L’affermazione che “siamo quello che mangiamo” oppure l’intuizione, sempre presente in psichiatria, che mente e corpo sono entità indistinguibili da approcciare in maniera olistica hanno sempre stimolato la fantasia dei neuroscienziati ma, allo stesso tempo, spesso fanno sorridere tutti i professionisti che quotidianamente si devono confrontare con la concretezza della malattia mentale.
D’altra parte negli ultimi 10 anni abbiamo sviluppato e consolidato numerose consapevolezze, sul piano scientifico, che hanno portato infine alla nascita di nuove aree di studio della psichiatria che hanno progressivamente confermato che specifici tipi di alimentazione e la cura del nostro Microbiota Intestinale hanno conseguenze di rilievo su molti fenomeni mentali fisiologici e patologici.
La psicobiotica è una disciplina piuttosto recente, perlomeno nel suo approccio più scientifico, che studia gli effetti delle modificazioni del microbiota intestinale sulla mente, in particolare l’attenzione è rivolta sulle funzioni cognitive e sul tono dell’umore.
All’incirca dagli inizi degli anni 2000 è emerso il ruolo fondamentale che il microbioma intestinale, ovvero l'insieme dei microrganismi, prevalentemente alcune specie batteri, che colonizzano costantemente l'intestino, può esercitare una notevole influenza sulla salute psico-fisica dell’uomo.
Solo di recente un certo numero di ricerche hanno impostato lo studio dell’influenza del Microbiota sulla Mente in maniera rigorosamente scientifica, non solo confermando molti dati empirici, ma anche scoprendo i meccanismi fisiopatologici di questo collegamento tra intestino e cervello, iniziando addirittura a chiamare il Microbiota intestinale umano il “Cervello Enterico”.
Come avverrebbe in concreto questa influenza del Microbiota sul Cervello?
Il Microbioma, che produce il 90% della serotonina presente nel corpo (non solo quella cerebrale), mantiene contatti diretti con il Cervello tramite il Nervo Vago, i nuclei del troncoencefalo, la via ascendente colinergica e le proiezioni noradrenergiche corticali. Nuovi studi poi hanno confermato l’attivazione mediata indirettamente dai batteri intestinali microbiota di aree sensoriali viscerali e regioni cerebrali collegati all’ansia, come l’amigdala, la stria terminale, il nucleo parabrachiale, il nucleo del tratto solitario e il grigio periacqueduttale.
Un’altra importante via attraverso la quale si coordinerebbe il rapporto tra intestino e cervello è legata al sistema immunitario. E’ noto infatti che il trattamento con antibiotici è capace di indurre importanti modificazioni dell’attività dell’ippocampo, e questo suggerirebbe come i batteri intestinali influenzino l’attività del cervello anche attraverso altre vie, tra cui il sistema immunitario tramite la produzione di citochine circolanti.
Un ultimo dato riguarda la capacità del Microbiota di modulare i livelli di cortisolo circolante e quindi lo stato di stress.
La domanda che molti si stanno ponendo è dunque la seguente: ma se i batteri che compongono il Microbiota intestinale possono comunicare con il cervello allora perché non cercare di controllare questa comunicazione per ottenere un effetto positivo sulla mente, per esempio diminuendo ansia e depressione?
È questa la prospettiva della psicobiotica, come è molto bene descritto in un lavoro pubblicato sul “Trends in Neurosciences” da Philip Burnet, professore di psichiatria dell'Università di Oxford, nel Regno Unito.
L'assunzione di probiotici è solo uno dei possibili approcci ad una nuova psichiatria organica di tipo olistico, puntando ad una estensione che integri farmaci “classici” come antidepressivi e antipsicotici, ad attività come l'esercizio fisico aerobico ed anaerobico e il consumo di specifici alimenti, ed infine gli effetti dei batteri che costituiscono il microbiota sulla mente umana.
E’ qui che entrano in gioco la psiconutrizione e la nutraceutica.
Recuperare e mantenere la salute del cervello è uno dei più importanti obiettivi sanitari della nostra società. I nutraceutici cerebrali, ovvero tutti quei nutrienti che, per vie diverse, agiscono sul funzionamento del cervello, stanno dimostrandosi in grado di migliorare le performance cognitive, di proteggere le strutture cerebrali dagli effetti dello stress ossidativo e, addirittura, di contribuire direttamente al controllo dell’ansia e dei disturbi dell’umore attraverso il riequilibrio dei delicati sistemi neurotrasmettitoriali: in poche parole di riuscire realmente ad esercitare una diretta attività di “neuroprotezione”.
Sempre più studi stanno dimostrando che i supplementi nutrizionali per il cervello sono in grado di influenzare positivamente i disturbi legati all’invecchiamento di quest’organo, quelle disfunzioni cognitive, emotive e comportamentali, che tipicamente ritroviamo nella demenza senile, nell’Alzheimer ed in alcune patologie neurodegenerative.
Fino a qualche decennio or sono psicobiotica, nutraceutica e psiconutrizione erano discipline fantastiche, adesso iniziano ad essere sostenute da autorevoli e consistenti studi svolti sia in ambito animale che umano.
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- Review dello Studio pubblicato su Nature che infaga i rapporti tra Microbiota e Malattia di Alzheimer: https://www.valeriorosso.com/2017/02/13/alzheimer-microbiota-nature/
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