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Poeta Maledetto

12 Set 22

A cura di dolorescelona

“Io so che il dolore è la sola nobiltà

in cui né terra né inferno sconfineranno mai,

e che occorrono tutti i tempi e tutti gli universi

per intrecciare la mia mistica corona.”

(Bénédiction, Les Fleurs du Mal, C. Baudelaire

Poeta maledetto, quando sei nato un piccolo demone è entrato nella culla prendendosi l’onere di farti soffrire.

Punge col suo forcone il tuo cuore dal tuo primo sorriso, che non è stato mai pieno ma sempre a metà.

Lo spirito maligno inumidisce il tuo sguardo ma blocca le lacrime, con un suo soffio annebbia la vista dei momenti felici, pronto farti uscire dalla coltre di nebbia in quelli tristi per farti assaporare il dolore.

Ti avvolge in una copertina di fango dal primo abbraccio materno, per non farti sentire il calore di chi ti ama e farti percepire la disperazione di amare senza poter apprezzare a pieno l’amore ricambiato.

Il tuo demone ti ha preparato una casa fatta di sbarre, condanna di una prigionia terrena.

Ti fa percepire il pericolo della sofferenza nelle cose belle, cullando il tuo sonno con una nenia che alimenta i tuoi fantasmi.

Non hai pace, le sue parole sono come fuoco e, fingendosi unico alleato in una vita di solitudine, ti spinge a tradurre il terrore che provi nei confronti del mondo con il disprezzo e insensatezza. 

Ti ha convinto con il suo canto che non c’è un posto per te in questa terra e tu, devastato dalla condanna ad una vita di esilio mentale, respingi l’altro vestendoti di superbia. 

Il demone cresce e si nutre della tua convinzione che nessuno può amarti perché nessuno potrà mai capire la devastazione della tua anima infelice. 

Quando il cuore prova a gonfiarsi di felicità viene inforcato con tanta forza quanta ne serve per fare sì che l’intensità del dolore prevalga e che appaia l’unico sentimento in grado di opporsi al vuoto che ti riempie il petto.

La disperazione del nulla che avverti incombente ti spinge a cercare l’esistenza di qualcosa negli eccessi e nella diversità.

Preda di una clessidra che perde sabbia, cerchi di scandire il tempo con le emozioni forti.

Assieme al demone, ormai diventato amico e unico confidente, resti a distanza dagli altri, prigioniero e vittima di una sorte funesta che ti autoinfliggi.

“Arso dall’amore del bello” e “corroso da un desiderio senza tregua” cerchi di cogliere l’intensità data da un istante di felicità, condannandoti all’angoscia dell’abisso.

Con l'irrequietezza di una speranza ormai scolorita ed ammuffita ti riservi come unica consolazione la lotta al tuo tragico e solitario destino: “Inferno o Cielo, cosa importa? discendere l'Ignoto nel trovarvi nel fondo, infine, il nuovo”.

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