecniche relative alla professione dello psicologo! Premetto che sono laureata in psicologia e ho sostenuto l'esame di stato. Volevo capire come funzionano le consulenze per chi è in possesso del solo titolo e abilitazione dell'esame di stato. E' ovvio che non si possono trasformare in psicoterapie, tuttavia volevo capire quante se ne possono fare, e come ci si comporta con i minorenni, a livello burocratico. Un'altra domanda è se l'iscrizione all'albo pregiudica altri lavori. Grazie mille!!

Risposta
Cara Valentina, giovane Collega, intanto, benvenuta nel nostro mondo, nel nostro Albo. Ti rispondo subito, quesito per quesito:

  1. Lo psicologo, abilitato e iscritto all'Albo nella sez. A, può fare tutto quello che è scritto nell'art. 1 della nostra legge istitutiva, la legge 56/89, detta "legge Ossicini". Può occuparsi dunque di prevenzione, cura, diagnosi e riabilitazione dei soggetti e dei gruppi nei contesti più vari. Naturalmente queste attività (prevenzione, cura, riabilitazione, diagnosi) sono da intendersi come espletate dal punto di vista, dal "vertice" psicologico (dunque è chiaro che lo psicologo non può erogare cure mediche, o riabilitazioni in senso fisioterapico, tanto per fare esempi banali). Se si tiene presente questa peraltro ovvia restrizione, tutto il resto è campo di intervento profesisonale dello psicologo, che in quanto tale può progettare interventi, piani riabilitativi (per esempio nell'ambito del disadattamento, dell'handicap, della marginalità, ecc.), può fare diagnosi psicologica e di intelligenza, di personalità, di competenze emotive, attitudinali, ecc., attraverso l'utilizzo di test proiettivi o misurativi, può occuparsi di prevenzione e di interventi quindi in ambito scolastico e comnuitario, volti all'incremento delle consapevolezze, all'acquisizione di corretti stili di vita, alla tolleranza rispetto alle diversità, può coadiuvare efficacemente interventi di educazione civica attraverso la messa a punto di programmi che comportino l'utilizzo di metodi attivi, ecc.
  2. La consulenza clinica psicologica
  3. Rispetto alla "cura", può fare consulenze, sostegni, brevi o lunghi, in quanto gli interventi professionali non si distinguono da un punto di vista quantitativo, ma qualitativo. Esistono infatti psicoterapie brevi, anche brevissime, che però implicano l'uso di strumenti, di procedure e di tecniche che lo psicologo non psicoterapeuta non può usare, viceversa, di per sé, sul piano giuridico e formale, non esistono limiti quantitativi ad un intervento di sostegno e di ascolto. Questo sul piano giuridico. Sul piano etico-deontologico, posso dirti che in realtà, poiché il campo è vastissimo, è chiaro che uno psicologo appena laureato, senza una specifica e seria formazione sulle tecniche di intervento gruppale (per es.) che si improvvisi a condurre gruppi con Role Playng o altre tecniche, commette una profonda scorrettezza deontologica e in ogni caso rischia di perdere una buona occasione di crescita personale e profesisonale, rischia di farla perdere ai suoi clienti (nel migliore dei casi), e se gli va male rischia di trovarsi in difficoltà e di mettere in difficoltà le persone che a lui si affidano, oltre che rischiare di lasciare alla società, nel tempo (se questi comportamenti si diffondono) l'idea di una profesisone improvvisata e poco incisiva. Anche per quanto riguarda gli interventi individuali o di coppia, valgono le stesse indicazioni. Per quella che è la mia esperienza (ma devo dire che da moltissimi anni manco dall'università, e quindi è possibile che qualcosa sia cambiato, come è possibile che le cose non siano identiche ovunque) all'università si imparano abbastanza bene le tecniche di diagnosi, si apprendono alcune importanti nozioni, ma non si imparano questi aspetti fondamentali che solo la pratica, il tirocinio, il volontariato, l'apprendistato affiancando Colleghi esperti (oltre che uno spazio di formazione personale) possono dare. 
  4. Come ci si comporta con i minorenni? L'art. 31 del nostro Codice deontologico, vincola il profesisonista a chiedere sempre il consenso esplicito di entrambi i genitori del minore, sempre e comnuque. Quindi fai sempre molta attenzione, nel caso un solo genitore ti porti un minore, chiedendoti una consultazione. Molto spesso, se ci sono resistenze a coinvolgere l'altro genitore, si vede che ci sono dissapori ovvero sono già aperte le ostilità (magari è in corso una separaizone) e il genitore cerca, più o meno consapevolmente, di utilizzare la consulenza per ottenere dei vantaggi nella contesa giudiziaria. A parte questi casi, che comnuque sono molto frequenti, il consenso dei genitori, nel caso dei minori, va sempre acquisito. Più complessa è la situaizone degli "sportelli scolastici", ovvero le situaizoni di minori già più vicini alla maggiore età (fra i 15 e i 18 anni). Nel caso delgi sportelli, per rispettare la riservatezza e una certa autodeterminazione del minore, il consenso dei genitori viene acquisito preventivamente, attraverso una procedura portata avanti dal Consilgio di Istituto (circolari esplicative, con inviti anche ad assemblema che illustrano il servizio) e da far tornare firmate da entrambi i genitori. I genitori (o gli esercenti la potestà genitoriale) in questi casi firmano il consenso e la conoscenza del servizio, e sono consapevoli che il figlio potrebbe utilizzare o meno lo sportello, indipendentemente da una loro informazione. Nle caso di richieste singole di adolescenti in difficoltà (come può succedere nello studio privato, o in un Consultorio, il caso tipico è quello della ragazza terrorizzata che confessa una gravidanza, ma teme di essere uccisa se rivela la cosa al padre, per es,), lì è possibile, su esclusiva valutazione e sotto la responsabilità dello psicologo, fare a meno del consenso di uno o anche di entrambi i genitori, ma occorre segnalare la presa in cura al Giudice Tutelare. In ogni caso, se ti dovessero capitare (e sono piuttosto rari) casi di questo tipo, il consiglio è sempre quello di chiedere una supervisione ad un Collega esperto, ovvero chiedere consiglio al tuo Ordine territoriale.
  5. Ultima domanda: No, l'iscrizione all'Albo non pregiudica altri lavori. Se desideri affiancare un'altra attività, es. commessa, operatrice di call center, baby sitter, puoi avere un contratto (dipendente, co-co-pro, lavoratrice occasionale, ecc.) e naturalmente l'attività e i redditi non riguarderanno la tua posizione di psicologo. Puoi fare qualsiasi altra cosa, anche altre attività libero-professionali, aprendo altra partita IVA, o attività imprenditoriali (come aprire un negozio o un'agenzia immobiliare, che so?). L'importante è che le posizioni fiscali siano distinte. Nel caso di lavoro dipendente, sia a tempo pieno che part-time, per esercitare attività libero professionale occorre richierdere e ottenere la liberatoria (permesso) da parte del datore di lavoro, e questo documento viene anche richiesto dall'Ordine territoriale di appartenenza.
Spero di avere risposto almeno in parte ai tuoi interrogativi. Con molta cordialità e sinceri auguri.
Risponde
Anna Barracco, Psicologa Psicoterapeuta

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  1. admin

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