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Psicoterapia cognitiva, il buio e la luce

10 Giu 21

A cura di vastopolis

Sì, lo so, tutto ciò che suona di “cognitivo”, di “cognitivismo”, suona male, molto male per tanti professionisti e operatori che si occupano di psiche, ma devo dare ancora una volta atto a Raffello Cortina di aver tirato fuori un libro impeccabile, a cura di Claudia Perdighe e Andrea Gragnani.
“Psicoterapia cognitiva. Comprendere e curare i disturbi mentali” è opera complessa e completa, si divide in tre parti e abbraccia la comprensione del disagio emotivo, il modo in cui è possibile produrre il cambiamento e l’illustrazione dei disturbi mentali, dopo averli definiti con precisione e chiarezza. Ecco, la chiarezza credo sia l’elemento da valorizzare, di importanza mai trascurabile, soprattutto quando si scrive di panico, di ansia, di depressione, di disturbi dell’alimentazione. I due psicologi-psicoterapeuti si sforzano di mettere insieme fin dall’inizio, grazie all’aiuto di un gruppo eccellente di autori, un quadro esaustivo sulla psicoterapia cognitiva. Scrivono nell’introduzione: “Le domande che guidano tutti i capitoli della prima parte sono: perché un paziente soffre? E, soprattutto, come mai non riesce, anche quando gli strumenti e le modalità sembrano molto accessibili, a smettere di soffrire? Perché un ossessivo non smettere di compiere rituali, pur desiderando e sapendo quanto i rituali compromettono la sua vita? Perché un depresso non rinuncia ad avere qualcosa che sa di non poter ottenere e non si focalizza su beni che già possiede o che sono accessibili?



Più in generale, perché gli esseri umani, o almeno quelli che presentano una sofferenza emotiva, non smettono di aspirare a beni che non possono ottenere, come per esempio la certezza di non ammalarsi o di non essere giudicati male o la certezza di essere di valore? La seconda parte, invece, è guidata dalle domande: come aiutare i pazienti a soffrire meno? Quali strumenti e procedure sono efficaci nella cura delle diverse forme con cui la sofferenza si presenta al clinico? Nella terza parte, che riguarda le similarità tra pazienti, proveremo a dare risposta a queste domande a partite da specifici quadri clinici”.
Capite perché scrivo di opera completa? Perché, con estrema coerenza, segue un percorso logico di presentazione del problema e di possibile soluzione. Scrivo possibile, in quanto gli autori sanno, con umiltà, che nessuna risposta alle domande poste può essere definitiva. Esiste, però, il tentativo di ricerca e di verifica, esiste il cammino da compiere insieme ai pazienti e alle loro patologie per coglierne l’intima essenza e alleviarne le sofferenze. Lo sforzo dei curatori e degli autori consente al lettore, anche non specializzato, di apprezzare le riflessioni sul tema, di calarsi dentro la patologia, di intravedere, anche quando tutto sembra buio, lo spiraglio di luce, l’àncora di salvezza.
Libro utile, ben pensato e curato, libro da leggere e da consultare quando si desidera centrare meglio un concetto, calibrandolo sulla propria esperienza che si sta vivendo.

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