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PTSD, QUALITÁ DEL SONNO, ILLUSIONI IPNAGOGICHE

8 Feb 19

A cura di avico.raf


Non esiste una folta letteratura che metta insieme la questione delle cosiddette illusioni ipnagogiche e la presenza di PTSD. Sicuramente è molto nota la compresenza tra PTSD e disturbi del sonno (insonnia, risvegli precoci, sonno frammentato).

L’intrudere di memorie a contenuto traumatico corrompe la continuità della coscienza, frammentandola: per la persona è molto difficile concentrarsi in modo continuativo su un compito presente, perchè focalizzarsi su un compito alla vota, immergendovisi, è un compito cognitivo che richiede uno stato di assenza di minaccia percepita (cosa che non capita in chi vive un PTSD). "Abbassare le difese" significa predisporsi al ritorno del vissuto traumatico: per questo, per un soggetto intrappolato in un PTSD, è più semplice vivere in uno stato para-dissociativo costantemente evitativo, come un pattinatore che continui ad accelerare sul ghiaccio per evitare che questo si rompa sotto i suoi piedi e l’acqua lo inghiotta.

Il sonno rappresenta uno dei momenti che in teoria necessiterebbero di questa sensazione di tranquillità per poter essere vissuto a pieno; non succede così nel PTSD: insonnia e sonno frammentato rappresentano sintomi-target grandemente predittivi di un vissuto di stress post-traumatico.

Poco però è stato scritto però sul momento del pre-addormentamento, quando si “scivola” nel sonno. La letteratura sulle cosiddette illusioni ipnagogiche (epifenomeni simil-allucinatori che si presentano prima del sonno, a forma spesso sonora -come urla percepite, parole forti allucinate, spezzoni di discorso sconnessi tra loro, o ancora suoni) pertiene alla letteratura per lo più di matrice psicoanalitica: poco è stato scritto in senso psicotraumatologico.

In questo studio generale, scritto riferendosi all’evento traumatico del terremoto all’Aquila nel 2009, i ricercatori fanno notare che recenti ipotesi farebbero pensare che non solo i disturbi del sonno (insonnia da addormentamento, lunghi e frequenti risvegli notturni) sarebbero da considerarsi come conseguenza diretta di un PTSD, ma che potrebbero esser coinvolti nel suo stesso sviluppo.

Quello che viene osservato è che in assenza di una buona qualità del sonno, l’intero sistema di funzioni cognitive subisce una prostrazione tale da portare il soggetto a uno stato di esaurimento cognitivo favorevole proprio allo sviluppo del PTSD stesso. Pierre Janet, nel suo discorso del 1913, già aveva considerato come dal suo punto di vista fosse necessario un doppio movimento per “produrre” un PTSD nell’individuo: inizialmente sarebbe stato necessario un momento, per il soggetto, di “debolezza” o stanchezza psichica:  il trauma si sarebbe successivamente installato su questo primo problema, dando vita alla sindrome post-traumatica.

Nell’articolo si legge:

“Secondo Pace-Schott, un meccanismo che potrebbe

condurre dal trauma psicologico al DPTS sarebbe da individuarsi

proprio nei disturbi del sonno post-trauma, che interferirebbero

con il consolidamento sonno-dipendente delle memorie emozionali

e con la neuroplasticità legata alla regolazione delle emozioni.”
 

Inoltre, quello che viene evidenziato nell’articolo è che il collegamento causale tra deprivazione di sonno e sviluppo di PTSD, sarebbe rappresentato da una compromissione, per l'individuo, della possibilità di accedere al registro spaziale di memoria. L’ipotesi causale proposta dallo studio, è

  1. TRAUMA
  2. —>DEPRIVAZIONE DI SONNO
  3. —>MANCATA ELABORAZIONE MNESTICA
  4. —>PTSD

cioè:

“Sembrerebbe, infatti, che in seguito a un evento traumatico

un sonno disturbato impedisca la normale elaborazione delle memorie

emotive, inclusa l’estinzione della paura associata alle memorie traumatiche”

Sarebbe appunto la bassa qualità del sonno a favorire la non elaborazione mnestica che fa da fondo ai disturbi post-traumatici (tant’è che il lavoro che si fa con il PTSD è proprio quello inerente un’elaborazione più completa delle memorie traumatiche, per esempio con l’EMDR).

Gli autori concludono:

“I lavori in questione mostrano quanto

una buona qualità del sonno sia necessaria per la nostra salute

mentale e per un funzionamento cognitivo ottimale e suggeriscono

l’importanza di attuare strategie preventive a sostegno

della qualità del sonno in seguito a un evento fortemente stressante

o traumatico. Questo tipo di prevenzione è cruciale, perché

i disturbi del sonno possono influenzare negativamente il

funzionamento cognitivo ed emotivo, rinforzare la sintomatologia

depressiva ed essere un fattore di rischio per lo sviluppo e

il mantenimento del DPTS . Tali influenze negative dei disturbi

del sonno sembrano, ad oggi, non adeguatamente valutate.”

Altri studi recenti e di rilievo, vanno in questa direzione: per esempio questo studio del 2017 di Marco Pagani del CNR, in linea con altri lavori su questo tema, evidenzia come il sonno rappresenti un momento fondamentale dell'elaborazione mnestica, e che, nel caso di PTSD, il rischio è che si crei un circuito vizioso (la memoria intrusiva disturba il sonno, non si creano quindi i presupposti per elaborarla, il che produce ulteriore sonno disturbato, e così via).

Il sonno avviene con un'alternanza di fasi cosiddette a onde corte (REM) e fasi a onde lunghe. Pagani sottolinea come la tipologia REM di sonno favorisca un'elaborazione delle memorie a salienza emotiva (come quelle immagazzinate nel corso di un evento traumatico); la tipologia NON REM, invece, sembrerebbe importante per un lavoro di "consolidamento" e di passaggio alla memoria "implicita" delle informazioni, in generale.

Nel PTSD, questo non avverrebbe in modo corretto, permanendo il ricordo traumatico intrappolato nelle strutture più profonde del cervello, primariamente coinvolte nel fronteggiamento dell'esperienza traumatica (come ippocampo e amigdala). Si veda questa immagine esplicativa:

raffaeleavico.it

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