Negli ultimi tempi Pierre Janet è tornato al centro del dibattito teorico, ma, stranamente, non sul suo testo fondamentale “Medicina Psicologica” che è del 1923, bensì sui suoi scritti degli anni ’80 e ’90 dell’Ottocento relativi ai meccanismi automatici e dissociativi. Questi scritti sono stati per lo più giocati in chiave anti-Freud, ma, almeno a me, pare molto più stimolante il testo del 1923, del quale suggerisco due temi.
Primo tema.
La natura della psicoterapia e il suo campo d’azione
“La psicoterapia è un insieme di procedimenti terapeutici di diverso tipo, sia fisici che morali, applicabili a malattie sia fisiche che morali” (…) In una parola, la psicoterapia è un’applicazione della scienza psicologica al trattamento delle malattie» [Janet P (1923) La Medicina Psicologica, ed.it. 1994, p. 244]. Le malattie quindi possiamo dire che sono “a prevalenza psichica” e a “prevalenza somatica”, ma sono tutte un campo di attività della psicoterapia.
Il suo rapporto con la medicina
Di qui l’unione tra medicina e psicologia perché “sono le scienze ad essere separate”, non la realtà.
Su questa unione scommette e lavora la Psiconeuroendocrinoimmunologia. Un’occasione di rilievo per una verifica dello stato del dialogo medicina-psicologia in Italia, sarà l’annunciato Congresso nazionale della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia (SIPNEI) convocato a Firenze per il 20-22 Marzo 2020 sul tema “La Pnei nella clinica: esperienze e modelli di cure integrate” (vedi il primo annuncio su www.sipnei.it).
Secondo tema.
Gli strumenti e i compiti della psicoterapia
L’eccesso di alimentazione, soprattutto “troppo ricca di carne”, può provocare una «autointossicazione che può svolgere un ruolo essenziale nelle psicosi». Per questo «regolare l’alimentazione è spesso il primo compito della psicoterapia».
Da qui l’idea che la psicoterapia debba avvalersi di diversi strumenti di intervento e non solo della parola. Janet giustamente (e molto modernamente) mette in rilievo il ruolo dell’alimentazione che può provocare un’alterazione biologica (autointossicazione la chiama, oggi la chiamiamo infiammazione) che può svolgere un ruolo centrale nella patogenesi di disturbi psichiatrici anche gravi. Tuttavia è di analoga importanza il ruolo del corpo nella psicoterapia.
Nella precedente rubrica (Due vie di ricerca per la cura della depressione) ho riportato uno studio di grande interesse sull’efficacia dello Yoga integrale (posizioni, respiro, meditazione) nella cura della depressione, in particolare in quelle persone che, geneticamente, sembrano mostrare una maggiore predisposizione al disturbo. Adesso è stato pubblicato un lavoro che ha utilizzato questo approccio (chiamato Yoga mindfulness) nel trattamento della sintomatologia del Parkinson, paragonandolo al trattamento riabilitativo standard (1). Come è noto le persone con Parkinson, oltre ai disturbi motori, soffrono, molto frequentemente, anche di depressione e ansia. Questo trial randomizzato controllato, realizzato dagli Universitari di Hong Kong, ha documentato che lo Yoga integrale ha gli stessi effetti della riabilitazione motoria rispetto alla terapia standard, ma è nettamente superiore in termini di benefici mentali e di qualità della vita.
1) Jojo Y. Y. Kwok, et al (2019) Effects of Mindfulness Yoga vs Stretching and Resistance Training Exercises on Anxiety and Depression for People With Parkinson Disease A Randomized Clinical Trial JAMA Neurol. doi:10.1001/jamaneurol.2019.0534 Published online April 8, 2019.
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