Sappiamo che una delle difficoltà, non solo dello stress post-traumatico, ma di molte altre problematiche psichiche, è rappresentata dalla questione della “regolazione emotiva”. Esistono dei momenti di “disregolazione” in cui lo stato neurofisiologico del nostro corpo è alterato o troppo verso l’alto (iperarousal), oppure troppo verso il basso (ipoarousal). È molto utile in questo senso conoscere il concetto di finestra di tolleranza di Daniel Siegel.
Che fare nei casi di iperarousal? Come ritornare all’interno del range di “tolleranza”? Esistono molteplici vie, tutte integrabili e percorribili in parallelo. Un approfondimento merita di essere fatto tuttavia sul tema “controllo del respiro”. Il respiro può infatti rappresentare un ottimo strumento in qualche modo “istantaneo” per produrre un effetto di regolazione emotiva quando ci si trovi in uno stato di eccessiva attivazione vissuta con sofferenza.
Questa lunga ed approfondita meta-analisi sugli studi (15) che hanno approfondito il ruolo del respiro della regolazione dell'attivazione neurofisiologica, evidenzia alcuni aspetti di rilievo che ci possono dare alcuni spunti in merito al tema “regolazione emotiva”. In particolare le chiavi di ricerca usate per fare questa review, sono state “respiro”, “uso del respiro” e “outcome neurofisiologico”. Gli autori volevano circoscrivere l’analisi ai risultati misurabili dell'applicazione delle tecniche di regolazione del respiro, così da produrre evidenze il più possibile solide:
“identification of common psychophysiological mechanisms underlying the beneficial effects of slow breathing techniques (<10 breath per minute) by systematically reviewing the scientific literature”
Cosa emerge? Possiamo veramente considerare il respiro come la “via regia per l’accesso al Sistema Nervoso Autonomo” ? Quanto sarebbe veramente necessario insegnare a ogni potenziale paziente alcune tecniche basiche di regolazione del respiro?
La prima citata review tenta di estrapolare i fattori causali ed esplicativi sottostanti gli effetti benefici del “respiro controllato”, su soggetti sani, in particolare riferendosi al respiro lento (meno di 10 respiri al minuto; si tratta di una tecnica di respiro che differisce da altre, non limitandosi al semplice prestare attenzione all’attività del respiro o al decelerare il respiro):
Quali i parametri indagati?
- attività del cervello (tramite EEG e fMRI)
- attività del sistema nervoso autonomo tramite Heart Rate Variability (HRV), Respiratory Sinus Arrhythmia (RSA) e Cardio-Respiratory Synchronization
Gli studi consierati sono stati 15 (gli unici a presentare tutti i criteri di inclusione), riassunti ed elencati in questa tabella.
I risultati in termini di parametri, invece, sono riassunti qui.
Cosa evidenzia questa meta-analisi? Gli autori sottolineano come, in questi 15 studi, le evidenze forti e “definitive” sembrino mancare; tuttavia, riassumono i risultati ottenuti in alcuni punti più salienti di altri, disegnando un modello psicofisiologico delle tecniche di slow-breathing, così riassumibile:
- in generale, le tecniche di respiro lento sembrano aumentare la flessibilità del costrutto Sistema Nervoso autonomo+cervello+senso psicologico di benessere sperimentato, per via del coinvolgimento del sistema nervoso autonomo parasimpatico che come sappiamo funziona da “freno” del sistema nervoso autonomo stesso
- l’HRV, dipendente dalla frequenza del respiro, aumenta al rallentare del respiro: “It is worth underlining that HRV modulation is highly dependent on the respiration frequency, increasing along with the slowing of breath”, come ben chiarito qui
- l’RSA è stato osservato aumentare in concomitanza con attività di slow breathing “In this framework, we found consistent proofs linking the slowing of breath rhythm to increases in RSA”, dove per RSA è da intendersi come aritmia correlata al respiro (quando si inspira, il cuore accelera, quando si espira, decelera)
- al di sotto delle pratiche di respiro controllato e rallentato, potrebbero esserci meccanismi di funzionamento simili a quelli sottostanti la pratica dello Yoga. Molteplici filoni di ricerca hanno evidenziato un intervento dei network cerebrali “esecutivi” durante la pratica dello Yoga, con gli effetti di regolazione solitamente ricercati da queste pratiche. “Taylor et al. (2010) in a review about mind-body therapies (i.e., techniques focusing on functional links between mind and body) such as slow breathing techniques, suggested the existence of an executive homeostatic network as a fundamental substrate of these practices.”. Questo “network esecutivo omeostatico” ipotizzato da Taylor et el. potrebbe produrre effetti di regolazione emotiva in quelle che l’autore chiama “terapie mente-corpo”, tra cui appunto Yoga e slow breathing. In questo senso, pur essendo l’uso del respiro una tecnica bottom-up (partire dal corpo per agire sulla mente), va considerato come il suo impatto sia in realtà prodotto da un'azione di controllo top-down.
- la respirazione nasale alternata (praticata nello Yoga), narice dopo radice, sembra possedere caratteristiche peculiari, poichè regolata da meccanismi psicofisiologici specifici “The modulating effect of nostril breathing on the activity of the piriform cortex, amygdala and hippocampus has been unambiguously demonstrated in humans (Zelano et al., 2016).[…] In addition, the role that nostrils (and more specifically, the olfactory epithelium) play during slow breathing techniques is not yet well considered nor understood: evidence both from animal models and humans support the hypothesis that a nostril-based respiration stimulating the mechanoceptive properties of olfactory epithelium, could be one of the pivotal neurophysiological mechanisms subtending slow breathing techniques“
- Il “respiro” viene descritto come “ancella” di altre, più grandi, funzioni o strumenti umani, almeno nella cultura occidentale
Gli autori concludono quindi con una rassegna dei risultati estrapolati dalla meta-analisi, esprimendo un parere positivo nei confonti dello strumento “slow-breathing” usato in termini auto-regolativi:
“We found evidence of increased psychophysiological flexibility linking parasympathetic activity, CNS activities related to emotional control and psychological well-being in healthy subjects during slow breathing techniques. In particular, we found reliable associations between increase of HRV power and of LF power, increase of EEG alpha and decrease of EEG theta power, induced by slow breathing techniques at 6 b/min, and positive psychological/behavioral effects. This evidence is unfortunately weakened by the lack of clear methodological descriptions that often characterizes slow breathing techniques literature. “
Infine, le tecniche di regolazione emotiva mediate dal respiro sembrano possedere alcuni vantaggi rispetto alle altre tecniche bottom-up:
- non necessitano di un coinvolgimento grande del corpo nè di una grande interazione con l’ambiente: il respiro è per così dire uno strumento di regolazione “portatile” e allo stesso tempo centrale
- sono facili da insegnare (anche se per raggiungere una padronanza in questo senso occorre sottoporsi a dei training specifici)
- la letteratura sugli effetti del controllo del respiro è molto vasta e approfondita: al di là dei meccanismi che ne sottendono il funzionamento, i risultati sono ben documentati e ne esiste una tradizione mutuata dalla medicina orientale che li spiega in modo completo
Nel concreto, però, come fare? Qui di seguito un semplice video tutorial per fare slow-breathing. Qui invece un approfondimento.
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