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Nostalgia della libertà e spinta all’emancipazione. Omero e Saba

29 Apr 23

A cura di Sabino Nanni

        Non si finirà mai di sottolineare quanto venga sottovalutata (soprattutto oggi) l’importanza delle prime cure materne. Da esse dipende, in gran parte, il destino dell’individuo. Un fatto che viene particolarmente trascurato è che solo l’individuo adeguatamente accudito all’inizio della sua vita potrà avvertire l’anelito alla libertà, il desiderio di crescere ed emanciparsi. Inizio partendo apparentemente da lontano, con la poesia “Nostalgia” di Saba, in cui il Poeta parla dei suoi canarini:

 
Con occhi intenti seguono ogni mossa
delle mie mani industri a rinnovare
la gabbia al novo giorno. Un’ombra appena
d’apprensione superstite, visibile
al buon custode. Contentezza provano
che m’occupi di loro, e quella esprimono,
se intendo il loro linguaggio, in sommessi
brevi trilletti.
 
Ma forse è umana illusione che ai tetti
degli uomini e alle cure siano paghi.
Una gabbia è una gabbia; e in cuore vaghi
serbano indistruttibili ricordi
delle Canarie, dei natii boschetti.
 

        Il Poeta vede, nel comportamento degli uccelletti, il riflesso di un antico rapporto di dipendenza. Di esso, accanto alla contentezza per essere oggetto d’amorevoli attenzioni, non gli sfugge quella vaga inquietudine che, in uno sviluppo sano, porterà all’emancipazione. Pur con “un’ombra d’apprensione superstite” (retaggio delle angosce suscitate dal riconoscimento dell’alterità dell’oggetto d’amore), i piccoli hanno imparato ad avere fiducia in chi si prende cura di loro. Sembrano soddisfatti di tale “felice” rapporto di dipendenza; tuttavia Saba non può ignorare il sentimento di frustrazione di chi è stato privato della libertà.
        Vengono in mente i sentimenti di Odisseo, relegato per sette anni nella “gabbia dorata” dell’isola di Ogigia. Qui Calipso l’aveva trattato nel modo più amorevole, offrendogli persino la promessa dell’immortalità. Ma “una gabbia è una gabbia”, ed Odisseo, pur riconoscendo le cure affettuose della sua ospite, non può fare a meno di provare una struggente nostalgia per la sua patria; il che significa desiderio di tornare alla sua condizione di adulto libero, con tutte le responsabilità che comporta il suo ruolo di padre, di marito e di sovrano. Quel che, per Odisseo è Itaca, per gli uccelletti sono le Canarie, ossia quella Madre Natura che, offrendo loro le condizioni più favorevoli per la sopravvivenza, permetteva loro d’essere liberi, senza dover dipendere da qualcun altro che li proteggesse dalle avversità.
        Anche l’essere umano serba il ricordo delle sue “Canarie”: l’epoca in cui una “madre ambiente” invisibile (non riconosciuta come persona distinta da lui), preservando il piccolo da ogni pericolo, alimentava l’illusione di una libertà incontrastata. La nostalgia per quella libertà perduta, saldandosi con la spinta evolutiva, produce un potente impulso all’emancipazione. L’individuo rinuncia anche alle cure più amorevoli dei genitori per assumersi lui le responsabilità della sua vita.
        Ecco come la nostalgia per l’epoca più antica può alimentare la voglia di crescere. Il desiderio di tornare indietro, in condizioni sane, spinge ad andare avanti. Tuttavia se l’individuo, agli inizi della sua vita, non ha assaporato fino in fondo il gusto di una sia pur illusoria libertà, non proverà il desiderio di recuperarla. Resterà per sempre un “bambino” dipendente, con tutti i riflessi di ordine sociale che tale arresto evolutivo comporta. Resterà un bambino che non può crescere; e la felicità resterà per lui un miraggio irraggiungibile. 

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