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Le donne non possono essere vestite troppo. O troppo poco.

15 Nov 22

A cura di Emilio Robotti

Il caso (BOUTON c. FRANCE – r. n. 22636) deciso recentemente dalla Corte Europea per i Diritti dellUomo, riguarda la condanna inflitta in Francia alla ricorrente Eloïse Bouton, un'attivista femminista, componente delle Femen”, un noto movimento femminista di protesta ucraino diventato internazionale fondato a Kiev nel 2008.

 

Il movimento è divenuto famoso, su scala internazionale, anche per la pratica delle sue attiviste di manifestare mostrando i seni nudi.

 

Eloïse Bouton era stata condannata ad una pena detentiva (sospesa), per atti di "esposizione sessuale" (exhibition sexuelle).

 

Il fatto era accaduto in una famosa chiesa parigina (Église de La Madeleine), dove lattivista aveva inscenato una protesta, rimanendo in piedi davanti all'altare maggiore, mentre esponeva i seni, mostrando slogan scritti sul suo corpo ed inscenando un aborto.

Per la sua rappresentazione aveva utilizzato un fegato di manzo crudo e sanguinolento, che simboleggiava il feto di un piccolo Gesù e richiamato altri simboli religiosi come il Natale tramite gli slogan scritti sul corpo e recitati a voce.

 

L’esibizione, non avvenuta durante la celebrazione di una messa o altro rito religioso, aveva ricevuto eco mediatico tramite i giornalisti presenti che l’avevano rilanciata sui media, ma era stata breve e lattivista, al termine, aveva lasciato subito la chiesa su richiesta del direttore del Coro.

 

La Corte di Strasburgo, accogliendo il ricorso di Eloïse Bouton, ha ribadito nella decisione che, secondo la propria giurisprudenza, l'imposizione di una pena detentiva per un reato di espressione del pensiero in ambito politicopotrebbe essere compatibile con la libertà di espressione garantita dall'articolo 10 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dellUomo), solo nel caso di discorsi di odio o di incitamento alla violenza.

 

Invece, l'unico obiettivo di Eloïse Bouton, non accusata di alcun comportamento offensivo o di odio, era stato quello di contribuire al dibattito pubblico sui diritti delle donne, senza odio o incitamento alla violenza.

 

Una decisione coerente con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. La quale ha rilevato anche come la condanna inflitta ad Eloïse Bouton non avesse nulla a che fare con la tutela della libertà di coscienza e di religione (prevista dall’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), ma solo con il fatto di aver mostrato i seni in un luogo pubblico.

 

È stata punita insomma non la rappresentazione di Eloïse Bouton, ma il suo “topless” in pubblico.

 

Fin qui, una Sentenza come detto in linea con la giurisprudenza di Strasburgo, ma che probabilmente provocherà comunque l’orticaria ad alcuni rappresentanti istituzionali e leader politici degli Stati parte del Consiglio di Europa, tra i quali gli appena nominati presidenti della Camera e del Senato italiani.

 

Tutti uomini a dire il vero. Ma difficilmente anche alcune delle (troppo poche) donne in carica o in procinto di esserlo, come la Prima Ministro britannico Truss e la prossima Presidente del Consiglio italiano Meloniapprezzeranno la decisione.

 

È comunque una decisione al passo con i tempi contraddittori che stiamo vivendo.

 

Tempi nei quali i diritti umani non sembrano essere al primo posto dell’agenda politica, ma la presidenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è per la prima volta, da quest’anno, affidata ad una donna, Síofra OLeary(già vicepresidente della Corte dal 2020).

 

Forse anche questo, avere una presidente non solo della sua sezione, ma della stessa Corte come Siofra O’Leary, ha spinto la Giudice Šimáčková a scrivere un parere concorde alla decisione sul ricorso di Eloïse Bouton che, come da Regolamento della Corte, sia il parere concorde o discorde viene riportato in fondo alla sentenza.

 

Un parere che si conclude con la frase citata all’inizio di questo articolo: “Tutti sono liberi, ma le donne devono stare attente a ciò che rivelano e a ciò che nascondono.”

 

La Giudice Šimáčková afferma giustamente che la protezione del pudore dei credentivero motivo della punizione, seppure irrogata per l’esibizione dei seni in luogo pubblico, deve essere basato sulla legge e non può essere sviluppato in base alle esigenze del caso.

 

Che pertanto l'interferenza con la libertà di espressione di Eloïse Bouton è stata illegittima perché è stata punita per qualcosa che non era un reato in Francia (dove non esiste il reato di blasfemia).

 

Nel suo parere ricco di richiami alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la Giudice Šimáčková ricorda anche che la civiltà francese non è affatto puritana ed è nota in tutto il mondo per i numerosi esempi di seni femminili nudi come espressione di libertà – che si tratti del Déjeuner sur l'herbe di Manet o del seno nudo di Marianna.

 

Potremmo aggiungere a questi esempi l’Origine du Monde di Courbet che, oltre a raffigurare il seno, mette in primo piano il sesso femminile ed è esposta (da non troppi anni), al Museè d’Orsay a Parigi.

 

Il parere termina con queste parole:

 

La società accetta e addirittura esige che il legislatore disciplini le donne in merito a ciò che possono o non possono esibire e utilizza persino gli strumenti del diritto penale per farlo.

 

In effetti, le donne non possono essere vestite troppo o troppo poco.

 

Tutti sono liberi, ma le donne devono stare attente a ciò che rivelano e a ciò che nascondono.

 

È difficile, a leggere queste parole, che il pensiero non corra a certe affermazioni e scelte politiche compiute in Ungheria, o ad altre in Polonia.

 

Difficile che il pensiero non corra al retroterra culturale (aggiungo ironicamente: absit iniuria verbis – nessuna offesa nelle mie parole) ed alle affermazioni pubbliche in questi anni di alcuni esponenti politici assunti in questi giorni alla seconda ed alla terza carica dello Stato italiano.

 

Ancora più difficile non pensare a Mahsa Amini e alle proteste, arresti, uccisioni in Iran, alla “Polizia morale” sciita ed a tanti, troppi altri luoghi e situazioni nel mondo.

 

Situazioni molto, molto diverse, certo.

 

Ma che rappresentano, tutte, un attacco alle donne ed al loro corpo.

 

Tutti attacchi diversi per intensità, entità, estensione, obiettivi immediati e a medio termine. 

 

Forse.

 

Ma tutti attacchi mascherati sotto la stessa bandiera della difesa del (in sé legittimo) diritto a professare una religione, o della tutela di veri o presunti valori o tradizioni, secondo le quali “le donne non possono essere vestite troppo o troppo poco”.

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