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Medici e Pazienti LGBT oggi in ITALIA

5 Ago 13

A cura di Manlio Converti

Mentre l’OMS, nell’interesse della Salute Mentale e della speranza di vita delle persone omosessuali, considera fondamentale il riconoscimento del diritto al Matrimonio e un danno psicologico che può portare al suicidio ogni tentativo di terapia per cambiare orinetamento sessuale (solo da omo ad etero, ovviamente), in Italia l’ISS eleva a dato scientifico il bollettino della Santa Sede e le opinioni personali di alcuni colleghi.
 
Una nota del 2012 del Ministero della Salute chiarisce invece come in Italia, secondo la classificazione ICD IX CM, si consideri ufficialmente nel SSN ancora il codice 302.0 "omosessualità egodistonica" e che l’adotterà fino al 1 ottobre 2013. Di fatto quella dizione garantisce i colleghi che praticano le cosiddette “terapie riparative” di cambio teorico dell'orientamento sessuale, già invalidate a livello internazionale e considerate dall'OMS ai limiti della tortura.

Secondo la ricerca ISTAT del 2011 sugli omosessuali italiani il 10.2% del campione riferisce una discriminazione in ambito sanitario.  Secondo gli stessi dati il 35,8% della popolazione italiana è d’accordo con l’affermazione che l’Omosessualità sia una Malattia.
 

Non esistono, invece, studi scientifici completi, o meglio nessuno ne parla. Ogni tentativo di modificare l’anagrafica e quindi il modo di raccogliere i dati, mettendo in evidenza e differenziando orientamento sessuale e identità di genere, viene ostacolata.

In Italia oggi sono consentiti solo due parametri, di per sé ostracizzanti e stigmatizzanti.
 
1) Le persone transessuali esistono solo quando chiedono l’operazione di transizione, e solo una minoranza di loro lo fanno, mentre sono ignorati ed ignorate in tutto il loro percorso chirurgico estetico ed ormonale precedente. Se un/una paziente è transessuale sarà classificato/a come maschio o come femmina secondo il dettato della carta d’identità che si riferisce nel loro caso alla presenza dei genitali originali o di quelli modificati con l’operazione alla transizione. Maschio e Femmina sono però evidentemente termini restrittivi in ambito medico date le numerose modifiche chirurgiche ed ormonali subite da queste persone, ma sono fallimentari a livello psicologico data la complessita dell'accettazione e del riconoscimento del proprio genere, che può perfino variare nel corso del tempo (transgender e queer, ad esempio), tanto che in due paesi è stata adottata l'anagrafica a tre sessi M/X/F oppure M/O/F (dove la X in Australia e la O in India indicano appunto le persone transgender, transessuali, con i genitali modificati o meno, intersessuali alla nascita e queer).
 
2) Le persone omosessuali invece esistono solo negli studi per l’HIV, dove vengono ignorate invece le persone transessuali, i bisessuali e quanti hanno rapporti sessuali con le persone transessuali. La confusione è tale che subiscono discriminazione anche le donne lesbiche, che non hanno alcun modo di contrarre il virus per via sessuale, come dimostrato in tutto il mondo dal 1982. L’analogia forzata tra HIV ed omosessualità produce ovviamente un doppio stigma gravissimo. Cambierebbero gli approcci al paziente e l'effetto sociale contro l'omofobia sarebbe immediato se si chiedesse con serenità a tutti se si amano persone dello stesso sesso, dell'altro sesso, transessuali o di più di un tipo (anagrafica E/O/T dove T sta per preferenza sessuale non per orientamento sessuale).
 
Un’altra conseguenza è che la maggior parte degli studi sull’omosessualità in Italia rintracciabili su Pubmed è esclusivamente orientata alla questione HIV. Non è possibile in pratica studiare il diabete, l'ipertensione o il rischio tumorale delle persone omosessuali, neanche quello del seno o dell'ano, visto che non esiste alcun report anagrafico adeguato in alcuna cartella clinica.
 
I pochi studi diversi si dividono su disordini alimentari, abuso di sostanze, origine genetica, effetto sull’educazione della prole e scale di valutazione dello stigma internalizzato (minority stress o omofobia interiorizzata che dir si voglia) e sono gestiti, come previsto da medici gay, quando favoriscono la salute ed il benessere, da medici omofobi, quando cercano di stigmatizzare come patogenetica l’omosessualità.
 
In Italia sono rarissimi gli studi sull’omofobia, in pratica ne ho trovato solo uno che investiga quanto le persone eterosessuali siano spinte ad usare o reagire ad epiteti omofobi per identificarsi come maschi eterosessuali, e quanto meno reagiscano ad epiteti che offendano ad esempio l’origine regionale. Così come solo uno studio analizza l’importanza del coming out con il migliore amico nel nostro Paese: più spesso del sesso e dell’orientamento opposto nel caso di gay, ovvero come siano le donne etero le prescelte da gay e lesbiche per approcciare durante l’adolescenza il problema del Coming Out. Nessuno studio è praticato in Italia sulla gravidanza delle donne lesbiche o sulla paternità delle persone omosessuali o transessuali e conseguenze pediatriche.
 
Nonostante tutto esistono ormai anche alcuni studi specifici sulla questione omosessualità e salute mentale, sebbene rari in Italia, ma nessuno psichiatra di fama, neanche il prof. Mario Maj, le cui competenze sono riconosciute a livello europeo e mondiale, osa pronunciare un parere nel merito.
 
Si affastellano invece i medici omofobi dal pulpito televisivo: Atzori, Binetti ed il noto criminologo Bruno. Nessuno psichiatra e nessun Ordine dei Medici ha finora mai negato ufficialmente nessuna delle loro affermazioni omofobe, né ha fatto partire, come pure avviene nel caso di altre terapie improbabili come per la Sars, o per i tumori con la Somatostatina o Stamina, alcuno studio per validare o negare la validità delle conseguenti “terapie riparative”.
 
Aspettiamo ancora che esprimiate un parere scientifico nel merito o che ci raccontiate storie di vita professionale e personale (nel caso di medici gay, lesbiche e transessuali), scrivendo, anche anonimamente al direttore Bollorino o al sottoscritto: manlio.converti@tiscali.it . Il vostro silenzio non passa inosservato.

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