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Le parafilie secondo il DSM 5

7 Gen 14

A cura di Stefano Sanzovo

Facendo seguito al nostro post del 5 dicembre, riprendiamo il discorso sulla nuova classificazione dei disturbi sessuali secondo il DSM 5. In questo secondo ed ultimo intervento, ci occuperemo di parafilie e faremo un accenno al “disturbo di identità di genere” che , come vedremo, non sarà più chiamato così.
Nelle scorse edizioni del DSM i disturbi parafilici venivano spesso mal interpretati come qualsiasi comportamento sessuale inusuale. Nel DSM 5 il work group asserisce per la prima volta in maniera decisa che  “molte persone con desideri sessuali atipici non hanno un disturbo mentale”.
Qual è allora il confine tra normalità e patologia? Anche qui il DSM 5 cerca di sgombrare i dubbi. Per essere diagnosticato con un disturbo parafilico, il DSM 5 richiede che persone con questo interesse lo vivano con personale angoscia, non derivante semplicemente dalla disapprovazione sociale; o abbiano un desiderio o comportamento sessuale che comporti  un disagio psichico, delle ferite o la morte di un’altra persona; o un desiderio per comportamenti sessuali che coinvolgano altre persone incapaci di dare un valido consenso  o coinvolte a loro insaputa.
Per rimarcare ulteriormente il confine tra un desiderio sessuale atipico e un disturbo mentale, il gruppo di lavoro ha ridefinito per esempio il “Masochismo Sessuale” dal DSM IV in “Disturbo da masochismo sessuale”.
Il capitolo sulle parafilie comprende otto condizioni: il disturbo esibizionistico, il disturbo feticistico, il disturbo frotteuristico,  il disturbo pedofilico, il disturbo da masochismo sessuale, il disturbo da sadismo sessuale, il disturbo da travestitismo, e il disturbo voyeuristico.  
Un’  importante differenza dal DSM IV R riguarda il disturbo da travestitismo, che identifica persone che sono sessualmente eccitate dal vestirsi come il sesso opposto, ma che provano a causa di questo comportamento significativo disagio nella loro vita sociale o lavorativa. Il DSM IV limitava questo comportamento agli uomini eterosessuali: il DSM 5 non ha restrizioni, aprendo questa diagnosi alle donne o agli uomini omosessuali. A una prima critica secondo la quale questo cambiamento avrebbe allargato le persone interessate alla diagnosi, il gruppo di lavoro ha sottolineato che per entrare nella categoria gli individui devono provare notevole disagio a causa del loro comportamento.
Per quanto riguarda il disturbo di pedofilia, la cosa più rilevante da notare rispetto al DSM IV è che… non c’è stata revisione. Sebbene ci sia stata una discussione accesa nel gruppo di lavoro,  i criteri diagnostici sono rimasti gli stessi. Solo il nome è stato cambiato da “pedofilia” a “disturbo pedofilico” per accordarsi con la definizione degli altri disturbi.
Due parole, infine, sul “disturbo di identità di genere” che diventa “disforia di genere”. Il DSM 5 sottolinea come la non conformità di genere non sia un disturbo mentale; il disturbo nasce se c’è significativo disagio associato alla condizione. Inoltre, sostituire il termine “disturbo” con “disforia” non solo lo rende più appropriato e familiare, ma allontana la connotazione che il paziente sia “disturbato”. Infine, il disturbo di disforia di genere ha un suo proprio capitolo nella nuova classificazione, separato sia dalle disfunzioni sessuali che dalle parafilie.
Bibliografia
American Psychiatric Association Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, fifth edition, APA 2013

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