F è una ragazza di 13 anni, che vedo in studio quando sta per dare l’addio alla vita, chiusa in una spirale anoressizzante che ha condotto lei e la famiglia sull’orlo del baratro. Ha peregrinato per diversi centri dedicati alla cura dei dca, in italia e all’estero, mostrando sempre una reazione avversativa alle imposizioni alimentari che di volta in volta le venivano prescritte. Alcune reali, altre vissute come tali senza essere tali. . Quando la vedo le chiedo se abbia desiderio di parlare di qualcosa, qualsiasi cosa, mi risponde : ‘ Tutto, tranne che del mio peso. Non voglio diete, ordini, prescrizioni.’ ‘Va bene’. Decido, assumendomi tutti i rischi che una scelta di questo tipo comporta, di non colludere con la questione alimentare con la quale lei ha cercato di tenere sotto scacco l’Altro familiare e sanitario. Stupendo i genitori, abituati ad una riottosità indomabile, ella accetta di proseguire le sedute e, anzi chiede di anticiparne alcune. Il tempo passa, il sintomo si scioglie. Momenti di abbuffata vincono la rigidità del controllo calorico, e riportano la ragazza in peso che garantisce la sopravvivenza. Tuttavia, come avevo previsto vista la severità del caso, si trattava di un anoressia di tipo psicotico, per cui l’attenuazione del sintomo sarebbe stato il prodromo ad una serie di progressivi cedimenti. Un sinthomo attenuato, anche se con la lima e tanta cautela, apre in alcuni casi le porte alla psicosi nella sua forma più eclatante. Andava fatto, perché F. era vicina alla consunzione corporea. Questo mio movimento ha fatto esondare una malenconia pregressa , a sigillo della quale l’anoressia era stata posta, fatta di ritiro sociale ed isolamento con sensi di persecuzione in classe. Fenomeni che vengono ascoltati, accettai e con lei discussi, giorno dopo giorno, momento dopo momento, crisi dopo crisi. Non vi erano alternative. Questa ragazza si stava lentamente chiamando fuori dalla vita. Il mio atto deciso, quello di scegliere un altro discorso lasciando fuori dallo studio calorie e peso, ha significato la perdita di valore dello strumento anoressico come mezzo di contrattazione con l’Altro. Uno strumento ormai usurato, che stava conducendo la giovane ragazza al dissolvimento come i medici avevano ormai constatato senza poter fare nulla, poiché essa non rispondeva nemmeno piu’ ai ricoveri coatti con alimentazione indotta serrando la bocca. Il modo col quale si fa da segretario nel dopo, è con un opera minuziosa di attenzione e cura dei minimi particolari di parola che ella lascia cadere. Dunque un ascolto incondizionato, una reperibilità telefonica pressoché costante. Un sostegno familiare e un appuntamento periodico con il corpo insegnate con lo scopo di dare loro strumenti clini per sostenere il cammino di F. Il meccanismo funziona. Lei non è piu’ in pericolo di vita, questo è stato ben accettato da tutti. Quello che non viene accettato sono le intemperanze comportamentali, l’aggressività, la scelta di abbandonare alcune attività scolastiche privilegiandone altre. Oggi lei parla solo di alcune cose, con passione e dedizione. E Vive una vita meno isolata di prima, ha diversi amici, esce . Litiga spesso , si è iscritta ad una squadra di pallavolo. Porta tutto ciò che la spaventa in studio.( ‘ Lo so che non è del tutto vero! Ma nella partita di sabato, due avversari mi guardavano in modo tale da farmi incazzare!!) , dopo di chè torna la fuori, in quel mondo un po’ duro da digerire, ma col quale oggi non ha piu’ una guerra in corso. Mentre sostengo questa ragazza, sono nottetempo abbattuto dai ricordi di quando venni lasciato cadere a picco da chi per me si arrogò il diritto di tenere la posizione dell’analista mancandone di capacità e desiderio. Quando ella mi telefona gridando che è angosciata aggredendomi perché ‘ vuole tornare magra come era’ , sono costretto a rivivere le scene nelle quali io chiamavo implorando che l’analista che mi distrusse mi sostenesse, nel dopo espoliazione del sinthomo, ottenendo rifiuti e minacce. Tenere la posizione dell’analista significa pagare un prezzo: riaprire una ferita, mai suturata, che comporta un dolore ogni vota identico a sé stesso, e ogni volta micidiale. Questo accade, parafrasando un celebre film, ogni maledetta domenica.
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