C’ERA UNA VOLTA FREUD ORA LO PSICOTERAPEUTA SARÀ UN COMPUTER. Dal broker al medico: Science racconta i lavori che presto saranno svolti dalle macchine
di Silvia Bencivelli, repubblica.it, 17 luglio 2015
Guideranno le nostre automobili e i nostri aerei, ci assisteranno quando saremo malati, e forse arriveranno persino a scrivere i nostri giornali. Intanto, i computer già ci battono a scacchi e in borsa. E un futuro di convivenza stretta tra noi e loro potrebbe essere molto più vicino di quello che sembra. All’interazione prossima ventura tra uomini e intelligenze artificiali è dedicato un corposo speciale dell’ultimo numero della rivista Science, uscita ieri in tutto il mondo con l’ambizione di articolare un dibattito sempre più necessario: da una parte i progressi a cui nessuno vuole rinunciare, dall’altra i rischi su cui è arrivato il momento di confrontarci. L’intelligenza artificiale è un progetto di ricerca che (in termini moderni) ha più o meno sessant’anni. L’idea è quella di costruire macchine capaci di ragionare come esseri umani.
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/07/17/cera-una-volta-freud-ora-lo-psicoterapeuta-sara-un-computer35.html
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VIVIAN MAIER, QUEI RULLINI MAI STAMPATI. Un rigattiere per quattrocento dollari comprò una cassa con migliaia di negativi e scoprì un personaggio di eccezionale talento. Dopo Chicago, una mostra a Nuoro ora celebra la reporter di strada più famosa del secolo
di Luciano Del Sette, ilmanifesto.info,18 luglio 2015
Il privilegio è grande. Poter camminare pressoché in solitudine nelle sale dove tra poche ore si affollerà il pubblico. E con il pubblico arriveranno le telecamere e i microfoni dei giornalisti, i commenti, il tintinnar di bicchieri. Tra poche ore la solitudine, il silenzio delle sale, verranno riempiti dalla necessità del rito di inaugurazione. E Vivian Maier salirà sulla ribalta del MAN, Il Museo d’Arte di Nuoro. Forse, per l’ennesima volta, la prima in Italia, Vivian non lo avrebbe gradito. Forse non avrebbe gradito le sue foto appese ai muri, o almeno quelle scelte, per forza di cose, da altri. E neppure avrebbe gradito così tanta folla, tanta attenzione, tante domande prive di risposta, tanto stupore. Il privilegio è grande. Poter camminare pressoché in solitudine e provare a cercare in ogni foto un brandello della vita di Vivian, o meglio provare a farlo. Perché lei, all’inaugurazione della mostra di Nuoro non ci sarà. Non c’era neppure a Chicago, a New York, a Parigi e altre capitali d’Europa. Per il semplice fatto che Vivian Maier è morta, congedata dal mondo in un necrologio tanto anonimo quanto, guardando alla sua vita, ridicolo ‘Si è spenta serenamente Vivian Maier’, anno 2009. Per il semplice fatto, ma semplice solo in apparenza, che della ‘bambinaia fotografa’ nessuno aveva mai sentito parlare, nessuno aveva mai visto uno scatto. Compreso chi adesso ne scrive. Quante mostre avete visitato, richiamati dalla celebrità del fotografo? Ogni volta, giustamente, siete ricorsi a internet per documentarvi, approfondire. Oggi, digitando Vivian Maier su google, appaiono biografie, articoli, filmati. Ieri non avreste trovato una riga. Oggi, digitando John Maloof su google, lo troverete sempre associato a Vivian. Ieri non avreste trovato una riga. La storia che da qui in poi racconteremo è strumento indispensabile per capire, interrogarsi, emozionarsi davanti a ciascuna delle centoventi foto della mostra; una storia che giustifica l’uso degli aggettivi bellissima, magnifica, incredibile; una storia che conferisce senso a domande del tipo ‘come avrà fatto?’ ‘dove avrà trovato quella faccia?’, ‘ma l’avrà messo in posa?’. È bene saperlo: senza conoscere quanto finora si è riusciti a conoscere della vita di Vivian Maier, diviene impossibile comprendere quanto ha lasciato su migliaia di negativi e che in minuscola, seppure significativa parte, è in mostra al MAN. Annotate queste quattro parole, fondamentali nell’esistenza di una donna nata a New York il primo febbraio del 1926 da padre di origine austro — ungarica e madre francese, morta a Chicago il 21 aprile del 2009: compulsione, anonimato, solitudine, genialità. Quattro parole, quattro elementi che, a posteriori, hanno portato la critica a definire Vivian una delle figure di spicco del reportage di strada. Gli scherzi del destino non sono soltanto un facile modo di dire. Molti hanno visto, nell’incontro a distanza tra Maier e Maloof, un destino da anni in attesa di compiersi, aiutato da forti somiglianze caratteriali.
Prima parola da ricordare, compulsione. Scrive lo psicologo e psicanalista Roberto Goisis in uno dei saggi che compongono il libro allegato al film in dvd Alla ricerca di Vivian Maier (Feltrinelli Real Cinema) «Ci sono incredibili sovrapposizioni e sinergie tra loro due. John sente di dover compiere una missione… Lui stesso si definisce così ‘Sono un po’compulsivo’… Non si capisce bene quale professione svolgesse o chi fosse prima della ‘scoperta’. Si definisce un ex rigattiere… Possiamo dire tranquillamente che fosse un collezionista… Possiamo sostenere che per John Maloof… il film (Maloof è autore del soggetto, direttore della fotografia e regista, ndr) abbia rappresentato un suo personalissimo percorso alla ricerca di se stesso, se non della sua identità, certo della sua professione». Chi è John Maloof? Figlio di una stirpe di rigattieri, nato nel 1981 a Chicago, decide di mettersi a scrivere un libro che racconti i quartieri della città.
Segue qui:
http://ilmanifesto.info/vivian-maier-quei-rullini-mai-stampati/
Il privilegio è grande. Poter camminare pressoché in solitudine nelle sale dove tra poche ore si affollerà il pubblico. E con il pubblico arriveranno le telecamere e i microfoni dei giornalisti, i commenti, il tintinnar di bicchieri. Tra poche ore la solitudine, il silenzio delle sale, verranno riempiti dalla necessità del rito di inaugurazione. E Vivian Maier salirà sulla ribalta del MAN, Il Museo d’Arte di Nuoro. Forse, per l’ennesima volta, la prima in Italia, Vivian non lo avrebbe gradito. Forse non avrebbe gradito le sue foto appese ai muri, o almeno quelle scelte, per forza di cose, da altri. E neppure avrebbe gradito così tanta folla, tanta attenzione, tante domande prive di risposta, tanto stupore. Il privilegio è grande. Poter camminare pressoché in solitudine e provare a cercare in ogni foto un brandello della vita di Vivian, o meglio provare a farlo. Perché lei, all’inaugurazione della mostra di Nuoro non ci sarà. Non c’era neppure a Chicago, a New York, a Parigi e altre capitali d’Europa. Per il semplice fatto che Vivian Maier è morta, congedata dal mondo in un necrologio tanto anonimo quanto, guardando alla sua vita, ridicolo ‘Si è spenta serenamente Vivian Maier’, anno 2009. Per il semplice fatto, ma semplice solo in apparenza, che della ‘bambinaia fotografa’ nessuno aveva mai sentito parlare, nessuno aveva mai visto uno scatto. Compreso chi adesso ne scrive. Quante mostre avete visitato, richiamati dalla celebrità del fotografo? Ogni volta, giustamente, siete ricorsi a internet per documentarvi, approfondire. Oggi, digitando Vivian Maier su google, appaiono biografie, articoli, filmati. Ieri non avreste trovato una riga. Oggi, digitando John Maloof su google, lo troverete sempre associato a Vivian. Ieri non avreste trovato una riga. La storia che da qui in poi racconteremo è strumento indispensabile per capire, interrogarsi, emozionarsi davanti a ciascuna delle centoventi foto della mostra; una storia che giustifica l’uso degli aggettivi bellissima, magnifica, incredibile; una storia che conferisce senso a domande del tipo ‘come avrà fatto?’ ‘dove avrà trovato quella faccia?’, ‘ma l’avrà messo in posa?’. È bene saperlo: senza conoscere quanto finora si è riusciti a conoscere della vita di Vivian Maier, diviene impossibile comprendere quanto ha lasciato su migliaia di negativi e che in minuscola, seppure significativa parte, è in mostra al MAN. Annotate queste quattro parole, fondamentali nell’esistenza di una donna nata a New York il primo febbraio del 1926 da padre di origine austro — ungarica e madre francese, morta a Chicago il 21 aprile del 2009: compulsione, anonimato, solitudine, genialità. Quattro parole, quattro elementi che, a posteriori, hanno portato la critica a definire Vivian una delle figure di spicco del reportage di strada. Gli scherzi del destino non sono soltanto un facile modo di dire. Molti hanno visto, nell’incontro a distanza tra Maier e Maloof, un destino da anni in attesa di compiersi, aiutato da forti somiglianze caratteriali.
Prima parola da ricordare, compulsione. Scrive lo psicologo e psicanalista Roberto Goisis in uno dei saggi che compongono il libro allegato al film in dvd Alla ricerca di Vivian Maier (Feltrinelli Real Cinema) «Ci sono incredibili sovrapposizioni e sinergie tra loro due. John sente di dover compiere una missione… Lui stesso si definisce così ‘Sono un po’compulsivo’… Non si capisce bene quale professione svolgesse o chi fosse prima della ‘scoperta’. Si definisce un ex rigattiere… Possiamo dire tranquillamente che fosse un collezionista… Possiamo sostenere che per John Maloof… il film (Maloof è autore del soggetto, direttore della fotografia e regista, ndr) abbia rappresentato un suo personalissimo percorso alla ricerca di se stesso, se non della sua identità, certo della sua professione». Chi è John Maloof? Figlio di una stirpe di rigattieri, nato nel 1981 a Chicago, decide di mettersi a scrivere un libro che racconti i quartieri della città.
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DEVAZIONI STRATEGICHE NELL’INTERPRETAZIONE DELLA FEMMINILITÀ
di Franco Lolli, il manifesto, 19 luglio 2015
L’opinione che la perversione coincida con la presenza di comportamenti cosiddetti “aberranti” è il frutto di un pregiudizio diffuso e di un radicato malinteso culturale che ha ingiustificatamente individuato nel perverso un soggetto compulsivamente dedito a pratiche sessuali devianti e moralmente riprovevoli: non che tutto ciò sia escluso. Ma la sovrapposizione di questa psicopatologia a un genere specifico di comportamenti sessuali rappresenta solo una delle molteplici manifestazioni della perversione.
Segue qui:
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http://www.zeroviolenza.it/item/72260-deviazioni-strategiche-nella-interpretazione-della-femminilit%C3%A0
http://www.zeroviolenza.it/rassegna/pdfs/20Jul2015/20Jul20153161e1de072657962f0d8818ae914312.pdf
LO STUPRO? ALTRO CHE BRAVATA! Il branco non ragiona, non pensa, ma agisce guidato da una pulsione collettiva che è priva di sentimento
di Giuseppe Maiolo, ladigetto.it, 20 luglio 2015
L’incredibile sentenza della Corte di Appello di Firenze che manda assolti un gruppo di giovani accusati di aver violentato una ragazza di 23 anni, stupisce non poco. Si tratta infatti di registrare come ancora oggi l’abuso non sia considerato un atto riprovevole e un’azione da condannare. Non è per criticare la sentenza che non vede censurabile il comportamento di questi ragazzi in quanto la giovane vittima prima era stata consenziente e poi in stato di ubriachezza e difficoltà psico-fisiche non voleva più partecipare, ma quanto per sottolineare come ancora oggi non si presti la dovuta attenzione al processo educativo che dovrebbe prevedere un’adeguata educazione alla sessualità. Viceversa appare significativo il fatto che vengano ridotte a «bravate» cose così gravi e non sanzionabili atti di violenza sessuale da parte di un gruppo che hanno a che fare con un processo di maturazione problematico, soprattutto a livello sessuale.
Segue qui:
http://www.ladigetto.it/permalink/45703.html
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PERVERSA (ANCHE) IO
di Anastasia Garbo, letteradonna.it, 21 luglio 2015
È stato pubblicato per la prima volta nel 1991, ma adesso il classico della sessuologia Perversioni femminili (Cortina editore, pp. 346, 25 euro) torna in libreria nella sua versione più aggiornata, quella uscita prima della morte dell’autrice, la psicoanalista Louise J. Kaplan. E nonostante siano passati quasi 25 dalla prima edizione del libro l’interpretazione della Kaplan di questi misteri della sessualità umana, nonostante tutti i progressi compiuti in psicologia e neurologia, «resta ancora la più convincente», spiega a Il Venerdì deLa Repubblica la psicologa Roberta Rossi, dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma. D’altronde indagare sulle parafilie, come vengono indicati oggi questi comportamenti, non è per niente facile. «Chi ne soffre spesso non le vive come un problema, e di rado si rivolge a noi. Molti di quelli che possiamo studiare ci vengono inviati dai giudici dopo che hanno commesso qualche reato: non sono quindi un campione attendibile della popolazione generale», chiarisce il sessuologo Gaetano Gambino, della Società italiana di sessuologia e psicologia. Inoltre dipendono dai costumi dei tempi: cinquant’anni fa, per esempio, anche l’omosessualità era considerata da molti una «perversione».
Segue qui:
http://letteradonna.it/180641/perversioni-femminili-libro-louise-j-kaplan/
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IL FALLIMENTO E L’ADDIO DEI GENITORI LE NUOVE ANSIE DEGLI ADOLESCENTI
di Vera Schiavazzi, repubblica.it, 22 luglio 2015
Il buio? Non spaventa più nessuno. Ha fatto la stessa fine dell’uomo nero, del mostro che dorme sotto il nostro letto, del leone o del drago che potrebbero aggredirci lungo il sentiero che porta alla casa di montagna. Le paure dei bambini, e degli adolescenti, sono cambiate e diventate più drammatiche, un po’ per colpa nostra un po’ perché i ragazzi di oggi sono i primi ad aver vissuto sulla propria pelle la crisi, e a rendersi conto delle difficoltà dei genitori. La tendenza arriva dal mondo anglosassone, dove la guerra nucleare e il fallimento di sé, sia a livello scolastico sia a livello di carriera futura sono saliti ai primi posti in classifica. «La paura dei fantasmi — ha scritto Tim Lott, autore appassionato di famiglie sul Guardian — è stata sostituita da quella del fallimento». In trent’anni, la paura di animali feroci, oscurità, vertigini si è trasformata in quella del divorzio, della guerra nucleare, del cancro e dell’inquinamento. E in tempi ancora più recenti si sono aggiunti il terrore del bullismo e quello dei brutti voti, di un’università non adeguata, di studi non appropriati alla bella carriera che i ragazzi sentono o sentirebbero di dover fare.
Segue qui:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/07/22/le-nuovepaure28.html?ref=search
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TUTTE LE MADRI CHE SIAMO
di Ilaria Bernardini, huffingtonpost.it, 22 luglio 2015
Quest’anno ho pubblicato un piccolo libro, si chiama L’inizio di tutte le cose e parla di madri. Sono nove racconti e ogni racconto affronta in modo diverso la rivoluzione che è diventare genitore. A volte le madri delle nove storie sono buffe, altre terribili o terrorizzate. Mentre scrivevo ho cercato di non censurare certe intuizioni e pensieri anche spaventosi che ho avuto o intercettato in altre madri mentre diventavo madre. Da questi pensieri che spesso sono inconfessabili, estremi, difficili da condividere e accettare, sono arrivate le narrazioni. Per via del libro mi sono trovata a rispondere a domande sulla maternità e sulla gravidanza a qualche giornale. A parlare di madri alle presentazioni e sorprendermi di un’accoglienza cosi viva e sentimentale. Soprattutto ho ricevuto domande personali e spesso timide o fragili, su essere infelici, spaventate, perse. Una giornalista, forse la prima con cui ho parlato dopo l’uscita del libro, piangeva. Così come mentre diventavo madre il mondo tutto mi sembrava parlare di madri, quando è uscito il mio libro, il tema della maternità mi sembrava così tornare in maniera più evidente, ovunque. Nelle mostre, nei film. Insieme ad altri libri e saggi sul tema, ho ricevuto in regalo il libro di Massimo Recalcati, Le mani della madre e quello di Concita De Gregorio, Mi sa che fuori è primavera. Ho letto Recalcati e ripassato le teorie di Lacan o Winnicott e intanto rivisto i film citati, Mommy, Sinfonia d’autunno e riletto attraverso le sue pagine quelle di Valeria Parrella dello Spazio Bianco o le poesie di Pasolini.
Segue qui:
http://www.huffingtonpost.it/ilaria-bernardini-/tutte-le-madri-che-siamo_b_7847968.html
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LA TESTA DELLA TENNISTA
di Umberto Silva, ilfoglio.it, 22 luglio 2015
Non solo Tsipras. Ben altri eroi nella greca polis da quando Ulisse diede luminoso esempio nella terra dei feaci, sicché ancora oggi i cittadini del mondo trovano negli atleti e in chi li supporta i loro politici più amati, alacri tutori d’una spudorata gioia. Vecchio combattente della racchetta, deputato alla volée, anch’io ho la mia eroina: ambasciatrice dell’Unicef e famosa tennista, la serba Ana Ivanovic è ospite fissa sul lettino YouTube delle mie notti, verso le tre, le ore migliori, quando si è un po’ assassini e un po’ santi, in grado di gustare al meglio certi deliziosi ricordi, certi desideri ancora onorati a costo di dolorosi strappi alla schiena. Il campo da tennis è il campo di battaglia della giovinezza, non la guerresca gioventù del calcio che scalpitando marina la scuola, ma la giovinezza studiosa e pensierosa dei Finzi Contini dai bianchi pantaloni, i calzoncini dell’incantevole Micol resuscitata da Dominique Sanda, i giovani amori che tra un diritto e un rovescio nascono e muoiono per tornare a vivere quando, alzando al cielo la palla del servizio, senti che la spalla ti duole.
Segue qui:
http://www.ilfoglio.it/la-politica-sul-lettino/2015/07/22/la-testa-della-tennista___1-vr-131090-rubriche_c105.html
Video
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“E LASCIATEMI DIVERTIRE: L’ACCIDIA”, CON MASSIMO RECALCATI E ALTRI OSPITI
da rai.tv, 18 luglio 2015
L’intervento di Recalcati è a 4′ 48” dall’inizio del programma.
Vai al link:
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-e328cdc4-e23e-46ed-9b91-85f595c6f05b.html
I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4545
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4788
Da segnalare le seguenti rubriche: "Laicamente, Dialoghi su psichiatria, arte e cultura" di Simona Maggiorelli, al link
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/5673
"Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link
http://www.psychiatryonline.it/rubrica/4682
(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com)
L’intervento di Recalcati è a 4′ 48” dall’inizio del programma.
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I più recenti pezzi apparsi sui quotidiani di Massimo Recalcati e Sarantis Thanopulos sono disponibili su questo sito rispettivamente ai link:
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Da segnalare le seguenti rubriche: "Laicamente, Dialoghi su psichiatria, arte e cultura" di Simona Maggiorelli, al link
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"Mente ad arte, percorsi artistici di psicopatologia nel cinema ed oltre, di Matteo Balestrieri al link
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(Fonte dei pezzi della rubrica: http://rassegnaflp.wordpress.com)
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