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ORTODOSSIA E APPARTENENZA

30 Mar 14

A cura di kharban@virgilio.it

Nella psicoanalisi la coesistenza di potenti anticorpi antidogmatici con un livello sorprendente e regressivo di adesione clericale a un credo assolutistico capace di patologizzare il dissenso in nome dell'ortodossia, rappresenta una contraddizione tutt'ora inspiegata.
Viene però il dubbio che la cecità scientifica che ha impedito ai seguaci di Freud di affrontare con animo laico la pietra angolare rappresentata dal trauma e dal traumatico sia riconducibile più che a una svista scientifica a un bisogno di appartenenza.
Non c'è dubbio che il movimento psicoanalitico ha riprodotto concretamente ciò che Freud, in Psicologia delle Masse e Analisi dell'Io (1921), aveva indicato come modalità specifica del funzionamento collettivo nella Chiesa (soprattutto cattolica) e nell'Esercito: l'identificazione nel Capo Supremo come garanzia di coesione.
Ma mi chiedo: non c'è forse una matrice ebraica in tutto questo? La cultura di un  Popolo, per secoli minacciato di estinzione e smembrato da una diaspora interminabile, che ha cercato la propria unità nella tradizione religiosa anche al di là della Fede dei suoi figli nel Dio unico, ha lasciato forse un segno profondo nella memoria sepolta degli uomini.
Il gruppo degli psicoanalisti, illuminato da una verità portentosa e accecante ha preferito rinunciare a una parte della propria curiosità per timore di perdere il privilegio di un'appartenenza unica e irripetibile. Che sia questa la ragione?

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