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NON FATE I CARCERIERI! LETTERA APERTA A MICHELA MARZANO, A PIPPO CIVATI e agli altri firmatari della proposta di legge punitiva nei confronti dei siti (pro-ana) che esaltano i comportamenti anoressici

16 Ago 14

A cura di Mario Galzigna

LETTERA APERTA AI FIRMATARI DI UNA PROPOSTA DI LEGGE LIBERTICIDA, che, in nome della sacrosanta necessità di una lotta all'anoressia, pretende di risolvere l'allarmante flagello dei disturbi alimentari attraverso misure punitive verso coloro che, anche in Internet (vedi siti pro-ana), alimentano e incoraggiano la loro diffusione.

I firmatari della proposta di legge optano per una prospettiva repressiva, abbandonando ogni riferimento – che in questo caso sarebbe necessario – ad una cultura della cura. La cura, per quanto difficile e problematica, va vista e valorizzata come efficace antidoto a soluzioni autoritarie e a interventi coercitivi. Per Freud, governare educare e curare (Regieren, Erziehen, Kurieren) sono le tre professioni "impossibili", il cui "esito insoddisfacente è scontato in anticipo". Ma noi dobbiamo comunque mantenerle, come afferma Lacan, nell'ambito della realtà del soggetto: cioè nell'ambito della sua Realitat, che dovrebbe diventare, interamente, Wirklichkeit, cioè realtà effettiva. Fare questo significa che la Cura, che il Curare (Kurieren), devono sempre rappresentare un ideale percorribile. Un ideale di non facile realizzazione, ma comunque percorribile. I terapeuti che affrontano i grandi mali del secolo, tra cui occupano una posizione di rilievo l'anoressia e la bulimia, sono consapevoli delle grandi difficoltà del loro compito: della loro professione o, per meglio dire, stando al significato originario del termine tedesco (Beruf, usato anche da Freud), della loro vocazione professionale. Esplorare e percorrere, in tutte la sue latitudini, l'orizzonte della cura, significa abbandonare i percorsi coercitivi, segregativi, repressivi e coltivare, con costanza e realismo, un ottimismo terapeutico che considera il soggetto "curato", preso in carico, come soggetto perfettibile, emendabile, trasformabile: un ottimismo che ha già caratterizzato in maniera pregnante – si pensi a Philippe Pinel – la protopsichiatria all'alba del XIX secolo; un ottimismo che coabitava con la lucida consapevolezza degli scacchi (échecs) e degli ostacoli (obstacles) che compromettevano gli esiti della nascente alienistica. Già dopo la rottura pineliana, e soprattutto oggi, dopo la rivoluzione basagliana, appare evidente l'inconciliabilità tra metodi repressivi e pratiche terapeutiche, nonostante le mistificazioni anche recenti della clinica psichiatrica, che nei suoi settori più retrogradi tende a confondere i due livelli, presentando come interventi curativi anche trattamenti coercitivi (un certo uso dei farmaci, forme più o meno mascherate di contenzione, elettrochock), lesivi della dignità personale e della libertà individuale del paziente.     
I firmatari della proposta di legge Marzano optano per la soluzione repressiva, a detrimento di ogni
tentativo di intervenire attivamente e costruttivamente sui soggetti portatori di disturbi alimentari, che potrebbero imboccare – o che hanno già imboccato – la strada della bulimia e dell'anoressia. I disturbi alimentari – ha ragione un grande e competente specialista come MARCEL RUFO – sono l'esito di una relazione disturbata con il proprio Sè e con il proprio corpo. Per essere "trattati" hanno quindi bisogno di un'assistenza e di una strategia terapeutica multidimensionale, che richiedono l'apporto di strumentazioni disciplinari differenti ed il sostegno attivo di una nuova cultura della cura.
 

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