Un giorno, quasi due per la verità. E’ di quanto ho avuto bisogno per rimettere in fila un po' di idee mischiate alla rinfusa da un eccesso di stato passionale (articolo 90 del codice penale), per il cui giudizio, ai fini del riconoscimento della piena imputabilità, rimando a un eventuale elaborato peritale, ai sensi di quanto statuito (Cass. 8-3-2005, n. 9163) in relazione a una sottostante infermità mentale o a una scemata capacità di volere associata a uno status patologico transeunte (Cass. 12-1-2006, n. 1038).
Scusatemi se parlo così, è che forse per riprendermi non bastano ancora i due giorni di cui dicevo. Due giorni di distanza dal fine settimana pieno di lezioni (di terrore, panico, perplessità, oppositività, provocatorietà e vari altri stati passionali per l’appunto) di psichiatria forense.
Eppure, devo dire che le giornate erano iniziate nel migliore dei modi. Con quell’aria romana rilassata, da fine settimana, con le strade e la metro svuotate, le colazioni al bar fatte con calma. E poi, a lezione tante persone giovani, per lo più appena laureate in giurisprudenza e psicologia. Facce entusiaste, contente di capirci qualcosa di più sul mistero del crimine. La gioia del fiore dei vent’anni, certo. Ma anche quella gioia, secondo me, scampata alla triturazione e compattazione in ecoballe nell’industria della psichiatria legale.
Prevenuto, avendo visto i predicatori in programma, li guardavo con un po' di pena. Mista però a curiosità essendo, nonostante la mia posizione ormai eremitica, tuttavia ancora interessato a sentire voci e commenti nuovi (naïve, non ancora sporcati dall’esperienza, direbbero gli psichiatri legali-legulei che hanno fatto le scuole buone internazionali e si sentono angustiati nei confini italici).
Faccio subito spoiler, ci sono stati giudizi peggiori dei miei. Beata gioventù.
Prima di venire ai fatti, continuo ancora un po' sull’onda del preambolo e dello spoiler. E’ questa infatti la parte che mi piace di più, quella che risulta indigesta, oppositiva e provocatoria, per gli psichiatri legali-legulei. Se vi capiterà (ma è quasi certo che vi capiterà, quanto meno sotto forma di male necessario) di assistere a uno di questi convegni, noterete subito infatti che gli psichiatri legali-legulei odiano le parole, i discorsi. Sono assetati di fatti, leggi, norme, sentenze di cassazione. E’ un furor cieco di avvisi, avvertimenti, messe in guardia, attenzione a questo e a quello. Certo poi concludono con scrivete, scrivete, scrivete sempre. Intendendo, ovviamente, scrivete non le cose che vi passano per la mente o che possono servire per il vostro lavoro, ma quelle per evitare le possibili pastoie della giustizia, le noie della vita moderna insomma.
Ora, è chiaro più o meno quello di cui si è parlato. Da un po' di tempo, infatti, in questi convegni sono stati abbandonati i discorsi craniometrici di lombrosiana memoria o quelli sulle dinamiche pulsionali inconsce di natura vetero-freudiana. Allo psichiatra legale-leguleio al momento piacciono due tipi di temi in particolare. Gli hot topic, si sa, più remunerativi dal punto di vista del richiamo mediatico, e non solo, of course. Si sentono confident in particolare con il tema della responsabilità professionale (un classico direte), reso ora più succulento dalle peripezie post-OPG. E la succulenza che gli psichiatri legali-legulei vorrebbero vampirizzare è ancora più agognata per il retrogusto “basagliano” della riforma degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. E’ stato questo infatti l’ingrediente alla base della chiusura dei sei residui manicomiali e della volontà del legislatore di sostituirli non con tanti micro-OPG ma con percorsi terapeutici e riabilitativi programmati dai dipartimenti di salute mentale, in contesti territoriali e residenziali.
Basagliano, il termine che più di ogni altra cosa quelli non possono soffrire.
I fatti, ordunque. Bene, come dicevo, si è parlato innanzitutto di quel gran pasticcio legislativo e organizzativo creato ad arte dagli psichiatri e dai legislatori basagliani, a cui faticosamente loro stanno cercando di mettere ordine. Trasformazioni dettate dalle legge 81/2014 che hanno creato per lo più caos, conflittualità giuridiche, maggiori carichi sulle spalle degli psichiatri, assassini folli a piede libero, tossici e boss della mala pronti a spacciarsi per schizofrenici patibolari, operatori sanitari “alle prime armi” buttati in pasto a violenze efferate, REMS messe in piedi senza criteri univoci (ecco un punto che quelli proprio non possono soffrire, la non omogeneità, la non uniformità) addirittura in posti urbani e non in qualche eremitaggio di montagna, col rischio di fughe deliranti e fiumi di porpora in città. Ancora, posti-letto in REMS (scusate ancora l’interruzione, ma ho notato che il posto-letto, orizzontale e immobile, perinde ac cadaver, non so perché, o forse si, è per loro un affascinamento fatale, bien sûr) non programmati adeguatamente (sono pochi, pochissimi ovviamente), prescrizioni dei magistrati mai rispettate e aggressioni non segnalate, pericoli ignorati, assenza di sorveglianza da parte di polizia interna, mancanza di telecamere in numero sufficiente, e di mezzi di dissuasione efficaci in caso di rivolte. Insomma, saremmo seduti su un carico enorme di tritolo pronto a esplodere da un momento all’altro. Tutto per colpa del loro mancato coinvolgimento nelle stanze dei bottoni. Ah!, poveri psichiatri legali-legulei, che destino infame nascere nella stessa nazione di Basaglia, e dover essere sempre scavalcati da una fastidiosa minoranza egemone. Loro che hanno lo sguardo così ampio per guardare oltralpe, per spaziare fino ai modelli inglesi, americani, british, quelli che dovrebbero essere egemonici perché ben fermi sulle solide gambe della scienza e della statistica.
Insomma, per farla breve, noi ignoranti superficiali e grossolani italici non solo ci permettiamo di non mettere sotto custodia i matti che in giro danno in escandescenze (a quanto pare all’estero chi fa casino sotto l’ebbrezza di un disturbo mentale viene subito messo alle sbarre, senza stare lì a vedere se ha commesso reato o meno, almeno è ciò che sostengono gli psichiatri legali-legulei) ma addiritturai offriamo ai folli rei percorsi agevolati, una short-track per la libertà.
Tutto questo, secondo gli psichiatri legali-tiresiaci un giorno si ritorcerà contro, anzi quel giorno è già arrivato da un pezzo. E giù quindi, a testimonianza della veridicità profetica, le violenze contro gli operatori sanitari, e le sentenze che incolpano gli psichiatri dei suicidi e degli omicidi dei loro pazienti.
Ecco, questo è proprio il punto che più di ogni altra cosa sconvolge il mio motus animi (ci sto prendendo gusto ora, e chissà che non abbia anch’io un futuro da psichiatra legale-leguleio). Non posso proprio soffrire quell’accusa sottile e pelosa per cui, in qualche modo, i basagliani in fondo se la sono cercata, quando sono stati ammazzati loro o per loro colpa qualcuno ha ammazzato. Come se basagliano volesse dire, e lo dico in maniera elegante e polite, ingenuo. L’ominide basagliano sarebbe accecato da un furor ideologico, sarebbe una sorta di polifemo che non conosce né scienza né legge, e lascia liberi i pazienti di morire o uccidere coltello alla mano e senza farmaco in corpo. E la cosa è tanto più fastidiosa quanto più viene fuori dalla bocca di chi di pazienti nella propria vita ne ha visti davvero pochi. E giudica invece chi per quarant’anni di professione deve camminare sul crinale della cura col rischio continuo di cadere nei tritacarne legali-mediatici o scivolare lentamente nell’inedia di una pratica routinaria, burocratica, a impatto zero.
Tutto ciò mi fa arrabbiare perché ho sempre ritenuto l’incolumità mia, delle persone con cui lavoro, delle persone intorno a me, delle altre persone, assolutamente prioritaria sul resto. Ma non ho scelto di fare il custode come invece avrei dovuto e dovrei fare, come continuava a ripetere lo psichiatra legale-leguleio. Cura e controllo, controllo e cura, andava snocciolando, brandendo la posizione di garanzia come una clava demolitrice di velleitari sogni libertari.
Ho scelto di fare e di essere un medico. E quindi di trovarmi anche di fronte a dubbi, bivi, dilemmi (e sogni, perché no), non solo a protocolli, algoritmi decisionali, norme e sentenze. Assumendomi una responsabilità umana e tecnica per cui è necessario un impegno costante, estenuante, di mediazione col reale.
Reale, peraltro, che non è sempre gelido e ruvido. Non sempre lascia spazio a pessimismo e allarmismo. Per esempio, un dato che avrei voluto conoscere, così, per avere almeno un quadro d'insieme su quello di cui gli psichiatri legali-legulei parlavano, era proprio su questo, sul reale, sui dati reali che a loro piacciono. Ma che conoscono solo in caso di convenienza, mi verrebbe da pensare.
E infatti al mio tentativo “allora, visto che il sistema british è molto più solido del nostro quali sono gli effetti comparati?”, ho sentito rispondermi con un lungo silenzio.
Poco male, basta cercare qualcosa su internet. E qualcosa si trova, anche se un tanto al chilo. Ad esempio, l’Italia, con 357 casi nel 2017, ha uno dei tassi di omicidi più bassi in Europa (0,7 per 100 mila abitanti) [1], in costante calo negli anni, con buona pace degli italici psichiatri legali-legulei che guardavano con preoccupazione alla chiusure degli ospedali psichiatrici giudiziari e con ammirazione a quei paesi che i matti li tengono ben chiusi. Ma che non possono vantare statistiche migliori sui reati. Sicuramente non il Regno Unito (1 per 100 mila abitanti) o gli USA (5.3 per 100 mila abitanti). [2]
Il punto è che non esistono modelli a cui guardare con ammirazione, e, in fondo, non possono esistere modelli che siano “buoni modelli”. Esistono esperienze, che quanto più si avvicinano a un valore umano, tanto più danno risultati positivi. Almeno questa è stata la mia esperienza, e questo mi pare di vedere in giro. E, una volta tanto che anche noi italiani possiamo vantare un dato positivo, dovremmo esserne orgogliosi e non vergognarcene, come uno psichiatra legale-leguleio ha ammesso di fare con i suoi colleghi british nel raccontare del sistema penale italiano.
Certo, bisogna costruire la propria pratica sulle conoscenze, e in un ambito particolare, in quello particolarissimo del forense, riuscire a distinguere i percorsi, riconoscere chi curare e chi non curare. E quando ci sono delle difficoltà, trovare mediazioni e dare ascolto alle segnalazioni. In fondo è il degrado che uccide, è l’assenza di umanità, intesa soprattutto come assenza fisica di esseri umani, che lascia spazio alla morte.
A riguardo, approfitto del mio piccolo catechismo e di questo piccolo spazio, per dire un’ultima cosa.
E cioè che è proprio qui, nella regione dove ora mi trovo, in questa regione dove per i folli rei sono previsti più posti letto che in altre (circa 200 posti in cui sdraiarsi tra REMS, CRAP, ATSM e altre sigle varie), e più precisamente nella stessa città in cui fatalmente c’è una delle poche sezioni universitarie di criminologia e psichiatria forense, che è avvenuto, il 4 settembre 2013, nel silenzio di un centro di salute mentale mezzo abbandonato, l’omicidio della collega Paola Labriola (mi permetto di citarla perché se ne è parlato anche a questo convegno, come a quasi tutti i convegni di psichiatria forense, senza darle peraltro quella dignità che meriterebbe). Omicidio che rischia di vedere condannato solo il tossicodipendente che le ha inflitto settanta coltellate, e impuniti i dirigenti che avrebbero dovuto garantirne la sicurezza sul lavoro [3].
Sono storie di svilimento del lavoro, di incuria e degrado, di servizi pubblici abbandonati, di appelli alla sicurezza inascoltati, le cose che la mia collega denunciava da tempo.
A cui ancora non si vuol dare ascolto, avendo designato a un destino di erranza solitaria questa strana coppia psichiatra e paziente, curante e curato, custode e custodito, lasciando che pian piano si fondano simbioticamente in un’entità unica, l’uno responsabile dell’altro. Sorvegliati e puniti, solo loro, lontano da tutti, lontani dalle responsabilità di qualcun altro. Ai confini del mondo.
Ecco, durante questo fine settimana pensavo a tutto questo. E non mi sentivo per niente confident. Ma poi per fortuna ho visto le facce giovani dei ragazzi intorno a me, entusiasti di imparare, di entrare nel mondo e dire la loro, desiderosi di togliersi quanto prima di dosso le ansie tristi piovute in una domenica di sole. E subito tutti i miei brutti pensieri si sono sciolti.
Ho pensato che i vampiri sono lontani, lontani dalla luce.
1. https://www.istat.it/it/files//2018/11/Report_Vittime-omicidi.pdf
2. https://www.nessunotocchicaino.it/notizia/usa-tasso-di-omicidi-stabile-nel-2017-40310580
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