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Noia da Troll ed esibizionismo da selfie

25 Giu 19

A cura di Rolando Ciofi

Si dice che i social siano "impestati" da questi personaggi che interagiscono con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso e/o del tutto errati, con il solo obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.

E' vero purtroppo. Anche a me è accaduto di incontrarne e anche, professionalmente mi sono dovuto occupare dei danni da questi soggetti provocati a persone fragili.

 
Narrasi che ogni partito, particolarmente i più aggressivi, Lega, M5S e forse anche la frangia del PD Renziano, ne stipendi una squadra. Leggende metropolitane, forse. O forse mezze verità, nel senso che i "fenomeni" ci sono in ogni dove e che all'occorrenza tali "fenomeni" sia sufficiente stimolare con qualche suggestione e pochi spiccioli per trarne presunti vantaggi.
 
Però che noia! Un po' come la moda dei selfie.

Conosco una brava persona, che ha sempre lavorato (operaia in una fabbrica) che ha sempre votato comunista (sinché i comunisti c'erano) e che oggi è in pensione, che ha fatto più di un'ora di coda, a Cesena, per farsi un selfie con Salvini. 
 
Ed è poi tornata a casa orgogliosa dell'impresa, ha esibito il trofeo a tutte le amiche e conoscenti ed ha fatto spallucce a fronte dei borbottii del marito che tentava di ricordarle come loro fossero una famiglia operaia di tradizione comunista.
 
Ironizzare su troll e selfie sarebbe facile. Temo però che non sia l'atteggiamento giusto. 

Si tratta in fondo di una voglia importante, la voglia del protagonismo. Che se volessimo guardarla in positivo potremmo anche leggere come voglia di partecipazione. 

Tutti credo, dovremmo fare lo sforzo di non farci prendere dalla noia, dalla facile battuta o dalla facile denigrazione. 

Sta accadendo qualcosa di importante, ben lo ha compreso Mark Zuckerberg, forse suo malgrado, addivenendovi per piccoli/grandi passi, e che si appresta con il lancio della "libra" a trarne le conseguenze su scala planetaria. 

Troll, selfie, facebook, instagram e cinguettii, a man bassa usati da politici di ogni provenienza, ben poco hanno a che fare con politiche sovraniste che in taluni casi tentano di veicolare. Trattasi in realtà di veicoli, uso una parola sgradita a molti, "mondialisti".

Come negli anni 90' nel nostro paese il buon Berlusconi era capace di arruolare nelle sue reti TV anche i suoi oppositori, così oggi il mondialismo dei social offre spazio a chiunque, anche ai suoi più accesi avversari.

Tutto ciò fa sorridere. Dopo decenni di discussioni mai risolte sull'euro avremo, in un brevissimo periodo, da fare i conti con la libra (i bitcoin ne sono stati solo una pallidissima anticipazione). I social, scavalcando con disinvoltura ogni provinciale dibattito, ci consentiranno persino di essere sovranisti in un mondo mondializzato.

Tutto ciò alla fine per un semplice motivo, i social hanno dato parola al singolo individuo, che non sa, che non studia, che pensa al proprio mondo, ma che su tutto vuole dire la propria e proporre le proprie sentenze. Senza nessuna paura nei confronti dell'individualismo il social incanala fiumi di sciocchezze verso lidi capaci di plasmarle in fantasie di Stato prima ed a seguire in spesso sciagurati provvedimenti.

Non credo che i troll si possano combattere con le denuncie, così come non credo che la voglia di selfie sia da esecrare. 

la questione probabilmente sta a monte e risiede nella consapevolezza che l'individuo sta maturando, di poter dire la sua, di partecipare. In questo senso l'idea della democrazia diretta non pare così peregrina. Ma il cittadino medio non è educato a partecipare, quando pensa alla partecipazione gli vengono in mente le noiose riunioni dei consigli di classe o le faticose ed inutili riunioni che una volta si facevano nelle sezioni dei partiti politici.  Nè, approssimativamente imbonito dai social, può essere turlupinato da chi, agitando l'utopia della democrazia diretta, sostanzialmente lo imbroglia sottoponendogli falsi quesiti già risolti in fase di formulazione degli stessi (vedi piattaforma Rousseau M5S)

Gramsci parlava di funzione pedagogica della politica. Da lì forse potremmo ripartire, senza crminalizzazioni inutili e senza demagogia. Il mondo sta cambiando e la prima cosa da fare è rendersene conto e non pretendere di "fermare il vento con le mani". 

La seconda cosa potrebbe però essere il tentare di dare una forma al cambiamento in atto, parzialmente assecondandolo ma al contempo tentando di renderlo credibile, allineato a quei valori a cui tutti noi ancora ci riferiamo (semplifichiamo, quelli ad esempio scritti nella nostra costituzione, o nella carta dei diritti dell'uomo, o emersi dalla rivoluzione francese). 

Bene allora la partecipazione, benissimo la democrazia diretta purché tali etichette, che esprimono un giusto desiderio di protagonismo, non siano solo la vuota occasione di farsi notare ma anche almeno in parte, l'occasione per pensare e tra le altre cose per poter pensare di rispettare l'altrui pensiero.

Non elimineremo i troll, nè elimineremo le manipolazioni e l'odio dal mondo, non elimineremo neppure il narcisismo dei selfie, ma forse potremmo provare ad avviare tali protagonismi discutibili verso i lidi di un protagonismo costruttivo.

Letture suggerite
La società dei selfie. Narcisismo e sentimento di sé nell'epoca dello smartphone
Troll Hunting: Inside the world of online hate and its human fallout

 

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