Alcuni giorni fa una signora mi raccontava che la propria figlia di 5 anni, che dorme su un letto ad una piazza, mentre chiacchierava con lei e il padre sul lettone, ha detto loro:” Ora che sono diventata grande ho bisogno di un letto più grande, nel mio non ci sto più”.
“Dottoressa, perché Federica non vuole stare più nel suo lettino?”
Oltre a far notare a questa signora la domanda sana della figlia, desiderosa di addormentarsi in compagnia, le chiesi ancora: “Perché lo chiama lettino?”
Oltre ai genitori vi sono anche psicoterapeuti che utilizzano il termine lettino per indicare quel posto dove invitano i pazienti a sdraiarsi; solo alcuni psicoanalisti lo chiamano divano.
A proposito del tema divano/ lettino G.B. Contri nel suo blog del 1 novembre 2013 scrive: “… Chiamare le cose con il loro nome, questo è parlare italiano …. la mia era si una lezione di italiano, ma di quello arcinoto senza banco di scuola, come l’ osservare che un cavallo non è un asino…”.
Federica, che ha appena compiuto 5 anni, come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei, del lettino non ne vuol sapere; io arrivai alla stessa conclusione quasi trenta anni dopo rispetto a lei quando, sdraiandomi su un divano, dopo essermi sdraiata anni su un lettino, dissi al mio psicoanalista, e con un po’ di fatica poiché mi sembrava di fare un’ osservazione banale: “Questo non è un lettino!”
Da questa scoperta, e dalla “caduta del lettino”, ebbe inizio per me la psicoanalisi.
E come non pensare a Freud che, da medico come era, avrebbe potuto far sdraiare sui classici lettini medici i suoi pazienti, mentre invece aveva pensato di preparargli un posto su un bel divano?
Così, e solo così, ebbe inizio la psicoanalisi: questo fatto lo si può riconoscere o misconoscere; posso confessarvi che a me ha sempre com-mosso?
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