Non mi è piu’ stato possibile reperire commenti o discussioni relative all’applicazione della teoria del‘Complesso di Telemaco’ all’ambito politico. Né in rete, né altrove, l’aspro clangore a suo tempo nutrito dal dibattito con tanti colleghi, pare oggi assopito. Ricordo quando tale teoria venne a suo tempo vissuta da molti come plinto teorico del nascente renzismo, citata al Parlamento europeo (“La nostra generazione ha il dovere di riscoprirsi Telemaco, ha il dovere di meritare l’eredità”.) o sul palco della memorabile Leopolda del 2016.
Nel mondo psy grande fu la discussione, non politica, ma clinica. I dubbi che io ponevo, ma non solo io a dire il vero, riguardavano il fatto che fosse davvero l’ex segretario del PD la figura piu’ indicata ad incarnare il prototipo del ‘ rottamatore’ che avrebbe fatto piazza pulita dei vecchi padri che ne tappavano ed irretivano il desiderio, portando un linguaggio nuovo e liberando l’aria dall’odore di ruggine del desiderio ossidato.
Era la prima volta che una teorizzazione veniva legata ad un esempio attuale, storico, non dunque ancorata alle classiche ‘vignette ‘ da esporre ai congressi o ai casi clinici da pubblicare nei testi.
Fu il gesto audace di chi lasciava la polvere dello studio, sfidando il luogo comune , da tutti noi patito, secondo il quale a nessuno è dato sapere se i casi che vengono solitamente utilizzati nei testi degli analisti (tutti) per validare le loro ipotesi abbiano un contraltare che possa contraddirle, secondo il principio della falsificabilità (criterio formulato dal filosofo contemporaneo Karl Popper per separare l’ambito delle teorie controllabili, che appartiene alla scienza, da quello delle teorie non controllabili, da Popper stesso identificato con la metafisica).
Bene, possiamo dire che, nel caso di Renzi, mai teoria si dimostrò più sbriciolata. Sì, perché il prescelto che doveva dimostrane l’efficacia, superare la vecchia politica innervando di desiderio fresco e vitale il Pd dopo aver espulso le vecchie cariatidi e creato un argine contro i deleteri grillini, si è dimostrato in realtà un abile stratega di sopravvivenza, bastonato ad ogni appuntamento elettorale, obbligato ad una ritirata culminata in una deriva isolazionista fatta oggi di puro rancore vendicativo.
Per come la penso io, un clinico è padre della sua teoria, e la difende sino alla fine, affrontandola prova dei fatti, anche quando gli esempi addotti non calzano. Mi sarei aspettato una discussione nel post renzi su come sono andate le cose.
Due anni fa , ad un convegno titolato ‘La psicoanalisi alla prova del tempo presente’, esposi alcune mie idee relative alla perversione. Non solo ribadii la necessità che gli analisti, in tempo di sdoganamento generalizzato di tale struttura oggi aprano i loro studi ad un nuovo tipo di ‘domandanti’. Sostenni che gran parte delle perversioni, laddove chiedevano, potevano rientrare in un ambito di accoglienza, secondo questi parametri (.. ). ‘Anche nei casi nei quali lo sfondo di alcune perversioni è la tossicomania? mi chiese un collega? ‘ Si, risposi’.
Il tempo e il decorso di alcuni percorsi, nonché l’incrocio di dati con altri colleghi , dimostrarono il contrario. Avevo fatto un errata deduzione, parte della mia posizione teorica era sconfessata. Ho scritto ai partecipanti di quel congresso, e lo riporterò nel libro che sto ultimando , che quell’errore mi ha permesso di vedere altro nel mondo delle perversioni. Ma fu un errore, e me ne presi la reponsabilità. Questo in omaggio al fatto che “L’analista, dico, da qualche parte, deve pagare qualcosa per reggere la sua funzione. Paga in parola, paga con la sua persona. Infine bisogna che paghi con un giudizio sulla sua azione. E’ il minimo che si possa esigere”.
Ho spulciato vanamente ‘Repubblica’, ho atteso altre Leopolde. Non ho più trovato alcun accenno di rettifica, revisione, dell’applicazione della teoria al politico in questione.
Nulla di nulla .
Ricordo il livore di chi, essendo un collega , volutamente fraintendeva la mia critica come una ‘attentato alla libertà di pensiero’, chi mandava messaggi sdegnati, chi mi attaccava in nome del ‘pluralismo’. Ricordo l'odio patito, gli strali .
Oggi che sappiamo che Renzi non era Telemaco, non sento piu’ nessuna di quelle voci. Ancora attendo, faccio l’analista ‘perché so aspettare’.
Nel mondo psy grande fu la discussione, non politica, ma clinica. I dubbi che io ponevo, ma non solo io a dire il vero, riguardavano il fatto che fosse davvero l’ex segretario del PD la figura piu’ indicata ad incarnare il prototipo del ‘ rottamatore’ che avrebbe fatto piazza pulita dei vecchi padri che ne tappavano ed irretivano il desiderio, portando un linguaggio nuovo e liberando l’aria dall’odore di ruggine del desiderio ossidato.
Era la prima volta che una teorizzazione veniva legata ad un esempio attuale, storico, non dunque ancorata alle classiche ‘vignette ‘ da esporre ai congressi o ai casi clinici da pubblicare nei testi.
Fu il gesto audace di chi lasciava la polvere dello studio, sfidando il luogo comune , da tutti noi patito, secondo il quale a nessuno è dato sapere se i casi che vengono solitamente utilizzati nei testi degli analisti (tutti) per validare le loro ipotesi abbiano un contraltare che possa contraddirle, secondo il principio della falsificabilità (criterio formulato dal filosofo contemporaneo Karl Popper per separare l’ambito delle teorie controllabili, che appartiene alla scienza, da quello delle teorie non controllabili, da Popper stesso identificato con la metafisica).
Bene, possiamo dire che, nel caso di Renzi, mai teoria si dimostrò più sbriciolata. Sì, perché il prescelto che doveva dimostrane l’efficacia, superare la vecchia politica innervando di desiderio fresco e vitale il Pd dopo aver espulso le vecchie cariatidi e creato un argine contro i deleteri grillini, si è dimostrato in realtà un abile stratega di sopravvivenza, bastonato ad ogni appuntamento elettorale, obbligato ad una ritirata culminata in una deriva isolazionista fatta oggi di puro rancore vendicativo.
Per come la penso io, un clinico è padre della sua teoria, e la difende sino alla fine, affrontandola prova dei fatti, anche quando gli esempi addotti non calzano. Mi sarei aspettato una discussione nel post renzi su come sono andate le cose.
Due anni fa , ad un convegno titolato ‘La psicoanalisi alla prova del tempo presente’, esposi alcune mie idee relative alla perversione. Non solo ribadii la necessità che gli analisti, in tempo di sdoganamento generalizzato di tale struttura oggi aprano i loro studi ad un nuovo tipo di ‘domandanti’. Sostenni che gran parte delle perversioni, laddove chiedevano, potevano rientrare in un ambito di accoglienza, secondo questi parametri (.. ). ‘Anche nei casi nei quali lo sfondo di alcune perversioni è la tossicomania? mi chiese un collega? ‘ Si, risposi’.
Il tempo e il decorso di alcuni percorsi, nonché l’incrocio di dati con altri colleghi , dimostrarono il contrario. Avevo fatto un errata deduzione, parte della mia posizione teorica era sconfessata. Ho scritto ai partecipanti di quel congresso, e lo riporterò nel libro che sto ultimando , che quell’errore mi ha permesso di vedere altro nel mondo delle perversioni. Ma fu un errore, e me ne presi la reponsabilità. Questo in omaggio al fatto che “L’analista, dico, da qualche parte, deve pagare qualcosa per reggere la sua funzione. Paga in parola, paga con la sua persona. Infine bisogna che paghi con un giudizio sulla sua azione. E’ il minimo che si possa esigere”.
Ho spulciato vanamente ‘Repubblica’, ho atteso altre Leopolde. Non ho più trovato alcun accenno di rettifica, revisione, dell’applicazione della teoria al politico in questione.
Nulla di nulla .
Ricordo il livore di chi, essendo un collega , volutamente fraintendeva la mia critica come una ‘attentato alla libertà di pensiero’, chi mandava messaggi sdegnati, chi mi attaccava in nome del ‘pluralismo’. Ricordo l'odio patito, gli strali .
Oggi che sappiamo che Renzi non era Telemaco, non sento piu’ nessuna di quelle voci. Ancora attendo, faccio l’analista ‘perché so aspettare’.
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